Le bufale e le cose che dovete sapere sull’Unione europea

Domani si vota ed è bene conoscere le dicerie e comprendere come funziona l’Unione europea.

Manca un giorno al voto e vale la pena spiegare alcuni dei punti controversi legati all’Unione europea che hanno fatto parte delle discussioni di queste Elezioni europee 2019.

Il Parlamento europeo non può chiudere la sede di Strasburgo

Sbandierare durante la campagna elettorale europea che si vuole chiudere la sede del Parlamento europeo di Strasburgo è una presa in giro. I parlamentari non possono prendere tale decisione, perché spetta a un altro organo dell’Unione e ai capi di Stato o di governo degli Stati membri. Ecco alcuni temi e domande su Strasburgo e il Parlamento europeo:

È giusto dire: «Ce lo chiede l’Europa»?

Bisogna fare attenzione perché dietro questo slogan è possibile riscontrare un tentativo di «scaricabarile» da parte dei politici che sfuggono dalle proprie responsabilità. I cittadini devono essere consapevoli che l’Unione europea è composta da vari organi e istituzioni che decidono, in comune accordo, le politiche europee.

Non esiste soltanto il Parlamento europeo, votato durante le Elezioni europee 2019, ma esistono anche organi come il Consiglio europeo – costituito dai capi di Stato o di governo degli Stati membri – e il Consiglio dell’Unione europea noto anche come Consiglio dei ministri europei che, come potete ben comprendere, sono l’effettiva rappresentanza dei governi locali nell’Unione. Quest’ultimo detiene, insieme al Parlamento europeo, il potere legislativo. Quindi anche i nostri Governi hanno le proprie responsabilità.

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Diamo troppi soldi all’Unione europea e ne riceviamo pochi?

Non sono dati nascosti. Dal sito della Commissione europea è possibile scaricare tutti i dati relativi ai versamenti e ai fondi ricevuti per ogni nazione dal 2000 al 2017. L’Italia è sicuramente in negativo (ha dato, cioè, più soldi di quanti ne abbia ricevuti), ma anche la Germania ha un saldo netto ancor più negativo contro quello positivo della Grecia. Tuttavia non è corretto parlare dei saldi finanziari (costantemente negativi per il nostro Paese) senza citare i benefici derivanti dall’appartenenza all’Unione europea: dalla possibilità per le aziende di accedere senza barriere a un mercato unico fino al peso contrattuale che l’Unione ha nei confronti dei colossi internazionali come Stati Uniti, Russia e Cina.

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L’Ue abbandona l’Italia sul tema immigrazione?

Il tema è complesso e va dalla mancata riforma del regolamento di Dublino, che avrebbe favorito l’Italia rendendo obbligatoria la redistribuzione dei migranti negli altri Stati membri, al confronto tra i fondi stanziati dall’Ue e quelli stanziati dal nostro Paese. A conti fatti l’Italia spende miliardi di euro contro i milioni forniti dall’Unione europea, ma c’è «il trucco»: l’Europa non versa all’Italia i soldi per fronteggiare le spese sull’immigrazione, ma scorpora le spese sostenute dal nostro Paese dai vincoli di bilancio concordati nel Patto di stabilità europeo. Inoltre, non siamo lo Stato membro che accoglie più migranti degli altri.

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I parlamentari europei guadagnano più di quelli italiani?

La retribuzione mensile lorda dei parlamentari europei è di 8.757,70 euro (a luglio 2018), circa 6.824,85 euro netti al mese. Alcuni Paesi impongono ai propri eletti di versare un’imposta e dunque il netto potrebbe essere anche minore. L’importo lordo dei parlamentari italiani supera i 10 mila euro mensili, ma il netto tocca i 5 mila euro mensili e circa 4.750 per chi svolge anche un’altra attività lavorativa.

I parlamentari italiani possono arrivare, però, a percepire un netto di 12 mila euro mensili considerando anche i circa 3.500 euro al mese di diaria forfettaria e i 3.600 circa di rimborso per esercizio di mandato, ai quali vanno aggiunti 1.200 euro circa all’anno per le spese telefoniche, 2.500 euro per l’acquisto di PC o tablet e altri benefit come mille euro l’anno per il trasporto in aeroporto e via dicendo.

I parlamentari europei ricevono un’indennità forfettaria di 320 euro al giorno per coprire le spese, ridotta a 160 euro se si partecipa a meno della metà delle votazioni, 4.500 euro mensili circa per le spese generali nello Stato membro di elezione, il rimborso dei viaggi tra le due sedi del Parlamento e altre tipologie di viaggio (per assistere a conferenze o per visite di lavoro).

Le bufale

In questi anni non sono mancate numerose bufale e opere di disinformazione sul tema. Alcune sono veramente assurde, ma queste sono diventate parte dei luoghi comuni di come viene interpretata l’Unione europea fatta passare per una sorta di spauracchio delle tradizioni e del buon senso.

L’Ue ci impone il pagamento dei sacchetti per la frutta e la verdura? No! La richiesta non è arrivata da Bruxelles perché si tratta di una legge italiana. Per tirare in ballo l’Ue è stata citata la direttiva europea 2015/720 che prevede la riduzione dell’uso dei sacchetti di plastica, ma questa direttiva fissava solo un obiettivo lasciando i singoli Paesi la scelta di come raggiungerlo.

L’Ue è contro lo spaghetto alle vongole? No! Questo è un ottimo esempio di normativa europea mal interpretata e associata a una sorta di complotto culinario contro i nostri piatti. In pratica veniva posta una regola sulla taglia minima consentita per la pesca delle vongole, il tutto per salvaguardare la specie.

L’Ue vieta i nomi sui campanelli? No! Ne aveva parlato il sito Butac in un articolo del 2018 spiegando che si trattava di un caso austriaco in cui venne solo citato il regolamento della Privacy dell’Unione che però non ha nulla a che vedere con i nomi sui campanelli e che ogni Stato decide in merito.

L’Ue ha messo fuorilegge i piccoli orti? No! Circola da anni, se ne parlava tanto nel 2013, e all’epoca si trattava di una normativa che voleva introdurre alcune regole per i coltivatori e i produttori che fatturano oltre 2 milioni di euro l’anno con almeno 10 dipendenti stabili. Potete continuare con il vostro orticelli se non raggiungete certi livelli di guadagno!

Non mancano numerose prese di posizioni anti-europeiste basate sul nulla e con l’obiettivo di ridicolizzare l’avversario politico. Mettiamo il caso di Junker che avrebbe indossato due scarpe diverse durante un incontro istituzionale. Le immagini furono usate per screditarlo, ma alla fine si scoprì che le scarpe erano identiche e l’illusione ottica era dovuta ai riflessi e a una mancanza di qualità del video diffuso rispetto all’originale. Poi il complotto di Soros dove si sosteneva che alcuni eurodeputati fossero finanziati dalla sua Open Society, ma si è trattata di una pessima interpretazione di un’analisi fatta da terzi che però è stata diffusa da persone che detengono cariche importanti nel nostro Paese.

L’elenco è lunghissimo e bisogna stare attenti.