Braccianti, due morti nel foggiano. Lavoratori in sciopero contro «miseria e sfruttamento»

Sono morti in un incidente stradale mentre andavano a lavorare nei campi

I lavoratori del Tavoliere pugliese si sono riuniti in piazza a Foggia per uno sciopero contro le «indegne condizioni di miseria e sfruttamento» indetto dall’Unione Sindacale di Base. Le proteste si sono aperte con la notizia della morte di altri due braccianti, avvenuta all’alba in un incidente stradale lungo la strada provinciale di San Severo.


I braccianti, guidati dal sindacalista Aboubakar Soumahoro, si sono mobilitati per la «riconquista dei diritti sindacali, abitativi, previdenziali, per la sicurezza sul lavoro» e per «chiedere il rilascio del permesso di soggiorno al fine di uscire dall’invisibilità imposta». Una manifestazione «in ricordo dei tanti braccianti morti nella filiera agricola, italiani o migranti».


«Chiediamo che la dotazione finanziaria comunitaria della Regione Puglia pari a oltre 1.637.880.991,74 euro per il Piano di Sviluppo Rurale Puglia 2014 – 2020», scrivono dal sindacato, «sia destinata anche all’inclusione sociale, alla riduzione delle povertà e allo sviluppo economico delle aree rurali e che le somme siano erogate solo a chi realmente rispetta le norme contrattuali».

L’incidente e la morte dei due braccianti

Poche ore prima dell’inizio del corteo, un’auto con a bordo 5 braccianti diretti nei campi si è ribaltata sulla strada Provinciale 25, tra San Severo e San Marco in Lamis. Un giovane lavoratore venticinquenne è morto sul colpo, mentre un altro passeggero è deceduto poche ore dopo l’arrivo in ospedale di San Giovanni Rotondo.

Un terzo passeggero è ricoverato in prognosi riservata ed è in pericolo di vita. L’autista, un cittadino senegalese di 24 anni, è stato arrestato con l’accusa di omicidio stradale.

Il Tavolo sul caporalato

Erano i primi giorni di settembre del 2018 quando, dopo una calda estate di morti nei campi, il ministro del Lavoro Luigi Di Maio aveva promesso ulteriori tavoli di governo contro il caporalato. Un anno dopo, centinaia di braccianti vivono ancora senza salario minimo, senza tutele e in condizioni abitative ai limiti dell’umano.

Fino a ora, le uniche azioni governative nell’ambito della lotta al caporalato sono stati gli sgomberi dei ghetti, come quelli di San Ferdinando in Calabria e di Borgo Mezzanone in Puglia, a seguito dei numerosi incendi. A questi provvedimenti, però, non sono mai seguite politiche di ricollocamento dei lavoratori spesso stranieri arrivati in Italia per un lavoro stagionale.

E così, dai ghetti si è passati alle tendopoli, che espongono i lavoratori agli stessi rischi per la sopravvivenza. Come aveva spiegato a Open Giovanni Minnini, il segretario nazionale di Flai Cgil, il piano per la riorganizzazione della filiera agricola necessario a fermare l’emergenza umanitaria è fermo al 3 settembre scorso.

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