Il giornalista del Guardian Bandini fa coming out: «Sono transgender, so ancora analizzare una partita di calcio»

L’autorevole giornalista del Guardian rivela la sua identità di genere in un video su Twitter e in un editoriale «Ma preferirei vivere in un mondo dove la mia transizione non richiedesse nessun commento»

«Ciao il mio nome è Nicky Bandini ma forse mi conoscerete come Paolo Bandini, il nome che ho usato per 13 anni per lavorare come giornalista. Sono transgender, ho fatto coming out privatamente un po’ di tempo fa e ora lo sto facendo pubblicamente». Così afferma Nicky Bandini con un video pubblicato nel suo account Twitter «per superare l’imbarazzo iniziale dovuto al fatto che ho un aspetto e una voce un po’ diversi».


Ma nulla è cambiato, sottolinea Bandini, che precisa che continuerà il suo lavoro come autorevole cronista di calcio europeo. «Il mio essere transgender non ha nessun impatto sulla mia capacità di analizzare una partita di calcio, né sulla la mia devozione al lavoro che faccio».


La cronista anglo-italiana, ora residente negli Stati Uniti, accompagna il coming out con un editoriale sul Guardian, giornale con cui collabora dal 2006, in cui racconta il suo percorso. Ma afferma: «Preferirei così tanto non essere qui a scrivere queste righe ed vivere in un mondo dove la mia transizione non richiedesse nessun commento».

«Ho sofferto di disforia di genere – una sensazione di disagio con e di dissociazione dal corpo che la vita mi ha dato e le relative aspettative – per quasi tutta la mia vita, ma mi ci sono voluti tre decenni e mezzo per essere in grado di dirlo ad alta voce», scrive la cronista.

Bandini afferma di non aspettarsi che tutti si abituino immediatamente al cambiamento, «a me stessa ci sono voluti anni di terapia ed esperienza di vita e un milione di piccoli passi per essere a mio agio con me stessa». Chiede però per sé e per tutte le persone transgender rispetto e gentilezza, «due elementi che negli ultimi tempi sembrano scarseggiare sempre di più».

Dopo aver rivelato la sua disforia di genere tre anni fa ai suoi cari, la giornalista ha deciso di farlo al lavoro solo ora: «È stato un salto nel vuoto», scrive, «Il giornalismo sportivo non è sempre un posto accogliente per persone che non siano uomini eterosessuali. E non lo sono nemmeno gli sport con le maggiori audience e l’attenzione mediatica che ne consegue».

Bandini fa notare come non ci sia un solo giocatore di calcio apertamente omosessuale nelle quattro principali divisioni del campionato inglese né un cronista, un presentatore o un giornalista del settore.

«I mondiali di calcio femminili hanno offerto uno scorcio su una realtà alternativa, in cui i protagonisti queer possono stare in prima fila», nota la giornalista, «Forse ci guarderemo indietro negli anni e vedremo quel torneo come un punto di svolta per le persone LGBTQ+ nel calcio».

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