Cinema, 30 anni senza “La Divina”: nel 1990 moriva Greta Garbo

Variety l’aveva definita la «migliore attrice dei primi 50 anni del ‘900»

Soprannominata «La Divina» dal film che la consacrò come icona del cinemaLa donna divina – il 15 aprile 1990 moriva Greta Garbo. Erano già cinquant’anni che l’attrice scappava da giornali e fotoreporter, nel tentativo di preservare la sua privacy, dopo essersi ritirata a vita privata, delusa dagli insuccessi cinematografici che aveva registrato negli ultimi anni di carriera. In un’intervista, il regista Federico Fellini aveva detto di lei: «È una fata severa: in cuor suo era, senza mezzi termini, la fondatrice di un ordine religioso chiamato ‘cinema’».


La carriera

Figlia di un netturbino e di una contadina di origine lappone, Greta Lovisa Gustaffson nasceva a Stoccolma nel 1905, e diventava Garbo solo negli anni ’20 quando Mauritz Stiller, regista finnico, le cambiava il cognome ispirandosi al nome del principe di Transilvania, Bethlen Gabor.


Comincia la carriera artistica con due cortometraggi nel 1922. Nel 1924 viene particolarmente apprezzata nel film La leggenda di Gosta Berling, film non osannato dalla critica locale, che però riscuote un gran successo a Berlino e le permette di conoscere Georg Pabst che le chiede di recitare nel suo La via senza gioia del 1925. Arriva il primo contratto con una major hollywoodiana, la Metro Goldwyn Mayer. Dopo una serie innumerevole di film muti – molti dei quali odiati da Garbo -, nel 1930 gira il primo film sonoro: Anna Christie di Clarence Brown dove l’attrice pronuncia la sua prima battuta: «Dammi un whisky, ginger ale a parte, e non essere tirchio, amico!». Il giorno dopo i giornali titolano: «La Garbo parla». 

Con una veloce scalata all’olimpo cinematografico, la Divina è ricordata soprattutto per il suo ruolo nel film muto del 1927 Anna Karenina, trasposizione del classico di Tolstoj. Garbo e John Gilbert erano così magnetici e tra loro scorreva una passione tale che il titolo originale era stato cambiato: da Anna Karenina a Love. La stessa storia vede di nuovo la luce nel 1935. La Mgm affianca l’attrice a Fredric March Unica. Diversamente dalla versione muta, in cui il regista si era concesso la licenza di un lieto fine, la versione sonora segue il testo originale del romanzo, e così la protagonista alla fine si suicida.

Nel corso del tempo cominciano a uscire indiscrezioni sul suo rapporto con l’attore Clark Gable: Greta lo detestava e il sentimento era reciproco. L’una lo vedeva come un uomo tutto d’un pezzo, troppo ingessato quando la cinepresa si azionava; l’altro la vedeva come una donna intenta a stare sulle sue, snob. Diventa un’icona erotica con il lungometraggio Mata Hari, del 1931, nel ruolo della sensuale spia-danzante. Nel 1936, il film fu ristampato; per conformarsi al Codice Hays – una serie di linee guida morali che per molti decenni ha governato e limitato la produzione del cinema negli Usa -, la celebre danza erotica per il dio orientale Shiva viene censurata. In Italia, la frase «Dammi una sigaretta» contenuta nella pellicola è ritenuta la prima battuta doppiata nella storia del cinema italiano. 

Donna passionale, nel film Grand Hotel del 1932, durante la scena d’amore con John Barrymore, La Divina si è lasciata trasportare così tanto che ha continuato a baciare la sua co-star per tre minuti dopo lo stop urlato dal regista, Edmund Goulding. L’attrice era così legata al fatto che tra attori dovesse scoccare la scintilla sul set che avrebbe voluto recitare al fianco di Laurence Olivier ne La Regina Cristina del 1933, ma tra i due attori non c’era chimica. Così, dopo la lettura del copione, il divo shakespeariano lasciò il set in favore di John Gilbert.

Gli ultimi anni

Variety l’aveva definita la «migliore attrice dei primi 50 anni del ‘900». Durante la sua vita aveva conquistato 4 nomination all’Oscar con Anna Christie nel 1930, con Romanzo (sempre nel 1930), per Margherita Gauthier del 1937 e Ninotchka nel ’39, forse il suo film più famoso in cui rivela insospettate doti comiche – tanto che la pellicola viene presentata con lo slogan «La Garbo ride». L’Oscar si fa desiderare e arriva solo nel 1954, alla carriera.

Estremamente gelosa della sua vita lontana dai riflettori, Garbo aveva lasciato che i giornalisti per lungo tempo ricamassero sul suo privato, facendo congetture sulla vita sentimentale, a inventare storie su possibili relazioni dell’attrice, sulla sua bisessualità – mai confermata realmente dall’attrice. A oggi, le uniche relazioni accertate sono quelle con il compositore Leopold Stokowsky e con l’attore americano John Gilbert, lasciato quando lui le chiese di sposarlo.

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