«Il modello Caivano del governo Meloni? È servito ma sul territorio ci vuole ascolto». Parla il neo sindaco di Azione del comune napoletano – L’intervista

Quando si parla di Caivano, risuona immediatamente «il modello Caivano», il piano di recupero e riqualificazione voluto dall’Esecutivo per risollevare una delle zone più degradate dell’hinterland napoletano, finanziato con 52 milioni di euro. Proprio per il peso politico ed economico di questo intervento, molti si aspettavano che alle elezioni amministrative del 23 e 24 novembre, i cittadini avrebbero premiato il centrodestra, che del modello è stato il promotore. E invece è accaduto il contrario: a sorpresa, Fratelli d’Italia non ha nemmeno presentato una lista. E a vincere con un risultato schiacciante (il 78,33%) è stato Antonio Angelino, 37 anni, sostenuto da quattro liste civiche e da Azione. Molto indietro la candidata del centrodestra Rosaria Peluso (10,27%) e il candidato del centrosinistra Giovanni Vitale (11,40%).
Sindaco, ha ribaltato le aspettative elettorali. Dopo gli interventi realizzati dal governo con il “decreto Caivano”, molti si aspettavano la vittoria del candidato di centrodestra. Invece lei lo ha distanziato con un ampio vantaggio. Come se lo spiega?
«Il territorio ha una dinamica tutta sua. Ci vogliono presenza, credibilità, competenza e una grande capacità di coinvolgimento e organizzazione del consenso. Il centrodestra a livello nazionale va ringraziato e sostenuto, ma a livello locale non è stato in grado di valorizzare l’esperienza governativa. Non sono riusciti a intercettare queste esigenze e non hanno fatto una campagna di ascolto. Non si può però addurre la colpa a FdI: il partito ha deciso in maniera arbitraria di non partecipare perché, come ha chiarito poi la segreteria cittadina, non c’erano le condizioni per farlo».
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Parlando del “Modello Caivano”, qual è il bilancio di questi primi due anni?
«Ha scontato una fase di assestamento fisiologica. In una primo momento ci ha fatto passare come il comune in cui si fanno le peggiori cose, restituendoci un’etichetta pesante. Siamo quindi partiti con questo grande pregiudizio. Poi è iniziata la parte attuativa, con la riqualificazione dell’ex centro sportivo Delphinia, a cui sono seguiti altri interventi. Ma ci sta restituendo tanto. Ovviamente, questo modello ha subito scatenato polemiche a livello locale, da parte del centrosinistra. Ma il modello Caivano è servito: chi dice il contrario, non ha capito la portata del decreto».
Qual è la percezione dei cittadini?
«Sicuramente si sono sentiti un po’ catapultati sui grandi schermi: c’è stato un periodo in cui giornalisti di tutte le emittenti erano sempre presenti. Ma quando gli interventi hanno cominciato a diventare visibili, allora sì, hanno capito e ne hanno riconosciuto il valore».
Forse la Regione avrebbe potuto aiutarvi di più in questi anni?
«Anche la Regione ha fatto la sua parte. Ha investito nella casa di comunità e nella centrale operativa territoriale, oltre a promuovere diverse rassegne. Anche la Città Metropolitana di Napoli ha contribuito con iniziative significative».
Dunque chi va considerato responsabile dello stato in cui si trovava Caivano?
«Non si può ridurre tutto a una battaglia ideologica o alla ricerca di colpe. Ci sono state semplicemente una serie di cose che non hanno funzionato: amministrazioni incapaci di progettare, di ascoltare o di intercettare bandi».
Le opere finanziate dall’Esecutivo sono tutte in linea con il cronoprogamma o ci sono ritardi?
«Il modello caivano terminerà nel 2027: hanno già consegnato il centro Pino Daniele e l’università e, in questi giorni, l’inaugurazione di piazza Annunziatella. Sono in cantiere il polo culturale e lo stadio comunale. All’interno dell’area dedicata alle politiche sociali ci sarà poi uno spazio riqualificato e affidato alla Federico II. Con altri fondi, invece, sono state avviate due ulteriori opere: 3 milioni di euro per realizzare una palestra nel liceo Braucci e un grande progetto di partenariato pubblico-privato per la riqualificazione del patrimonio residenziale nel quartiere Parco Verde. Ma per quest’ultimo ci vorrà ancora un po’ di tempo».
Ha sentito l’Esecutivo? Che rapporti vuole mantenere?
«Il sottosegretario Mantovano è venuto a Caivano a conoscermi quando sono stato eletto e gli ho promesso buon governo. Mi aspetto quindi di mantenere un’interlocuzione positiva. Ritengo che la comunicazione interistituzionale sia fondamentale a tutti i livelli. Ora siamo un’istituzione e lavoriamo con tutti: chiunque voglia darci una mano troverà le porte aperte».
Ora il governo vuole estendere il modello Caivano anche ad altre aree degradate. Quali sono i punti più deboli del modello che andrebbero rinforzati o corretti?
«Hanno lavorato su tre pilastri: la capacitazione amministrativa, lo sport e lo studio, con l’arrivo dell’università. Su questi tre fronti il modello ha funzionato. Secondo me, però, serve una spinta in più sul piano urbanistico, accompagnata da un vero intervento sociale. Mi riferisco alla creazione di spazi per cooperative, associazioni, luoghi restituiti alla comunità. Questo è l’aspetto che meriterebbe un rafforzamento».
