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La sfuriata di Salvini contro il M5s: «Vigliacchi». La frecciata a Di Maio dopo Rousseau: «Non aveva la faccia del vincitore»

04 Settembre 2019 - 09:27 Redazione
Per l'ormai quasi ex ministro dell'Interno i 5 Stelle «sono morti: diventeranno una costola di Leu e della Boldrini, neppure del Pd. Che brutta fine»

Un Matteo Salvini a tutto campo quello che, all’indomani del voto sulla piattaforma Rousseau che di fatto segna la nascita del governo giallorosso, va all’attacco dell’ormai ex alleato di governo. In un’intervista al quotidiano Libero il ministro dell’Interno definisce senza mezze parole i 5 Stelle «vigliacchi» e si dichiara convinto che in poco tempo la Lega tornerà al governo.

Se fra i commentatori, ma anche in una parte dell’opinione pubblica, la mossa dell’apertura agostana della crisi è stata considerata, alla luce degli sviluppi, un sostanziale autogol, il leader del Carroccio non dimostra di sentirsi pentito della scelta.

«L’unica colpa che ho è di essere stato ingenuo – dice a Pietro Senaldi – ritenevo di vivere in un Paese democratico. I miei genitori mi hanno educato con sani principi. Ho sottovalutato la voglia di poltrone dei grillini e la loro mancanza di dignità. Del Pd lo sapevo, ma non mi aspettavo che i Cinquestelle fossero diventati peggio della casta che hanno sempre giurato di voler combattere».

Se il giudizio sui 5 Stelle è sferzante, quello sul capo politico del Movimento Luigi Di Maio è più morbido: «L’ho visto in tv – chiarisce Salvini – non mi sembrava avesse l’aspetto del vincitore. Di lui non dirò mai male, come di tutti i grillini con i quali ho lavorato bene. Certo, lo vedo in difficoltà». Ma sul M5S nel suo complesso, non fa sconti: «Sono morti: diventeranno una costola di Leu e della Boldrini, neppure del Pd. Che brutta fine».

Sul rapporto con il premier incaricato Giuseppe Conte, che in Senato durante il suo intervento sulla calendarizzazione della crisi è stato molto duro con lui, Salvini sembra non indietreggiare sul giudizio espresso nelle ultime settimane: «Si è trasformato da avvocato degli italiani in avvocato della Merkel e di Macron. Che vergogna, ma non infierisco: si fa una brutta vita a piegare la schiena».

Ora, lasciato il Viminale, Salvini spiega che girerà l’Umbria in vista delle prossime elezioni regionali, ma soltanto dopo il tradizionale raduno leghista di Pontida del 15 settembre.

Sulle motivazioni che l’hanno portato alla rottura dell’alleanza con i 5 Stelle, e all’apertura della crisi, e che gli avversari imputano alla volontà di capitalizzare il consenso nelle urne, dice la sua: «Ho capito che non mi avrebbero fatto abbassare le tasse come avevo promesso agli italiani e che i grillini si erano accordati con l’Europa per una manovra anti-italiana». E scherza: «Non ho preso un’insolazione a Milano Marittima».

Nelle giornate dell’apertura della crisi Salvini aveva chiesto i «pieni poteri». Alla domanda di Senaldi se non sia stato un’errore Salvini risponde: «È stata strumentalizzata, intendevo pieni poteri nel rispetto della Costituzione. Volevo un governo operativo, non bloccato dai veti, come ormai
era quello M5S-Lega».

In merito alle future alleanze del Carroccio il vicepremier uscente chiede a Forza Italia di smettere «di essere ambigua e attaccarmi. Una parte degli azzurri vuole seguire Renzi. Berlusconi faccia chiarezza nel suo partito: chi guarda a Renzi e Macron non può stare con me». Mentre a proposito di Giorgia Meloni è perentorio: «Lei mi sembra faccia parte del partito degli italiani».

Infine, il rosario. «Lo ammetta, con il rosario ha esagerato», lo pungola Senaldi. «È una battaglia identitaria», risponde Salvini. «Il rosario è di tutti, non appartiene solo alla Chiesa. La gente mi chiede di portarlo per testimoniare l’orgoglio di appartenere alla civiltà cristiana».

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