È morto il maestro Andrea Camilleri. Addio al papà del Commissario Montalbano: «Ho avuto una vita fortunata»

Camilleri, 93 anni, ci lascia un patrimonio di oltre 100 libri, con 30 milioni di copie vendute. È stato scrittore, regista e sceneggiatore. Era amatissimo dalla Sicilia e dall’Italia intera

Uno scrittore, uno sceneggiatore, un regista e un docente. In una sola parola: un maestro. Andrea Camilleri, classe 1925, si è spento stamane all’ospedale Santobono di Roma dove era arrivato in condizioni gravi. Lascia un patrimonio di oltre 100 libri e 30 milioni di copie vendute. La notizia in un comunicato della Asl Rm1. Lo scrittore, 93 anni, era ricoverato da giugno all’ospedale Santo Spirito di Roma, nei pressi di San Pietro. Non aveva mai ripreso conoscenza. È morto «alle ore 8.20 del 17 luglio 2019 presso l’ospedale Santo Spirito. Le condizioni sempre critiche di questi giorni si sono aggravate nelle ultime ore compromettendo le funzioni vitali. Per volontà del maestro e della famiglia le esequie saranno riservate. Verrà reso noto dove portare un ultimo omaggio».


Camilleri legatissimo alla sua terra

Camilleri, conosciuto dal grande pubblico per essere stato il papà del Commissario Montalbano, è nato a Porto Empedocle, nella sua Sicilia alla quale era legatissimo. Si iscrive alla facoltà di Lettere e Filosofia presso l’università di Palermo ma non consegue la laurea, poi aderisce al Partito Comunista Italiano e dal 1945 inizia a pubblicare racconti e poesie. Nel 1949 viene ammesso all’Accademia di Arte drammatica Silvio d’Amico e segue la regia di alcuni drammi di Pirandello.


L’arrivo in Rai

Nel 1957 arriva in Rai e nello stesso anno sposa Rosetta Dello Siesto dalla quale avrà tre figlie. Comincia a insegnare al Centro sperimentale di Cinematografia di Roma, divenendo poi docente di regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico. Lavora come delegato alla produzione in Rai e nel 1978 comincia la sua carriera da scrittore col libro “Il corso delle cose“, scritto dieci anni prima. Due anni dopo pubblica “Un filo di fumo”, romanzo ambientato a Vigata, cittadina immaginaria della Sicilia.

Il Commissario Montalbano

Nel 1992 esce “La stagione della caccia“, nel 1993 “La bolla di componenda“, a seguire “La forma dell’acqua“, primo romanzo poliziesco con “Il Commissario Montalbano“. Diventa così autore di grande successo al punto che viene ideata una serie tv ispirata ai suoi romanzi. Prodotta dal 1999 e trasmessa dalla tv di stato, è andata in onda prima su Rai 2 poi su Rai 1. Prodotta dalla Palomar, è campione di ascolti. Nel 2004 esce “La pazienza del ragno“, nel giugno 2005 “La luna di carta“, tra il 2006 e il 2008 “La vampa d’agosto“, a seguire “Le ali della sfinge“, “La pista di sabbia“, “Il campo del vasaio“, “L’età del dubbio“, “La caccia al tesoro” e “Il sorriso di Angelica“.

10 milioni di copie, tradotto in 120 lingue

Camilleri – che ha scritto il suo centesimo libro “L’altro capo del filo” «in una “sopravvenuta cecità» – è stato tradotto in almeno 120 lingue e ha venduto più di 10 milioni di copie.

Il lavoro in Rai

Camilleri ha raggiunto la fama con Il Commissario Montalbano, ma prima e per oltre mezzo secolo ha lavorato in Rai svolgendo altre funzioni. In questo video del Tg1 vengono ripercorsi insieme a lui i tanti ruoli che ha svolto nella televisione di Stato, da delegato alla produzione a regista e addetto alla censura.

La cecità

Negli ultimi tempi Camilleri non vedeva più. Ha raccontato più volte cosa questo ha voluto dire per lui. «Primo Levi dice che riuscì a salvarsi dall’orrenda metamorfosi a non-uomo vissuta ad Auschwitz con la poesia. Io mi sono salvato con la scrittura», raccontava a Roberto Andò su l’Espresso. «Pensavo di non poter più scrivere. Come fa un cieco a scrivere? Avrei potuto dettare, ma l’avrei dovuto fare in una lingua che non è esattamente la mia, cioè l’italiano. E non avrei più potuto scrivere i miei bei Montalbano in vigatese. Fortunatamente è intervenuta Valentina Alferj. I sedici anni vissuti accanto a me hanno fatto sì che potesse aiutarmi. Negli ultimi tempi, padroneggiando perfettamente la mia lingua, Valentina era in grado di correggere le bozze per conto mio e dunque al momento cruciale è stata la mia ancora di salvezza. Certo, la mia vita è mutata perché sto imparando una cosa abbastanza complicata, ma impararla a 93 anni non è così difficile per me, perché nella mia vita io non sono mai stato un uomo superbo, mai. È una colpa che non potrà mai essermi imputata. Da quando sono cieco sto imparando l’umiltà della dipendenza dagli altri».

