A Londra c’è aria di «Artexit»: le gallerie inglesi fanno le valigie in vista del No Deal

Il fantasma del no-deal sta spingendo il mercato dell’arte londinese a prepararsi per un possibile trasloco verso l’Europa continentale

Il fantasma del no deal sulla Brexit sta spingendo il mercato dell’arte londinese a prepararsi per un possibile trasloco verso l’Europa continentale. Il costo di un’uscita dall’Unione Europea senza accordo potrebbe infatti rendere eccessivamente oneroso il trasporto di opere d’arte da e per il Regno Unito.


La posizione di Londra al centro del mercato mondiale dell’arte insieme a New York e Hong Kong era favorita da un regime fiscale agevolato: una tassa di importazione al 5% per le opere d’arte, la più bassa d’Europa.


Questo, sommato all’assenza di dazi doganali all’interno dell’Ue, faceva sì che molte opere d’arte venissero vendute nel Regno Unito per poi essere distribuite negli altri Paesi europei. Il 21% del commercio d’arte mondiale avveniva a Londra, scrive il Financial Times.

Foto: Epa | Una donna alla mostra di Olafur Eliasson, artista danese-islandese le cui opere sono esposte alla Tate di Londra

Ma se entro il 31 ottobre il premier Boris Johnson non raggiungerà un accordo con l’Ue, trasportare opere d’arte attraverso la Manica potrebbe diventare oneroso. Per questo i galleristi della capitale inglese stanno correndo ai ripari.

I profitti di Sotheby’s e Christie’s, due tra le più importanti case d’asta al mondo, sono stati nei primi sei mesi del 2019 rispettivamente 10% e del 22% più bassi di quelli dello stesso periodo ma del 2018, secondo il Corriere della Sera.

Un collezionista citato dal Financial Times ha già annunciato di aver spostato tutte le opere in suo possesso in Francia. I galleristi stanno cercando di far arrivare a Dover già ora i pezzi necessari per le mostre che sono in programma per novembre, consapevoli però che non potranno fare lo stesso per quelle dei mesi a venire.

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