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A cosa serve avere la più dettagliata mappa dell’Universo ai raggi X? L’intervista

20 Giugno 2020 - 17:17 Juanne Pili
Il mistero della materia e dell’energia oscura coinvolge astronomi e astrofisici di tutto il Mondo. Non conosciamo le ricadute nella vita quotidiana, ma sappiamo che la ricerca spaziale ne produce in continuazione

È stata definita dalla Bbc una «mappa rivoluzionaria», quella ottenuta dai dati raccolti dal satellite Spektr-RG, mediante il telescopio spaziale eROSITA, lanciato in orbita lo scorso luglio, frutto di una collaborazione tra Russia e Germania, nell’ambito della missione Spectrum-Roentgen-Gamma (SRG).

Scopo della missione quello di realizzare una mappa dell’Universo a raggi X. Nella mappa, che proietta la sfera celeste in una ellisse, i fotoni sono stati codificati in una scala di colori a seconda della loro energia nella banda dei raggi X, che vanno dal blu (fascia elevata) al rosso (fascia bassa), passando per il verde (fascia media). Sono previste sette ulteriori analisi del cielo da parte del telescopio spaziale.

Tra gli scopi vi è quello di mappare la distribuzione dei gas nei grandi ammassi di stelle, dandoci ulteriori informazioni sulla struttura del Cosmo, compresi indizi sulla energia oscura, una forza che sappiamo dover esistere – altrimenti non tornerebbero i calcoli sull’espansione dell’Universo, che tende ad accelerare man mano che ci si allontana – ma nessuno al momento sa esattamente cosa sia, idem dicasi per la materia oscura.

Per capire le implicazioni di missioni del genere nel nostro progresso, abbiamo chiesto maggiori approfondimenti all’astronomo Matteo Miluzio (He Space-ESA) divulgatore della pagina Facebook Chi ha paura del buio?, attualmente impegnato nella missione Euclid dell’Agenzia spaziale europea, con lo scopo di indagare sulla presenza di materia ed energia oscura, il cui lancio – Coronavirus permettendo – è previsto per il 2022.

https://www.facebook.com/NextSolarStorm/photos/a.244202209017088/2738087456295205/?type=3&theater

A cosa serve mappare i fenomeni energetici nell’Universo? La serendipità nella ricerca Spaziale

Il bersaglio della missione, che si dipanerà in tutto in otto osservazioni a raggi X, riguarderà dai dieci ai centomila ammassi di galassie. Accanto a eROSITA è presente anche uno strumento russo denominato ART-XC, in grado di percepire energie ancor più elevate. Energia e materia oscura sono concetti ancora difficili da comprendere. Sappiamo che ci sono, ma non abbiamo idea di cosa siano. 

Eppure in qualche modo pensiamo di poterla cercare. Ma cosa c’entrano i raggi X delle nostre radiografie?

«Lo scopo di eROSITA sostanzialmente è quello di mappare i fenomeni più energetici dell’Universo – conferma Miluzio – dove troviamo una serie di cose estremamente potenti: esplosioni di supernove; buchi neri super-massicci; tutti questi fenomeni comportano l’emissione di radiazioni estremamente energetiche, come i raggi X. Con questo tipo di mappe della sfera celeste possiamo individuare la distribuzione di tali sorgenti». 

«Stavolta si è trattato di una mappatura più profonda rispetto alle precedenti mappe – spiega l’astronomo – l’ultima è stata ottenuta circa 30 anni fa. Abbiamo così raddoppiato il numero di sorgenti a raggi X che conoscevamo fino a oggi. In quella mappa tutta colorata si vede la regione centrale della nostra Galassia, e i fotoni più energetici sono proprio lì, con tutto quel blu. Le polveri al centro della Via Lattea oscurano tutti i fotoni meno energetici, perché ne bloccano la radiazione, lasciando passare tutti gli altri».

«I raggi X sono emessi da oggetti estremamente energetici o estremamente caldi. Gran parte degli oggetti all’interno della nostra Galassia – continua Miluzio – sono residui di supernove antiche esplose, di cui rimangono delle stelle di neutroni, oppure nane bianche o stelle binarie, o altre classi di nuovi oggetti, eccetera. Tutta la luce gialla o arancione che vediamo, si trova attorno al Centro galattico, ed è il residuo di antiche esplosioni di energia, compresa quella del buco nero super-massiccio al centro». 

