«L’accessibilità non è rimuovere la singola barriera architettonica e/o sensoriale, ma progettare in modo da accogliere tutti»

Gabriele Favagrossa si occupa di accessibilità da trent’anni. Oggi è il responsabile del settore accessibilità di AIAS Milano (Associazione Italiana Assistenza Spastici), ma lavora anche per realtà importanti come la Federazione Italiana per i Diritti delle Persone con Disabilità e Famiglie e si è occupato dell’accessibilità per eventi importanti come Expo Milano 2015 o il Salone del Libro di Torino. Sarà lui a supervisionare questo aspetto anche durante le Olimpiadi e Paralimpiadi Milano-Cortina 2026.
Ha iniziato subito dopo la laurea in economia e ora che ha quasi 56 anni, guarda alla sfida con ottimismo: «Quando abbiamo cominciato a portare il problema all’attenzione, eravamo noi a bussare alle porte delle Istituzioni e dei privati, e spesso eravamo ignorati”, ci racconta «adesso sono i privati e le Istituzioni a cercarci, e facciamo fatica a stare dietro a tutte le richieste».
Lo raggiungiamo al telefono, la mattina dell’11 dicembre. Dopo alcuni scambi di messaggi riesce a trovarmi un momento nella sua fittissima agenda. Il primo punto è chiedergli cos’è l’accessibilità, e Gabriele sgombra subito il campo dai luoghi comuni. «L’accessibilità – spiega – non è tanto e non è solo la singola barriera architettonica e/o sensoriale da eliminare, è qualcosa di più: è il modo in cui le persone, tutte le persone, incluse quelle con disabilità ma non solo, sono accolte in un ambiente, la possibilità di beneficiare, su base di parità con gli altri dei servizi e delle opportunità che quell’ambiente offre. L’accessibilità, dunque, non è solo il superamento del marciapiede alto che impedisce l’accesso alla persona in sedia a ruote o del dispositivo senza tasti che è inutilizzabile per la persona cieca; è di più: è progettare in modo da accogliere tutti, seguendo i principi del cosiddetto “universal design”, della progettazione universale, appunto».
Ti potrebbe interessare
- Federica Brignone è tornata, la campionessa gareggerà alle Olimpiadi dopo un recupero lampo dall’infortunio: «Sarà anche portabandiera»
- Milano Cortina 2026, parte il viaggio della fiaccola olimpica. Paltrinieri apre la staffetta: «Una volta l’Olimpiade fermava le guerre…» – Il video
- Milano-Cortina, sarà Jasmine Paolini a portare la fiamma olimpica fino in Italia: l’ultima frazione della staffetta e perché è stata scelta la tennista
In questo senso, è fondamentale quanto scritto nella Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con disabilità, del 13 dicembre 2006, che definisce la disabilità come l’interazione tra la condizione di salute di una persona e l’ambiente nel quale quella persona vive.
«Una realtà più accessibile – sottolinea Favagrossa – riguarda non solo le persone con disabilità, ma tutte quelle che si ritrovano in situazione di fragilità, ad esempio bambini, anziani, persone obese o donne incinte, e, più in generale, migliora la vita di tutti».
Per l’accessibilità, dunque, le normative sono fondamentali, ma da sole non bastano.
«Io lavoro con musei, biblioteche, hotel, società di trasporto, servizi aperti al pubblico, e tanta parte del mio lavoro ha a che fare con la formazione del personale all’accoglienza, con il rendere un ambiente a misura d’uomo», spiega Favagrossa. «In questo senso, non sono solo le barriere fisiche, architettoniche o senso-percettive quelle che vanno eliminate, sono anche quelle comportamentali. Le due cose vanno a braccetto».
I passi avanti fatti in questi decenni sono enormi. «Mi occupo di turismo accessibile da trent’anni – ci racconta Favagrossa – e oggi c’è molta più consapevolezza negli operatori del settore e non solo».
A vent’anni dall’adozione della Convenzione ONU, tutti i nuovi progetti dovrebbero già prevedere l’accessibilità sia ambientale che dei servizi, secondo le regole della progettazione universale.
Regole che si stanno diffondendo anche nella fabbricazione di prodotti di largo consumo.
Gli chiediamo cosa pensi dell’«accessibility act», la direttiva europea sull’accessibilità. E Gabriele Favagrossa la analizza con equilibrio: «Affronta vari ambiti merceologici, per ciascuno di essi stabilisce obiettivi e tempistiche, andrebbe analizzata punto per punto, ci sono anche deroghe generose, ma è comunque un documento molto importante».
Abbiamo poi un breve scambio sulla legge Stanca, la legge 4/2004 che regola, in Italia, l’accessibilità dei servizi informatici pubblici.
Il suo giudizio è positivo: «Tanti, dopo quella legge, sono stati costretti a lavorare sul tema dell’accessibilità online, e oggi tanti siti e app hanno un buon livello di accessibilità o ci stanno lavorando». Il punto fondamentale, dice, è ciò che la norma ha attivato: «Tante realtà ci hanno contattato e ci contattano per avere supporto, è una norma che ha messo in moto un meccanismo virtuoso».
«Certo – argomenta ancora Gabriele Favagrossa – l’accessibilità non s’improvvisa. Un’azienda di trasporti per rendersi accessibile, non può cambiare il suo parco mezzi dalla sera alla mattina, ci vuole tempo. E’ per questo che la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con disabilità, ha introdotto il concetto di “accomodamento ragionevole”, cioè la possibilità, per risolvere sul momento un problema di accessibilità, di cercare una soluzione che non presenti un costo sproporzionato per chi la pone in essere».
«Ci vuole tempo – conclude – ma un lungo cammino è stato percorso e la strada è quella giusta».
Questo contenuto è stato realizzato nell’ambito di “Il senso dell’informazione”, il primo corso di giornalismo dedicato alle persone con sordocecità organizzato da Open in collaborazione con Lega del Filo d’Oro
