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I primi passi del governo Conte 2, che cosa succede ora: le tappe, dal via libera di Mattarella alla fiducia in Parlamento

04 Settembre 2019 - 06:35 OPEN
Giuseppe Conte può definitivamente salire al Colle per sciogliere la riserva e formare il nuovo esecutivo

Il dado è tratto. Con quasi un’ora di ritardo e un sito che è andato in crash a pochi secondi dal verdetto, Luigi Di Maio ha annunciato che l’alleanza tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico è nata. Anticipando l’intervento di Davide Casaleggio, il capo politico del Movimento ha ufficializzato nella tarda serata del 3 settembre che i presupposti per far nascere un governo con una nuova – inedita – maggioranza ci sono.

Presupposti sigillati dal 79,3% dei consensi espressi dagli attivisti su Rousseau, che hanno detto sì a un esperimento «né di destra né di sinistra». Grazie al sì di 63.146, il premier, già incaricato da Mattarella, Giuseppe Conte potrà percorrere di nuovo la salita del Quirinale e sciogliere la riserva sull’esecutivo.

«Spero che il governo nascente sia più solido di quello passato, e spero che i partner di governo si comportino in modo più leale dei precedenti», ha commentato Casaleggio. Ora che l’ago della bilancia pentastellata ha puntato il responso, i giochi governativi possono entrare nel vivo.

La salita al Colle di Conte

Già nella mattinata di oggi 4 settembre, Conte dovrebbe andare dal presidente della Repubblica per sciogliere la riserva e accettare l’incarico di premier, sottoponendo al Capo dello Stato la lista dei ministri che comporranno il suo governo.

Se così fosse, nel pomeriggio potrebbe esserci già il giuramento. E in un calendario così serrato, la fiducia al nuovo esecutivo in Parlamento dovrebbe arrivare entro la fine della settimana.

ANSA| Giuseppe Conte

Il programma

«Non volevamo un governo a tutti i costi, ma ora i 20 punti del nostro programma sono entrati, siamo contenti del lavoro svolto per mettere una toppa a irresponsabilità non nostre», ha detto Di Maio in conferenza stampa, riferendosi ai punti presentati al Partito Democratico come condizioni imprescindibili per pensare un’alleanza.

Durante la giornata delle votazioni era spuntata su Rousseau una bozza del programma, definite «Linee di indirizzo programmatico per la formazione del nuovo governo» – e cioè una «Bozza di lavoro che riassume le linee programmatiche che il Presidente del Consiglio incaricato sta integrando e definendo».

Non sarà facile per i due schieramenti districarsi tra i più diversi paletti. Fra i temi più divisivi, soprattutto in merito alla discontinuità richiesta da Nicola Zingaretti rispetto al governo gialloverde, c’è quello dell’immigrazione: nella bozza non viene prevista l’abolizione dei decreti Sicurezza (come richiesto da alcuni esponenti del Partito Democratico), ma un aggiornamento «seguendo le recenti osservazioni formulate dal Presidente della Repubblica».

ANSA | Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti in un immagine del 10 dicembre 2018.

La lista di governo

Il via libera c’è, e i protagonisti della trattativa sono vicini allo sbroglio del rebus delle nomine. Secondo le indiscrezioni, dovrebbero entrare nella squadra dei ministri 11 nuovi nomi, tre dei quali appartenenti al Movimento 5 Stelle (Stefano Patuanelli, Nicola Morra e Vincenzo Spadafora).

Per quanto riguarda gli incarichi ai due “capi delegazione” parrebbe essersi raggiunta un’intesa massima. Di Maio dovrebbe andare alla Farnesina, da ministro degli Esteri, mentre il dem Dario Franceschini dovrebbe avere la delega alla Difesa.

Se non ci saranno sorprese dell’ultim’ora, dovrebbe essere certo anche il nome di Luciana Lamorgese all’Interno, Roberto Gualtieri all’Economia, Alfonso Bonafede alla Giustizia, Stefano Patuanelli allo Sviluppo economico, Teresa Bellanova al Lavoro, Paola De Micheli alle Infrastrutture, Rossella Muroni all’Ambiente, Giulia Grillo alla Sanità, Riccardo Fraccaro ai Rapporti con il parlamento, Barbara Lezzi al Sud.

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