M5S

Dal palco alla politica

In una fase iniziale (se non embrionale) la nascita del Movimento 5 Stelle è indissolubile dalla carriera di Beppe Grillo. Nei primi anni Duemila, il comico genovese diventa una voce di critica al sistema politico, prima sul palco con i suoi spettacoli e monologhi contro la classe politica, poi sul suo blog. Il 16 gennaio 2005 Grillo pubblica il primo post ufficiale sul suo sito personale, aprendo così una nuova fase del suo attivismo. Ma il vero punto di svolta arriva due anni dopo, nel 2007, con il V-Day, l’iniziativa politica organizzata in diverse città italiane volta a raccogliere firme per una legge di iniziativa popolare che riguardava la candidabilità ed eleggibilità dei parlamentari. Così a Bologna, davanti a una piazza gremita di persone, il comico genovese chiede tre misure fondamentali: che i condannati non possano sedere in Parlamento, il limite di due mandati per i parlamentari e il ritorno al voto di preferenza.

La fondazione del partito

Ecco che il progetto politico prende forma il 4 ottobre del 2009, il giorno in cui viene ufficialmente fondato il partito. Già nel 2012, i due fondatori iniziano a togliersi le prime soddisfazioni: vengono eletti i primi 4 sindaci 5 Stelle. Tra questo, Federico Pizzarotti primo cittadino di Parma: si tratta del primo sindaco di un capoluogo di provincia appartenente al Movimento. L’ottobre successivo, alle elezioni regionali in Sicilia, i 5 Stelle sono la prima lista con il 14,90% dei voti.

Le elezioni del 2013 e l’intesa mai raggiunta

Alle elezioni politiche del 2013 il Movimento 5 Stelle ottiene un risultato clamoroso: 25,6% alla Camera, diventando il primo partito italiano. Coerente con la sua identità antisistema, rifiuta ogni ipotesi di alleanza. Inizia così la stagione delle trattative: gli incontri con Pier Luigi Bersani nel 2013 e Matteo Renzi nel 2014 segnano tentativi di confronto mai realmente destinati a tradursi in un’intesa. Mancano i presupposti politici. Il risultato è un Parlamento paralizzato. Nasce un governo di larghe intese guidato da Enrico Letta, del Pd, seguito dall’ascesa di Renzi, nel febbraio del 2014, e poi ancora da Paolo Gentiloni.

Le elezioni del 2028 e il governo Conte I

Ma i risultati positivi incassati nel 2013 vengono confermati appena qualche anno dopo, alle elezioni politiche del 2018. Il M5s diventa il primo partito italiano con il 32,66% dei voti alla Camera e il 32,22% al Senato. A differenza del 2013, questa volta il Movimento accetta di entrare nel governo e, dopo trattative intense con la Lega nasce il “governo giallo-verde”. A guidarlo è Giuseppe Conte, un giurista pugliese fino a quel momento praticamente sconosciuto. Già prima del voto del 4 marzo 2018, l’allora capo politico dei 5 stelle, Luigi Di Maio, lo inserisce nella squadra dei possibili ministri come titolare del dicastero della Pubblica amministrazione.

Le leggi approvate

Conte si erge a «avvocato difensore del popolo italiano». Definizione che fa il paio con le idee salviniane di «prima gli italiani» e si traduce nella stagione dei decreti Sicurezza, forse il più grande rimpianto di Conte: è un compromesso che egli stesso criticherà quando l’abbraccio con la Lega si dissolverà. Sull’altare degli accordi, il Movimento riesce a strappare l’approvazione di una sua misura simbolo, il Reddito di cittadinanza. Altra norma tanto rivendicata in quell’esperienza di governo, un tentativo di superamento della riforma Fornero, con la cosiddetta Quota 100. Nel contratto di governo, rientra anche il taglio dei parlamentari, che però troverà la luce negli anni dell’esecutivo successivo, il Conte II. 

La rottura con Salvini

Durante l’estate del 2019 inizia il conflitto tra Conte e Salvini. La Lega arriva a presentare e poi ritirare una mozione di sfiducia, allorché il presidente del Consiglio rassegna le dimissioni a Mattarella. Riparte il giro di consultazioni e, trovata la disponibilità del Partito democratico e di Liberi e uguali, Conte riottiene l’incarico a Palazzo Chigi, a cavallo tra agosto e settembre. La maggioranza, con una variabilità cromatica non indifferente, passa da gialloverde a giallorossa. Anche Italia Viva, formazione politica che nelle settimane successive nasce su iniziativa di Matteo Renzi, appoggia il governo Conte due. Lo stesso Esecutivo che guiderà gli italiani durante la pandemia da covid 19.

La fine del Conte II

Nell’estate 2019 la rottura tra il M5S e la Lega di Salvini apre una nuova fase politica: Giuseppe Conte si dimette da premier ma riceve l’incarico di formare un nuovo governo, stavolta sostenuto da Partito Democratico, LeU e, inizialmente, anche da Italia Viva. Il Movimento passa così dal governo gialloverde al giallorosso: è lo stesso Esecutivo che guiderà gli italiani durante la pandemia da covid 19, e proseguirà fino al gennaio 2021. Chi c’è dietro la sua caduta? Matteo Renzi. È lui il protagonista dell’epilogo del secondo esecutivo della legislatura. Il politico fiorentino annuncia le dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti. Conte, al Senato, ha una maggioranza troppo instabile per proseguire e rimette il mandato a Mattarella. Sfuma l’ipotesi di un Conte tre, nonostante il Pd in quel periodo avesse eletto Conte a leader indiscusso del centrosinistra italiano, e inizia l’ultimo governo della legislatura guidato da Mario Draghi.

