Coronavirus, la lotta dei giovani psicologi per semplificare l’esame: «La salute mentale è una priorità»

Durante le settimane di pandemia, la percentuale di cittadini e cittadine che ha chiesto aiuto psicologico è passata dal 40% al 62%. Ora gli abilitandi chiedono di potersi rendere utili al più presto attraverso una semplificazione dell’esame di Stato

L’epidemia da Coronavirus non è stata solo un’emergenza sanitaria. Per molte e molti, il periodo di epidemia, di lockdown e di crisi economica ha significato fare i conti con nuovi – e spesso inaspettati – problemi psicologici. Un’urgenza che ha visto il proliferare di aiuti e supporti gratuiti, e che ha testimoniato l’impegno quotidiano e costante di professionisti che si sono messi a disposizione di chiunque ne avesse bisogno.


Ma mentre per i neolaureati in medicina e in infermieristica si è trovata presto una quadra per facilitare il loro necessario ingresso nei reparti (pur con molte insistenze dal basso), così non è stato per gli abilitandi in psicologia. Da una parte i dottorandi della professione sono entrati in campo per ovviare alla mancanza di professionisti in relazione alla domanda sempre più crescente di supporto psicologico. Dall’altra, 10mila laureati abilitandi sono rimasti bloccati oltre la sbarra dell’esame di Stato.


Due pesi, due misure

La questione è semplice. A spiegarla al telefono è Davide Pirrone, dottorando di 25 anni che ha coordinato le proteste degli abilitandi di questi mesi. Davide – che è fuggito a Utrecht, in Olanda, prima di prendere l’abilitazione – parla di un movimento spontaneo nato da un “malessere” generale legato alle decisioni che si sono prese in questi mesi per regolare gli atti finali del percorso (oggi, 16 luglio, inizia la sessione).

Nel decreto ministeriale del MIUR del 29 aprile, visto lo stop generale provocato dalla pandemia, il governo stabilisce che l’esame di stato per l’abilitazione alla professione di psicologo – normalmente diviso in 4 prove diluite in 2 mesi – sarà sostituito con una prova unica, tenuta in via telematica. Nonostante l’accorpamento, conterrà in maniera invariata tutti e 4 gli argomenti.

A gran parte degli abilitandi la situazione pare da subito sfiorare l’assurdo. Poco più di un mese prima, nel Cura Italia del 17 marzo, a medici e infermieri era stato concessa una semplificazione strategica, il tirocinio abilitante, per permettergli di non rimanere bloccati alle porte dell’emergenza.

Loro, i laureati in Psicologia, il tirocinio di un anno lo hanno già fatto: perché doversi far carico ora di un esame del genere, in condizioni già difficili e che, oltretutto, fa ricadere su di loro anche la responsabilità di una buona connessione a internet per sostenerlo?

Davide Pirrone | Foto della manifestazione di giugno a Milano

Nasce così un movimento, che mira al dialogo con l’Ordine e con lo stesso Ministero. Dopo alcune manifestazioni in piazza, vengono ricevuti dal ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi per presentare le loro proposte. Di base, si tratterebbe di adeguare anche il loro esame di stato al tirocinio abilitante.

Ma dopo una serie di incontri e accordi, anche con il ministro della Salute Roberto Speranza, l’unica cosa che ne è esce sono delle linee guida per un esame semplificato stilate dall’Ordine, senza alcuna valenza giuridica. Le commissioni, cioè, non saranno tenute a seguirle.

I numeri dell’emergenza

«Essere costretti ad affrontare in modo così caotico un momento tanto importante per il nostro percorso è inaccettabile», dice Davide. «E non si capisce perché: dopo il decreto Lorenzin del 2018, la Psicologia ha acquisito a tutti gli effetti lo status di professione sanitaria». Oltre al fatto che la professione degli psicologi è a tutti gli effetti affine a quella dei sanitari, ci sono le considerazioni specifiche relative alle settimane di pandemia.

Secondo alcuni dati diffusi dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi (CNOP), che loro hanno raccolto nella proposta inviata al ministro Speranza, la percentuale di cittadini che in questo periodo hanno avuto la necessità di ricorrere allo psicologo è passata dal 40% al 62%. Per chi vive in coppia – e non in un intero nucleo familiare- la percentuale è anche raddoppiata. Stando allo studio, le categorie che più hanno chiesto aiuto psicologico sono state le donne e i giovani.

Lo stesso Ministero della Salute, a conferma dell’esigenza, ha attivato un numero verde (800.833.833), che ha ricevuto un boom di chiamate in una sola settimana. Secondo i dati, si parla di oltre 30mila richieste di aiuto provenienti da tutta Italia. Nello stesso modo, anche la Società Italiana Psicologia dell’Emergenza Sipem e Pronto Soccorso Psicologico Italia PSP-I (ente privato) hanno riportato un aumento del 70% rispetto al periodo pre- emergenza Covid-19.

«Visto il protrarsi dello stato d’emergenza e delle sue conseguenze – dice Davide – vorremmo veder riformulato il nostro iter abilitante». Un modo, questo, per sentirsi tra le altre cose tanto utili quanto rispettati al pari dei colleghi medici e infermieri.

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