Il governo approva il ‘decreto boss’. Bonafede: «Nessuno può sfruttare il Coronavirus per la scarcerazione»

Bonafede, al centro delle polemiche anche per il caso Di Matteo, lo aveva annunciato durante il question time pochi giorni fa a Montecitorio

Via libera dal governo in Consiglio dei ministri al ‘decreto boss’, che mette in campo una stretta sulle scarcerazioni legate all’emergenza Coronavirus. La necessità di svuotare le carceri per dare una risposta al sovraffollamento, cronico e ancora più drammatico con le necessità di distanziamento sociale (impossibile in cella) per combattere la diffusione dei contagi di Covid-19 si era rivelata un boomerang per il governo e per il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.


Secondo quanto prevede la bozza del decreto – scrive l’Ansa – entrata questa sera in Cdm, ci sarà una prima valutazione del tribunale di sorveglianza dopo quindici giorni dal provvedimento di scarcerazione legato al Coronavirus. Dopo la prima valutazione, il tribunale di sorveglianza, sentito il parere della Procuratore distrettuale antimafia e del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo verificherà con cadenza mensile se persistono le condizioni per la scarcerazione.


Le polemiche

«Nessuno può pensare di approfittare dell’emergenza sanitaria determinata dal Coronavirus per uscire dal carcere», dice Bonafede subito dopo il cdm. «È un insulto alle vittime, ai loro familiari e a tutti i cittadini, che in questo momento stanno anche vivendo tante difficoltà. I magistrati applicano le leggi e come sempre io rispetto la loro autonomia e indipendenza. Da stasera c’è una nuova norma che mette ordine alla situazione. In un momento così straordinario si stava andando avanti con vecchi strumenti».

Bonafede, al centro delle polemiche anche per il caso Di Matteo, lo aveva annunciato durante il question time pochi giorni fa a Montecitorio: un nuovo provvedimento sulle scarcerazioni, in risposta alle polemiche sulle quasi 400 scarcerazioni decise dai magistrati di sorveglianza in un mese e mezzo dall’inizio del lockdown per la pandemia di Coronavirus. Perché di quei permessi e di quelle detenzioni domiciliari, per gravi ragioni di salute a causa dell’emergenza Covid-19, hanno beneficiato anche boss di mafia, camorra e ‘ndrangheta.

Una scia che ha portato, tra l’altro, alle dimissioni di Francesco Basentini dalla guida del Dap, il Dipartimento che amministra le carceri. Bonafede aveva spiegato che il governo era al lavoro su un decreto legge che avrebbe permesso ai giudici, «alla luce del nuovo quadro sanitario, di rivalutare l’attuale persistenza dei presupposti per le scarcerazioni dei detenuti di alta sicurezza e al 41 bis». Perché, aveva sottolineato il Guardiasigilli, nulla di quanto accaduto, nessuna di quelle scarcerazioni era in alcun modo imputabile a leggi emanate da questo esecutivo.

Un primo incontro con la maggioranza c’era stato ieri, e il lavoro è proseguito fino a oggi, quando in Consiglio dei ministri il governo ha approvato il testo che intende porre rimedio a quanto accaduto fino a ora e mettere basi diverse per il futuro. Il decreto approvato il 29 aprile scorso aveva dato infatti una prima risposta, occupandosi però dei casi futuri: mai più scarcerazioni disposte dai giudici senza aver acquisito il parere preventivo della procura nazionale antimafie e delle procure distrettuali.

Cosa prevede il decreto

Entro 15 giorni verranno rivalutate le scarcerazioni già disposte e legate al momento emergenziale. Il magistrato, scrive l’Ansa, dovrà prima acquisire il parere del Procuratore distrettuale antimafia del posto in cui è stato commesso il reato e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo chi ha subito condanne ed è stato sottoposto al carcere duro. E poi dovrà valutare se ci sono ancora i presupposti per la detenzione domiciliare, «i motivi legati all’emergenza sanitaria».

L’autorità giudiziaria per procedere dovrà sentire anche l’autorità sanitaria regionale, cioè il presidente della Giunta della Regione, sulla situazione sanitaria locale. E acquisire dal Dap informazioni sull’eventuale disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta in cui il condannato o l’internato ammesso alla detenzione domiciliare o a usufruire del differimento della pena può riprendere la detenzione o l’internamento senza pregiudizio per le sue condizioni di salute.

La decisione può essere presa dal magistrato solo raccolte tutte queste informazioni, con una pronuncia che andrà rivista ogni 30 giorni. Il provvedimento di revoca della detenzione domiciliare o il differimento della pena sarà immediatamente esecutivo.

Per i rapporti con i famigliari – punto che era stato richiamato tra i motivi delle dure proteste in carcere dei primi giorni dell’emergenza Covid – dal 19 maggio al 30 giugno 2020 i colloqui «saranno svolti a distanza, mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica, che può essere autorizzata oltre i limiti» solitamente consentiti.

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