Anche i pro-life contro le ong in mare: «Possibili aborti a bordo». La risposta di Medici senza frontiere

La replica di Medici senza Frontiere: «Abbiamo a bordo delle navi i farmaci per interrompere le gravidanze, in linea con quanto previsto dalle leggi internazionali». Finora non sono stati praticati aborti sulle navi dove la ong opera o ha operato

Mentre la Open Arms si dirige verso Lampedusa con 147 migranti per effetto della sospensione del divieto di ingresso in acque italiane deciso dal Tar, e mentre Matteo Salvini nega – nuovamente – lo sbarco, contro le navi Ong che si occupano di soccorso in mare nel Mediterraneo centrale, si scagliano ora anche i pro-life.


Lo fa Emmanuele Di Leo, presidente di Steadfast Onlus, con un intervento durissimo su Notizie ProVita: «Navi Ong: mezzi di salvataggio o cliniche di morte?», si chiede. «Salvano vite?», è la domanda per Di Leo, che afferma peraltro di credere all’effetto pull factor (cioè di attrazione) delle navi umanitarie per i viaggi in mare su quella che resta la rotta migratoria più pericolosa del mondo. Effetto che è stato più volte – e continua a essere – smentito, con numeri e dati alla mano, per esempio da Matteo Villa, ricercatore in migrazioni per Ispi.


L’attacco pro-vita

Alla domanda «salvano vite?» Di Leo si risponde: «Non sempre, a volte queste navi possono trasformarsi in cliniche di sterminio. Il presidente di Steadfast Onlus fa riferimento alle dichiarazioni di una ostetrica del team medico attualmente a bordo dell’Ocean Viking. «A causa dell’elevato numero di gravidanze indesiderate, Msf ora offre anche set di aborti medici a bordo», si legge nell’articolo. «Prima non portavamo a bordo pillole abortive», spiega l’ostetrica di Msf, la giapponese Marina Kojima. «Ma abbiamo avuto così tante richieste. Molte donne non dicono di essere incinta. O lo fanno solo poco prima di sbarcare».

«Trovo veramente inaudito che a queste povere donne, oltre alla tragedia che stanno vivendo di un viaggio senza fine pieno di abusi, violenze fisiche e psicologiche, si proponga affrontare il dramma di un aborto indotto in mare con le sue tragiche ripercussioni psichiche», attacca Di Leo. «Molte donne imbarcate sono destinate al mercato della prostituzione e quindi, se viaggiano come “merce umana” l’avere un bambino può essere un problema per i trafficanti perché come potrebbero essere immesse subito sul mercato?», si chiede il presidente di Steadfast. «Si profila quindi un altro modo, inconsapevole, in cui le Ong facilitano il lavoro dei trafficanti?».

Un’accusa pesante – ancora una volta, come spesso accade nel caso delle ong che si occupano di soccorso in mare – non corroborata da inchieste e men che meno da sentenze. Ma Di Leo insiste: «È sempre stata garantita l’accoglienza di donne e bambini pertanto non capisco la fretta di far abortire qualcuno in mare quando, a terra, riceverebbe tutto l’aiuto necessario e potrebbe anche essere aiutata a portare avanti la gravidanza con la massima serenità».

La replica di Msf

Le équipe di MSF nel Mediterraneo centrale «hanno soccorso e assistito migliaia di donne e ragazze in oltre tre anni di operazioni in mare», spiegano a Open da Msf Italia. «Ogni volta ascoltiamo le loro disperate storie di abusi e stupri subiti lungo il viaggio, dai paesi di partenza attraverso il deserto e poi in Libia». Come organizzazione medica, Msf «deve essere pronta a rispondere ai bisogni medici delle persone che assistiamo».

L’équipe di MSF a bordo della Ocean Viking può «offrire alle donne supporto e trattamenti medici perché possano fare le scelte migliori e più consapevoli per loro stesse e le loro famiglie. Tra questi abbiamo anche a disposizione farmaci per l’interruzione non chirurgica della gravidanza in caso di necessità, in linea con quanto previsto dalle leggi internazionali in materia». Finora, comunque, non sono stati praticati aborti sulle navi dove la ong opera o ha operato: né sull’attuale, la Ocean Viking, né su quella che l’ha preceduta, l’Aquarius.

Nei paesi in cui lavora la ong «abbiamo visto più e più volte le drammatiche conseguenze di pericolose alternative a un aborto sicuro e controllato. Se una donna non vuole portare avanti la sua gravidanza e non ha un metodo sicuro a disposizione, con tutta probabilità ricorrerà a metodi non sicuri nonostante i rischi per la sua vita». E l’aborto non sicuro «è una delle prime cinque cause di morte materna a livello mondiale, l’unica completamente prevenibile. Per questo è nostra responsabilità medica poter offrire trattamenti sicuri quando necessario e possibile, in modo da ridurre le drammatiche conseguenze di un aborto non sicuro», spiegano da Msf Italia.

Per Msf «la vita delle persone che assistiamo viene sempre prima di tutto il resto, è il motivo per cui siamo scesi in mare e lavoriamo nei contesti di crisi in tutto il mondo». Del team medico a bordo fa sempre parte anche un’ostetrica: «ci sono spesso donne incinte o neomamme tra le persone che salviamo». Molti bambini «sono nati a bordo in questi anni, sei solo sulla Aquarius, ed è uno dei momenti di maggiore gioia per tutti».

La posizione di Avvenire

A sollevare critiche le associazioni pro-vita e la Comunità Papa Giovanni XXIII. E nel dibattito si inserisce oggi anche Avvenire. Il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, da sempre critico, per esempio, con le politiche migratorie dell’attuale governo italiano e soprattutto con le posizioni di Matteo Salvini e i suoi porti chiusi, chiede conto di quanto emerso alla ong.

«Su queste colonne non troverete mai una parola che non sia di comprensione, partecipazione e affetto per le donne migranti che subiscono violenze inenarrabili, sono vittime di stupri, spesso rimanendo incinte dei loro stessi aguzzini», replica Avvenire. Un dramma «talmente grande da rendere noi così “piccoli”» anche solo «per pensare di poterle giudicare». Anche «se e quando qualcuna di queste donne decide di abortire il bambino che sente in grembo come un grumo di dolore che cresce e si fa insopportabile».

Ma. C’è un ma, per il quotidiano diretto da Marco Tarquinio: «Ciò che però ci risulta, questo sì incomprensibile e difficilmente accettabile, è che l’aborto sia previsto, non vorremmo pure proposto, come “soluzione sicura”». La vita «si salva sempre. E integralmente. Gettando salvagenti in acqua, conducendo in porti sicuri come pure non lasciando che una donna affoghi nella sua angoscia, ma sia aiutata e accompagnata per superare il dolore, non per rinnovarlo con un altro dramma come l’aborto».

In copertina MSF/Twitter

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