YouTube | Il Black Hole di Interstellar.

Tutto questo però riguarda la materia e l’energia che noi riusciamo a captare. In che modo ci aiuta allora a cercare quella oscura?

«Alcuni dei puntini bianchi che vediamo nella mappa sono molto più diffusi – spiega l’astronomo – formando una macchia. Si tratta di gas caldo intrappolato in ammassi di galassie. Noi sappiamo che questi ammassi sono principalmente costituiti da materia oscura. Abbiamo quindi maggiori informazioni che ci arrivano in modo indiretto, sulla sua presenza in questi ammassi. Ci aiuta anche a capire la storia dell’evoluzione delle strutture cosmiche. Tutte cose strettamente legate alla presenza di materia ed energia oscura, quest’ultima provoca una espansione dell’Universo a un tasso superiore rispetto a quello che ci aspettavamo».

«Prima ci aspettavamo una contrazione dell’Universo – continua Miluzio – Il 4,9% è costituito dalla materia luminosa che noi vediamo. Tutto il resto è materia oscura (circa il 26,8%) ed energia oscura (circa il 68,3%). L’energia dell’Universo è qualcosa che non puoi separare quando consideri la sua espansione. La prima evidenza diretta dell’esistenza dell’energia oscura risale alla fine degli anni ’90, quando gli astronomi cercarono di misurare quanto stesse rallentando l’Universo (la gravità tende a compattare le cose), invece scoprirono che non solo non stava rallentando affatto, ma addirittura stava accelerando la sua espansione. Cosa fa espandere l’Universo? Gli astronomi hanno dedotto che deve esistere una forma di energia repulsiva, e l’anno chiamata energia oscura. Tutto questo peraltro ha finito per confermare le equazioni di Albert Einstein».

Astronomical Journal/Cosmicflows-3 | Cosmography of the Local Void.

Non è facile per l’opinione pubblica capirlo, eppure ciò che ha fatto progredire la civiltà è proprio la “serendipità” della Ricerca: senza scopi utilitaristi si osservano i fenomeni, e da questo derivano tante sorprese, rivelatesi utili nella vita quotidiana.

«Quello della percezione dell’opinione pubblica è un bel problema – continua l’astronomo – “cosa andiamo su Marte quando qui abbiamo gente che muore di fame?”, dicono, eppure tante ricadute delle missioni, sulla Luna o su Marte, hanno portato a scoperte che utilizziamo tutti. Ma se una cosa non è immediatamente collegabile alla vita quotidiana, la gente fatica a comprendere. È complicato far entrare questo nella mente delle persone». 

«Sono migliaglia gli spinoff (così definiamo in gergo tecnico le scoperte applicate alla vita quotidiana: potete trovare infiniti esempi nella pagina NASA spinoff), chiaramente nella ricerca spaziale quando si costruisce qualcosa, le ricadute possono essere anche più visibili – continua Miluzio – in ambito teorico è più difficile: “abbiamo ‘sta mappa a raggi X, e noi nella vita di tutti i giorni che ce ne facciamo?”. Lo stesso discorso può valere per la foto del buco nero dell’anno scorso. “Bella, ma alla gente comune cosa interessa se non ha un ritorno concreto?”. I ritorni ci sono, pensiamo anche allo sviluppo di alcuni software di analisi di immagini prodotti per il telescopio spaziale Hubble, poi riutilizzati in ambito medico, migliorando per esempio i dettagli delle mammografie».

«È difficile nel lungo periodo pensare a come le idee sviluppate oggi nella ricerca spaziale, possano avere ricadute qua sulla Terra, nel prossimo futuro – conclude l’astronomo – chiaramente l’Astronomia è mossa da uno spirito di ricerca insito nell’umanità, lo abbiamo sempre avuto fin dalla Preistoria. Questo è l’obiettivo principale: capire le origini dell’Universo, della vita e degli esseri umani».

Foto di copertina: SRG/eROSITA/ESA | Mappa a raggi X dell’Universo.

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