Migranti: esposto contro Renzi, Salvini, Macron e Merkel per «crimini contro l’umanità»

I politici europei avrebbero creato la rotta migratoria «più mortale del mondo». È quanto riportato in un’esposto alla Corte dell’Aja

Espulsione delle Ong dal Mediterraneo e nessuna considerazione degli avvertimenti di Frontex riguardo l’abbandono della missione di salvataggio “Mare Nostrum“. Sono queste le principali accuse che l’esperto dell’istituto di Studi politici di Parigi Omer Shatz e il consigliere di Wikileaks Juan Branco hanno presentato contro l’Ue e l’Italia alla Corte penale internazionale dell’Aja.


La notizia è stata riportata dal Guardian. 250 pagine di esposto, ricevute e commentate dal Corriere della Sera, in cui compaiono i nomi di diversi politici europei che sarebbero ritenuti «responsabili di crimini contro l’umanità» per le loro politiche migratorie dal 2014 a oggi.


Tra questi ci sono gli ex primi ministri italiani Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, l’ex ministro dell’Interno Marco Minniti e l’attuale vicepremier Matteo Salvini. E poi il presidente francese Emmanuel Macron e la cancelliera tedesca Angela Merkel.

I politici e i funzionari avrebbero creato la rotta migratoria «più mortale del mondo». Ma mentre a margine del discorso di Giuseppe Conte, tenuto a Palazzo Chigi nella sera del 3 giugno, il premier ha negato che il Governo italiano abbia causato la morte di qualcuno in mare, la procura dell’Aja dovrà decidere se accogliere o meno la denuncia. In ogni caso, questo non significa che verrà aperta un’inchiesta.

Di cosa parla l’esposto

Secondo Shatz e Branco, dopo la caduta di Gheddafi in Libia nel 2011 l’Unione europea ha cambiato linea politica sulle migrazioni, «esternalizzando le pratiche di respingimento dei migranti in fuga dalla Libia alla Guardia costiera libica». E lo ha fatto «pur conoscendo le conseguenze letali di queste deportazioni diffuse e sistematiche (40 mila respingimenti in 3 anni)».

L’analisi sulle morti in mare dal 2014 a oggi prende le mosse, in parte, da alcuni documenti interni di Frontex, l’agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che avrebbe messo in guardia l’Unione europea sulle conseguenze dell’interruzione della missione di salvataggio italiana Mare nostrum. La decisione, nell’ottobre del 2014, di porre fine alla missione umanitaria e militare, portò a un – previsto – «aumento del numero di vittime».

«Gli agenti italiani e dell’Ue – continua l’esposto – si sono resi complici degli atroci crimini commessi nei campi di detenzione in Libia». I respingimenti operati dall’Italia e dall’Ue sarebbero quindi dei veri e propri «crimini di deportazione, omicidio, carcere, riduzione in schiavitù, tortura, stupro, persecuzione e altri atti disumani».

Il ritiro delle Ong e il collaborazionismo con la Libia

«Attraverso un complesso mix di atti legislativi, decisioni amministrative e formali accordi – riporta il documento – l’Ue e i suoi Stati membri hanno fornito alla guardia costiera libica sostegno materiale e strategico, incluso ma non limitato a navi, addestramento e capacità di comando e controllo».

Operando attivamente per ritirare dal Mediterraneo le organizzazioni non governative di salvataggio degli immigrati, l’Unione europea sarebbe diventata «un attore chiave nell’intercettazione e nel respingimento illegale dei migranti».

Una posizione molto distante, dunque, da quella dei due vicepremier italiani che hanno spesso messo in discussione l’operato delle Ong definendole “taxi del Mediterraneo” o denunciandole per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

A tal proposito, è recentemente fallito il teorema Zuccaro, il procuratore di Catania che aveva teorizzato dei contatti tra le navi delle organizzazioni e i trafficanti di esseri umani. La sua posizione era stata ampiamente smentita anche dalla stessa Frontex.

La collusione tra guardia costiera libica e trafficanti

Ad essere messa sotto accusa è anche la creazione – da sempre ampiamente polemizzata – di una zona Sar Libica. Approvata anche dall’Imo (l’organizzazione marittima internazionale), la sua esistenza presuppone il riconoscimento della Libia come un porto sicuro e delle autorità libiche come riferimento attendibile per operazioni di salvataggio.

A dimostrazione della collusione tra guardia costiera libica e trafficanti di esseri umani, gli autori dell’esposto hanno riportato la testimonianza di un migrante proveniente dal Dafur settentrionale che racconta degli accordi tra le due parti a discapito dei migranti. Dopo essere stati fermati dalla guardia costiera, i trafficanti consegnavano le persone a bordo alle autorità, che le riportavano a riva e le trasferivano in una prigione.

«Le guardie ci hanno detto: “Ognuno di voi deve pagare 2000 dinari e noi poi vi riporteremo al punto in cui sarete salvati – continua il racconto del migrante -. Paga o se non hai soldi telefona, chiama la tua famiglia in modo che ci mandino dei soldi. Un agente può riscuotere denaro a Tripoli. Chiunque non riesca a pagare, lo trasferiremo nella prigione di Osama”».

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