Regionali, Zingaretti: «Alleanza con i 5 Stelle? Proviamoci». Tutti i fronti aperti di un’intesa (im)possibile

Mano tesa del segretario democratico ai Cinque Stelle sulle Regionali. Ma per la coalizione di governo sono ancora tanti i temi su cui trovare la quadra

«Confermo che decidono le Regioni, però un’alleanza che governa l’Italia, o che ha l’ambizione di segnare la prossima elezione del presidente della Repubblica, dovrebbe almeno provare a unirsi nelle Regioni, anche perché la destra ha scelto spesso candidature del passato, si è unita riproponendo figure già bocciate dagli elettori. Quindi si può vincere e, lì dove è possibile, almeno proviamo a fare insieme un passo avanti per salvare questo Paese».


Dal segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, intervenuto oggi alla Conferenza delle donne democratiche a Roma, arriva una mano tesa verso il M5s in vista delle prossime elezioni Regionali che si terranno, con ogni probabilità, a settembre.


Nessun passo avanti finora

Un’apertura che, nelle intenzioni del segretario Pd, dovrebbe essere balsamo utile a districare quei nodi che però, al momento, non sembrano di facile scioglimento. Delle sei regioni in cui si andrà al voto l’unica nella quale sembra possibile un asse tra Movimento 5 Stelle e Pd è la Liguria. Ma dopo settimane di tavoli e la solita ridda di nomi, le trattative sembrano entrate in una fase di stallo. Il centrodestra invece va avanti in modalità testuggine romana: hanno già da giorni trovato un accordo su tutti i nomi.

Altro fronte caldo è la Puglia, dove però la coalizione che sostiene il governo Conte (che non andrà compatta in nessuna delle Regioni al voto) si presenta molto frammentata, con un M5s non disponibile a sostenere Michele Emiliano, e un guastatore renziano, Ivan Scalfarotto, pronto con il sostegno di Azione e +Europa a disfare i piani di rielezione del presidente uscente, sostenuto invece dal Pd. Anche nelle altre Regioni, al momento, il M5s va da solo. E il centrodestra si sfrega le mani.

I tormenti estivi del governo

Ma le Regionali non sono che uno dei tasselli del puzzle che la coalizione di governo è chiamata a comporre. Per il presidente del Consiglio Conte si profila un’estate tormentata, e un autunno non certo migliore se non si porranno, ora, le basi per risolvere le urgenze economiche e sociali del Paese. Questo compito, non facile, deve fare i conti con le diverse anime che compongono l’attuale maggioranza. E i punti di frizione non mancano.

Sul fronte europeo è sempre il Mes a far discutere. Pd e Italia Viva sono per l’apertura di una linea di credito senza condizionalità, così come concordato in Europa. Il M5s, invece, non si fida, teme per un ritorno a posteriori delle condizioni che, nei fatti, potrebbero costringere l’Italia a dure riforme per ristrutturare il suo debito monstre.

Come se non bastasse ci ha pensato Angela Merkel a rinfocolare il dibattito durante un’intervista a un gruppo di quotidiani internazionali. «Non abbiamo creato il Mes per lasciarlo inutilizzato», ha detto la cancelliera, lasciando intendere di riferirsi anche al nostro Paese, specificando però che la decisione «spetta all’Italia». L’uscita non sembra essere piaciuta al presidente del Consiglio, che ha replicato: «Decido io col ministro Gualtieri, i ragionieri dello Stato e i ministri».

Riforma fiscale. Taglio Iva si o no?

Altro fronte caldo è quello che riguarda la riforma fiscale. E anche qui le linee non coincidono. L’annuncio di un possibile taglio dell’Iva, arrivato sull’onda degli Stati generali dell’economia, ha spaccato la maggioranza. Il Pd si è mostrato scettico su questa opzione, spostando invece il focus sul taglio del costo del lavoro. Frastagliata la posizione del M5s, che chiede una riforma fiscale complessiva. Per Italia Viva, invece, le urgenze del cuneo fiscale sono tre: Irpef, Iva e Irap. Marcia indietro quindi sull’Iva e di nuovo tutti al tavolo per trovare una sintesi.

Vertenze non più rimandabili

Se l’estate è calda, l’autunno sarà ancora più caldo, se non si porrà rimedio alle crisi del mondo del lavoro, a cominciare dalle oltre 100 vertenze sul tavolo del Mise. Ex Ilva, Whirlpool, Ex Embraco, tra lavoratori sull’orlo del licenziamento e casse integrazioni a tutto spiano, con il blocco dei licenziamenti che termina il 17 agosto, anche qui Conte dovrà trovare prima una sintesi con la sua maggioranza e poi presentarsi ai tavoli con le aziende da una posizione compatta e di forza.

Numeri che ballano

Ma non sono solo i temi a fare tribolare l’inquilino di Palazzo Chigi. Ci sono anche i numeri. Quelli del Senato. Sì perché con l’ennesima defezione nel M5s (il passaggio della senatrice Riccardi alla Lega), la pattuglia pentastellata a Palazzo Madama è scesa da 96 a 95 senatori. La soglia fatidica, quella della maggioranza assoluta, è fissata a 161. Con 95 senatori del M5s, 35 del Pd, 17 di Italia Viva, 6 per le Autonomie e 14 del gruppo Misto-Leu, si arriva a 167.

Se a questi si aggiungo i tre senatori a vita (Mario Monti, Liliana Segre e Elena Cattaneo) che, solitamente, sostengono il governo, arriviamo a 170. Ai più maliziosi non sfuggirà come, in questo contesto, i 17 senatori di Italia Viva giochino un ruolo fondamentale.

La mano tesa di Zingaretti sulle Regionali è un segno di buona volontà. Ma per «un’alleanza che governa l’Italia, o che ha l’ambizione di segnare la prossima elezione del presidente della Repubblica», come ha detto il segretario democratico, forse solo la buona volontà non basterà per rinfrescare l’estate torrida che si profila.

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