L’Amazzonia in fiamme, Macron guida la rivolta dei vip contro Bolsonaro e cita Greta: «La nostra casa brucia»

Le dichiarazioni del presidente francese, che ospiterà il G7 a Biarritz durante il weekend, segnano l’inizio di una possibile coalizione politica contro l’emergenza in Amazzonia e il negazionismo climatico di Bolsonaro

Si apre uno scontro internazionale sull’Amazzonia dove migliaia di incendi stanno distruggendo la foresta pluviale più grande al mondo, segnando un incremento dell’85 percento nel numero totale di fuochi rispetto al 2018 secondo i dati dell’istituto nazionale per la ricerca sullo spazio (INPE) brasiliano.


Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro nega però che ci sia un’emergenza, dando la colpa alle Ong, accusandole di falsare i dati e di essere i veri artefici degli incendi. Una posizione che, gradualmente, sta diventando oggetto di critiche e di una controffensiva prima mediatica, adesso politica grazie alle ultime dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron.


Emmanuel Macron mobilita il G7

Dopo celebrità come Madonna e Leonardo Di Caprio, anche Macron ha lanciato l’allarme su Twitter, riprendendo una frase dell’attivista climatica Greta Thunberg da lei usato come titolo del suo libro: «La nostra casa brucia». Un riferimento alla centralità della foresta amazzonica per l’ecosistema mondiale (produce circa il 20% dell’ossigeno planetario, scrive Macron).

Ma il presidente francese ha fatto qualcosa in più, chiedendo che l’emergenza brasiliana sia al centro del summit del G7 che ospiterà a Biarritz durante il weekend (24-26 agosto). Bolsonaro, che già in passato aveva rivendicato la paternità brasiliana della foresta, ha respinto il tentativo di «strumentalizzare» la crisi da parte di Macron, tacciandolo di voler interferire negli affari brasiliani e di atteggiamenti neo colonialisti.

Il piano di Bolsonaro

Gli incendi in Amazzonia sono stati 72.843 quest’anno secondo le stime del centro di ricerca spaziale brasiliano INPE, una cifra record. L’ex direttore dell’INPE Ricardo Galvão – licenziato da Bolsonaro dopo aver pubblicato dati e avvertimenti sulla deforestazione in atto nel suo Paese – ha avvertito che se il tasso di deforestazione dovesse arrivare al 25% del totale, cosa che potrebbe accadere in 10 anni, sarebbe «un punto di non ritorno» per l’intero pianeta.

Dei documenti dell’amministrazione di Bolsonaro fatti trapelare fanno intendere che gli incendi, spesso di origine dolosa, farebbero parte di un piano architettato da parte dell’attuale esecutivo brasiliano non solo per liberare nuovi terreni per l’agricoltura, ma anche per sabotare un progetto internazionale di conservazione per la tutela della foresta, occupando l’intera regione con nuove infrastrutture e progetti per lo sviluppo economico del Paese, come la centrale idroelettrica di Trombetas.

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