Coronavirus, via ai test sierologici. Sabbadini (Istat): «Primo prelievo prima di un mese. Ritardo? Il virus è stato veloce» – L’intervista

«L’indagine è molto complessa ma assai rilevante», racconta la direttrice centrale dell’Istat, responsabile scientifica dello studio

Al via l’indagine sulla sieroprevalenza coordinata da ministero della Salute e Istat: sabato notte il Consiglio dei ministri ha approvato infatti il decreto che si traduce nella partenza di fatto dei famosi test sierologici a un campione di 150mila persone annunciati dal commissario straordinario all’emergenza Coronavirus Domenico Arcuri il 4 maggio scorso.


L’obiettivo è quello di comprendere effettivamente quanti italiani abbiano fino a ora incontrato il virus. La stima, al momento, oscilla tra il 4 e il 7%: il monitoraggio permetterà di capirci qualcosa di più. «L’indagine è molto complessa ma assai rilevante nei suoi obiettivi», racconta la direttrice centrale dell’Istat Linda Laura Sabbadini, responsabile scientifica dello studio.


«Oggi intercettiamo, attraverso i tamponi, i casi di contagio al momento e solo per chi quel tampone lo fa. Con questa indagine riusciremo a capire e quantificare anche chi in questi mesi è entrato in contatto con il virus e magari non se ne è accorto perché non ha avuto sintomi o ne ha avuti di leggerissimi e ha pensato di avere un semplice raffreddore o qualche linea di febbre. Una porzione di persone che oggi non siamo ancora in grado di quantificare».

Linda Laura Sabbadini, “dal 4 maggio partiranno 150mila test sierologici”, aveva detto il commissario Arcuri. Non era esattamente così.

«Sì, era così invece. Nel senso che abbiamo da subito fatto partire complessivamente tutta la macchina. Tutti ci siamo attivati. È un lavoro immane: in una epidemia si agisce in corsa e nel modo più rapido possibile, il disegno della rilevazione è una parte cruciale, le operazioni devono essere predisposte con qualità. E questo è il caso: il tempo è fondamentale, le necessità della scienza si devono sempre coniugare con il rispetto della legge, a garanzia dei diritti di cittadini e cittadine, cosa a cui tiene molto il nostro presidente Gian Carlo Blangiardo. Non si poteva certo partire con i prelievi senza la norma che li autorizzava. La gara per i test sierologici si è conclusa quattro giorni prima del previsto. Si è partiti quindi subito a individuare, tramite le regioni, e la Croce Rossa che darà un supporto fondamentale all’operazione, i punti prelievo sui territori e i laboratori che dovranno processare il sangue (non tutti hanno la strumentazione adeguata per quel test specifico). Questo vuol dire “si parte”. C’è un grande lavoro di progettazione che si sta svolgendo in stretto raccordo con il Comitato Tecnico Scientifico il cui contributo è fondamentale».

Come funziona l’indagine sierologica?

«Sono state disegnate tutte le fasi della rilevazione. L’Istat darà il supporto statistico e condivide la titolarità dell’indagine con il ministero della Salute: abbiamo disegnato il campione, il sistema di indicatori che servono per monitorare la qualità del lavoro sul campo e della rilevazione, il questionario che verrà somministrato a chi parteciperà all’indagine. E saremo noi poi a occuparci dell’analisi dei dati. Il processo verrà monitorato giorno dopo giorno per capire dove emergono i problemi: dall’Istat, dal ministero, dalle Regioni, dalla Croce Rossa. Vedo una collaborazione istituzionale molto forte tra tutti. Hanno aderito tutte le Regioni. Ora speriamo che i cittadini informati partecipino in massa».

Ecco: quale sarà il ruolo delle regioni?

«Sarà la singola regione a valutare per il proprio territorio la modalità di somministrazione migliore dei test. Magari ci sono aree con delle strutture già troppo sotto stress a causa dell’epidemia, che hanno bisogno di più aiuto e valutano che sia meglio dare tutto alla Cri. Altre che valutano di poterlo fare da sole. L’organizzazione è fatta in modo tale che ogni regione possa trovare il modo migliore per affrontare il problema, questo è stato lo spirito. Appena estratto il campione contatteranno i medici di famiglia che si attiveranno sui pazienti estratti nel campione. Poi monitoreranno l’andamento dell’indagine».

ANSA / Ettore Ferrari | Linda Laura Sabbadini durante la Giornata Internazionale della Donna al Quirinale, Roma, 8 marzo 2018.

Come viene selezionato il campione di 150mila persone e come se ne assicurerà la rappresentatività della popolazione italiana?

