In Italia ci sono le carceri più affollate d’Europa, ma gli stranieri sono sempre meno

In dieci anni i cittadini stranieri sono passati dal 37,10% al 33,42%. «È evidente la sopravvalutazione mediatica del tema» scrive Antigone

Il tasso di sovraffollamento nelle carceri italiane è il più alto dell’Unione Europea, seguito da quello in Ungheria e Francia. Al 30 giugno 2019, i detenuti stipati nelle 190 carceri italiane erano 60.522. È quanto dichiara l’associazione Antigone, che ha reso pubblico il 25 luglio il suo rapporto di metà anno sulla situazione delle carceri in Italia.


Secondo l’associazione, che da trent’anni si occupa dei diritti e le garanzie nel sistema penale, l’aumento sostanziale dei detenuti nelle carceri italiane (+867 unità negli ultimi sei mesi e +1.763 nell’ultimo anno) potrebbe portarci alla situazione che nel 2013 ci è valsa la condanna della Corte Europea dei Diritti Umani.


Meno entrate ma pene più lunghe portano a un record delle presenze

Il sovraffollamento non è dovuto a un aumento delle incarcerazioni, che sono invece calate. Nei primi sei mesi del 2019, sono entrate in carcere 23.442 persone, mentre nei primi sei mesi dello scorso anno erano stati 24.380 e nello stesso periodo del 2017 erano stati 25.144.

L’aumento della popolazione carceraria sembra quindi essere dovuto all’aumento della durata delle pene inflitte. È calato il numero dei detenuti che devono scontare pene brevi, aumentati quelli condannati a detenzioni lunghe o ergastoli, che sono passati da 1.707 nel 2017 a 1.726 nel 2019.

Meno stranieri in carcere

In calo anche la porzione dei detenuti di cittadinanza straniera. Al 30 giugno 2019 erano il 33,42% della popolazione carceraria. Sei anni fa i detenuti senza cittadinanza italiana erano il 35,19%, mentre dieci anni fa arrivavano al 37,10%. Un dato che l’associazione Antigone commenta così: «È evidente la sopravvalutazione mediatica del tema».

Se nel 2003 su ogni cento stranieri residenti regolarmente in Italia l’1,16% finiva in carcere, oggi la percentuale è dello 0,36%. Il rapporto porta l’esempio dei rumeni, che in carcere sono diminuiti di più di un terzo dal 2013 dimostrando, secondo l’associazione, l’effetto positivo dell’integrazione e delle seconde generazioni.

Rimane comunque uno squilibrio nella rappresentazione della popolazione straniera in carcere rispetto a quella totale, dove il tasso di incarcerazione è 100 su 100mila, quindi uno su 1000. Divario che, spiega Antigone, è in gran parte attribuibile a condizioni di svantaggio economico e culturale.

Analfabetismo e povertà

L’associazione Antigone porta anche i numeri di quanto conta il luogo in cui si nasce nel determinare la probabilità di finire dietro le sbarre. Il 44% dei detenuti proviene da quattro regioni italiane: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria, che sono le più popolose del meridione. Questi, insieme agli stranieri e ai carcerati provenienti da Sardegna, Basilicata, Abruzzo e Molise costituiscono l’80% della popolazione carceraria.

Tutto il resto del Paese è rappresentato dietro le sbarre solo da un quinto dei detenuti. Reddito e livello di istruzione, si sa, sono collegati: se in Italia gli analfabeti sono lo 0,8%, in carcere la percentuale raddoppia. Tra l’altro, il 10% dei carcerati hanno solo la licenza elementare mentre i laureati sono poco più dell’1%, quando fuori dalle prigioni questi sono il 20%.

Il rapporto non si esprime sugli effetti della riforma penitenziaria, giudicando i tempi ancora prematuri. L’associazione Antigone ricorda che «Investire sull’educazione e sul welfare costituisce una forma straordinaria di prevenzione criminale. Nei tempi brevi non produce consenso. Nei tempi lunghi produce sicurezza».

Leggi anche: