Il tempo delle decisioni impopolari 

L’Italia è la maglia nera d’Europa, ma Draghi lancia una scialuppa di salvataggio con i nuovi prestiti alle banche. Senza un cambio di rotta e decisioni impopolari, però, la misura non servirà a nulla

«L’Italia è una delle ragioni della frenata dell’economia europea». Parole che pesano come macigni quelle pronunciate oggi da Mario Draghi. Dopo le previsioni sul 2019 della Commissione Europea e dell’OCSE, che vedono l’Italia come unico paese dell’area euro con una crescita negativa, siamo diventati ufficialmente la maglia nera d’Europa. Questo sembra interessare poco il governo che si aggrappa alla tesi secondo la quale le colpe sono di chi lo ha preceduto. Le opposizioni invece accusano l’esecutivo per lepessime performance del Paese. Una polarizzazione della quale pagano il conto le imprese e i lavoratori italiani.


Pesa da un lato l’incertezza politica italiana, con il caso TAV emblema della difficoltà, e l’incapacità diprendere decisioni chiare all’interno di una maggioranza che sembra in disaccordo su tutti i fronti. Ma dall’altro pesano le criticità decennali dell’economia italiana e del suo mercato del lavoro:lo dimostrano tutta una serie di dati diffusi quotidianamente, gli ultimi dell’Eurostat che ci ricorda come il gap tra occupazione femminile e quella maschile in Italia sia ancora di 20 punti, al secondo posto nel continente. Per non parlare del silenzio continuo sull’occupazione giovanile.


Non è facile oggi difendersi dietro allo scenario internazionale, perché è evidente come, pur a fronte di un clima che è molto peggiorato, le previsioni sull’Italia sono molto più negative rispetto alla media. Per non parlare poi del fatto che i dati sull’export sono positivi, e che quindi il problema non sono gli altri ma siamo noi. Se ogni volta che l’economia mondiale rallenta l’Italia è tra i primi Paesi a subirne il colpo, la ragione non può essere solo contingente, ma strutturale. E purtroppo tra quanto fatto dal governo sul fronte della politica economica, c’è veramente poco per invertire questo trend strutturale.

Il reddito di cittadinanza può sì rilanciare i consumi, ma se non partirà il capitolo delle politiche attive del lavoro i costi rischiano di essere maggiori dei benefici. Quota 100 aumenta il numero di pensionati e quindi il costo per i bilanci dello Stato, ma le nuove assunzioni difficilmente arriveranno durante una recessione. L’aumento dell’Ivaè dietro l’angolo. I tagli agli investimenti e lo stallo sulle opere pubbliche pesano sulle possibilità di crescita del Paese e gli investimenti privati rischiano di diminuire sempre di più visto il clima di incertezza generale. Difficile infatti che si facciano molti investimenti in un Paese che potrebbe interrompere, come nel caso Tav, processi già in corso.

All’interno di questo contesto, Draghi e la Bcelanciano una scialuppa di salvataggio alla quale dobbiamo aggrapparci: il nuovo TLTRO grazie al quale, a partire da settembre, le banche potranno ottenere nuova liquidità. Ma attenzione, questa volta i tempi sono più brevi, la durata è dimezzata. Difficile che questa misura possa funzionare senza una seria revisione di quanto previsto nella legge di Bilancio per l’anno in corso, a partire da misure in grado di attrarre investimenti che potrebbero beneficiare proprio di quanto annunciato oggi da Draghi.

La coperta quindi è cortissima e siamo sempre più isolati. Mese dopo mese il governo rischia di veder tradotta la recessione nell’economia reale e nella vita di tutti, e non saranno reddito di cittadinanza e Quota 100 a calmare gli animi, soprattutto nell’elettorato del Nord. Arriva il tempo delle decisioni impopolari sul lavoro, sulla scuola, sulle infrastrutture, sulla spesa. Per salvare il popolo.

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