L’intervista a Fanpage.it

Le critiche a Salvini

Matteo Salvini «è un uomo di terra, non conosce il mare. Se lo conoscesse, avrebbe più rispetto di coloro che sono costretti a imbarcarsi su gommoni destinati a naufragio sicuro», ha detto Andrea Camilleri. «Il consenso degli italiani alle posizioni più estremiste rivela il nostro lato peggiore, a cominciare dal razzismo». A 93 anni, «a un passo dalla morte, mi trovo a lasciare in eredità ai nipoti un paese che non mi aspettavo di lasciare. E per questa ragione sento di aver fallito come cittadino italiano».

Lo scrittore aveva duramente criticato il vicepremier anche in riferimento alle polemiche sul 25 aprile. «Montalbano oggi, con molto dolore, si dimetterebbe, credo non potrebbe convivere», dice in questa intervista a L’intervista di Giuseppe Rolli. «La nostra Costituzione è ispirata al 25 aprile che non fu una rissa tra comunisti e fascisti come dice Salvini: così offende i caduti di entrambe le parti, perché i fascisti che andavano a morire giovani credevano in un ideale sbagliato, orrendo, ma ci credevano. Non posso trattenermi dal dire che con il governo di oggi abbiamo un esempio lampante di mentalità fascista, quella del ministro Salvini».

Le prime reazioni

Immediato il cordoglio delle istituzioni, e non solo. «Ci hai regalato l’amore per la lettura», scrive su Twitter il neoeletto presidente del Parlamento europeo David Sassoli.

«Una triste notizia per la Sicilia, che perde un suo figlio, e per l’Italia, che vede andarsene un suo magnifico maestro di vita. Addio Andrea Camilleri, ci mancherai», dice Luigi Di Maio.

«Grazie di tutto, Maestro. Uomo straordinario», scrive il deputato di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni.

«Grande dispiacere per la scomparsa del maestro Andrea #Camilleri», scrive la sindaca di Roma Virginia Raggi. «Raccontando la sua terra, la Sicilia, ha raccontato l’Italia intera, le sue contraddizioni e il suo immenso patrimonio di storia, cultura, umanità. L’abbraccio di Roma alla famiglia e a chi ha amato le sue storie».

Il suo linguaggio, un mix tra italiano e siciliano, comprensibile a tutti

Uomo di teatro, di letteratura, ma anche e soprattutto un uomo del popolo, Camilleri è stato in grado di inventare un linguaggio, tra l’italiano e il dialetto siciliano, capace di raggiungere tutti: «Il sapere, chi ce l ha, lo deve seminare come si semina il grano, spenderlo», aveva detto. «Il sapere non deve essere un’élite, deve essere l’uso quotidiano nostro. Il giorno in cui questo avverrà saremo veramente uomini sulla terra». Scrittore ma anche sceneggiatore, regista, drammaturgo, docente. Camilleri è stato un protagonista a tutto tondo della scena culturale di fine Novecento e dei primi decenni del 2000. Le sue opere hanno valicato i confini nazionali e hanno venduto oltre 30 milioni di copie in tutto il mondo, con traduzioni in 120 lingue.

Tra i libri che costituiscono la sua grande eredità ricordiamo Un filo di fumo (1980), La stagione della caccia (1992), La forma dell’acqua (1994), Il birraio di Preston (1995), Il cane di terracotta (1996), La concessione del telefono (1998), La scomparsa di Patò (2000), Il re di Girgenti (2001), L’odore della notte (2001), La pazienza del ragno (2004), Un covo di vipere (2013), Donne (2014). La peculiarità del suo linguaggio si sviluppò nei giorni in cui assistette il padre morente. Lo scrittore gli raccontò una storia che avrebbe voluto pubblicare, un po’ in dialetto e un po’ in italiano, «come si parlava tra di noi». Alla fine della storia, il padre gli consigliò di scriverla «come l’hai raccontata a me». E Camilleri la scrisse nel libro Il corso delle cose, da allora quel modo di scrivere diventò uno dei tratti distintivi delle sue opere.

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