«È un campione statistico che ci permetterà di avere una rappresentazione dell’intera Italia. La rappresentatività sarà a livello regionale: all’interno delle regioni avremo una rappresentatività per sesso, per sei classi di età, e per quattro grandi gruppi di attività economica. Sono stati estratti 2mila comuni – quindi un numero elevato – a livello nazionale e poi all’interno di questi comuni viene estratta la popolazione, tenendo conto delle variabili di cui sopra».

Come si garantisce che i risultati siano validi statisticamente?

«La prima garanzia sta nel fatto che si tratta di un campione statistico estratto casualmente. Un alto livello di partecipazione farà il resto. Per questo bisogna informare, informare, informare. Più i cittadini saranno informati, più capiranno l’importanza più parteciperanno.Più i risultati saranno validi».

A che stadio è l’individuazione del campione?

«È in stadio avanzato. Con la norma (approvata in nottata dal cdm, ndr.) che regola questa rilevazione, si è pronti a partire: la programmazione del campione è pronta. Verrà estratto e verrà mandato alle Regioni, che contatteranno i medici di famiglia. Questi ultimi potranno avvertire i loro pazienti del fatto che sono stati estratti e cominceranno a spiegare di che si tratta. Il consenso è importante, è necessario che le persone sappiano quello che si sta chiedendo loro, che è importante per loro e per il paese. È un semplice prelievo venoso, come ne abbiamo fatti tanti. Per di più è gratuito. E nessuno è obbligato a sottoporvisi: è volontario. Sulla base dei risultati di questa indagine, ognuno di noi saprà meglio come comportarsi: perché una cosa è sapere che solo una piccola parte della popolazione è stata toccata dal virus, un’altra è capire eventualmente che si tratta di una fetta ampia. Nel primo caso sapremo che dobbiamo stare ancora più attenti. È un’occasione per fare il prelievo per sè e contribuire a un processo che sarà utile per tutti».

Si potrà ampliare il campione?

«Il campione è di numerosità già sufficientemente elevata. Sarà importante anche prevedere un ritorno su un sottocampione di questi 150mila, per capire quanto permangano gli anticorpi in chi li ha sviluppati e come si sta sviluppando l’epidemia. Sarebbe importante, anche perché di questo virus si sa veramente ancora poco».

Sui ritardi peserebbe anche il giudizio del Garante della privacy, che però fa sapere di aver già fornito «nei giorni scorsi» al governo un primo parere rispetto all’inquadramento normativo dei test.

«Il garante viene sempre chiamato per dare il suo parere. Ed è giusto che sia cosi. E’ la sua funzione. Le varie fasi dell’indagine sono state condivise con il suo ufficio e c’è stata un’ampia condivisione del lavoro. Questa indagine rappresenta un’operazione complessa e ci sarà un’attenzione massima da parte nostra e del ministero della Salute a garantire che tutto sia fatto in un’ottica di tutela della privacy. Le 150mila persone coinvolte devono essere veramente informate per scegliere consapevolmente se fare o non fare il test e perché è importante».

Sembra però che ogni Regione stia (di nuovo) procedendo in ordine sparso. È di queste ore la notizia che – per esempio – nel Lazio si dovrebbe partire con 300mila test sierologici. Per un’indagine, la più grande d’Italia, «una mappatura importante» – ha spiegato Zingaretti. Come si collegano tutti questi test e i risultati che verranno?

«È normale che ogni presidente di Regione si attivi anche per conto suo. Ogni regione può scegliere analisi diverse, in questo caso per esempio si agisce a tappeto su tutti i lavoratori della sanità e delle forze dell’ordine. E’ importante sapere individuare i test qualitativamente adeguati e certamente sarà stato fatto. Nella indagine nazionale si utilizza lo stesso test per tutta Italia: la modalità di raccolta dei dati è univoca e si ha il vantaggio di poter fare confronti tra diverse zone del paese. Poi ogni regione fa le sue scelte: ma con test diversi ricordiamoci che si possono avere dei risultati più difficilmente confrontabili».

Siamo in ritardo?

«Sembra di essere sempre in ritardo in una situazione di pandemia. Ma non come paese, anche a livello internazionale. La pandemia è troppo recente, la diffusione del virus troppo veloce. Ma dobbiamo essere anche un pò fieri di quello che stiamo facendo. Il personale sanitario, gli scienziati , i decisori politici nazionali e locali, noi stessi stiamo dando il massimo e di più».

Quando ci sarà la prima persona a sottoporsi al test?

«Molto presto. Sarà tutto molto serrato, qui si lavora giorno e notte».

Da qui a un mese?

«Nei prossimi giorni. Certamente prima di un mese».

In copertina ANSA/Fabio Campana | Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat, Roma, 10 dicembre 2013.

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