La rottura tra Conte e i dimaiani

Conte aderisce al M5S solo dopo aver lasciato la presidenza del Consiglio. Il passaggio è tutt’altro che semplice: forti le tensioni con Beppe Grillo, soprattutto sulla riorganizzazione interna. Per esempio, la bozza di statuto proposta dall’ex pemier non convince Grillo, che lo accusa di “mancanza di visione”. Dopo una lunga discussione, il nuovo statuto viene approvato a luglio 2021, e Conte diventa presidente del M5S ad agosto, con una votazione sulla piattaforma SkyVote. Il Movimento rompe definitivamente con Rousseau, segnando una nuova fase di riorganizzazione. Nel frattempo, cresce il malcontento tra i parlamentari, con una parte del gruppo che segue Di Maio. Alla fine di giugno 2022, un gruppo di deputati lascia il M5S per il nuovo partito di Di Maio, Insieme per il futuro. In quella fase, dovrebbero essere loro la garanzia di stabilità per Draghi, che non può più fare completo affidamento su Conte. Il 6 luglio, il presidente dei 5 stelle invia a Palazzo Chigi un documento con nove richieste. Non tutte sono esaudibili. Una settimana più tardi, Conte e i suoi non votano la fiducia sul decreto Aiuti, con particolare dissenso riguardo alla norma che fornisce al sindaco di Roma i poteri straordinari per velocizzare la costruzione di un termovalorizzatore

Le elezioni del 25 settembre

Il governo è agli sgoccioli e, oltre al Movimento, anche Lega e Forza Italia decidono di non votare la fiducia, il 20 luglio 2022, dopo un discorso che Draghi tiene al Senato. Il presidente del Consiglio reitera, allora, la volontà di dimettersi e Mattarella procede con lo scioglimento anticipato delle Camere. Il 25 settembre si torna al voto. Nonostante i sondaggi mostrassero il partito in caduta libera, Conte porta i 5 stelle a essere la terza forza dell’arco parlamentare, con il 15,5% dei voti. Esulta: «Ci davano a una cifra, in picchiata, e invece questa rimonta e il fatto che siamo il primo partito al Sud dimostra che quando hai delle idee, dei progetti, passione e parli ai cittadini con cuore sincero loro rispondono». Il posizionamento del Movimento, ormai, è saldamente a sinistra dell’arco parlamentare e Conte diventa a tutti gli effetti il leader dell’opposizione al governo Meloni. Ruolo che, dopo le primarie del Pd, inizierà a contendersi con Elly Schlein.

La rottura con Grillo

Ma i diverbi tra il garante del Movimento 5 stelle, Beppe grillo, e il leader di partito non sono mai cessati. E anzi, si fanno ancora più spigolosi dopo il risultato deludente ottenuto dai pentastellati alle elezioni europee del 2024. Il M5S ha raccolto solo il 9,99% dei consensi, ben al di sotto del 17,07% incassato nel 2019. All’indomani degli spogli, tutti i principali quotidiani parlano apertamente di “sconfitta” per il Movimento, che – insieme alla Lega – appare in caduta libera rispetto a cinque anni prima. Un epilogo amaro per l’esperienza del governo giallo-verde. Nonostante ciò, Conte non si lascia scoraggiare e rilancia con una proposta ambiziosa: vuole convocare «una grande assemblea collettiva, un’assemblea costituente, con la partecipazione di tutti gli iscritti». L’obiettivo è avviare un processo partecipativo per ridefinire le linee guida del Movimento e rinnovarne profondamente l’identità. Tra i temi al centro del dibattito c’è anche la possibile abolizione del limite dei due mandati, uno dei capisaldi del M5S sin dalla sua fondazione. Fino a quel momento, infatti, gli eletti del Movimento – dal Parlamento ai consigli comunali – potevano ricoprire cariche pubbliche per un massimo di due mandati. Una regola che Beppe Grillo ha sempre difeso strenuamente. Il 19 giugno 2024, proprio lui pubblica sul suo blog un’autointervista in cui attacca la linea di Conte e invoca un ritorno alle origini.

L’Assemblea costituente

Le tensioni tra i due proseguono nei mesi successivi con continui botta e risposta. Nel frattempo, però l’Assemblea costituente prende forma. Il processo si articola in tre tappe: l’ascolto di iscritti e simpatizzanti, il confronto deliberativo, l’Assemblea costituente con voto finale. Si arriva così al 21 novembre 2024, data cruciale per il futuro del partito. Al Palazzo dei Congressi di Roma si scrive una nuova pagina della storia del Movimento. Gli iscritti, attraverso una votazione online, approvano una modifica dello statuto che abolisce la figura del “garante”: Grillo resta così ufficialmente fuori dai giochi. La proposta ottiene il 62,3% dei consensi. Nella stessa occasione viene superata anche la regola storica dei due mandati. Un cambiamento radicale che segna la definitiva rottura con il passato e apre una nuova fase nella vita politica del Movimento 5 Stelle.

Composizione alla Camera dei M5S

Al momento nell’emiciclo di Montecitoro siedono 49 deputati, a Palazzo Madama, invece, 26 senatori. Alla Camera il movimento è rappresentato da volti come Giuseppe Conte, Riccardo Ricciardi, che è capo gruppo alla Camera. C’è anche Chiara Appendino, ex sindaca di Torino come Sergio Costa, ministro dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare nei governi Conte I e II. Eletto alla Camera anche Michele Gubitosa, vicepresidente del Movimento 5 Stelle. Al Senato siede Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali nel governo Draghi e capogruppo del M5S a Palazzo Madama, come Alessandra Maiorino, vicepresidente.