Turisti dall’estero, traghetti e discoteche: così la Sardegna è passata da regione Covid-free a isola del contagio

Un mese fa l’incremento di casi in 24 ore era stato pari a 3. Oggi superano i 90. E c’è chi invoca un protocollo nazionale per riportare i turisti a casa

Sardi untori? Sardegna isola contagiata e contagiosa? Si è detto, negli ultimi giorni, tutto e il contrario di tutto. I numeri parlano chiaro: secondo l’ultimo bollettino della Protezione Civile, in Sardegna, delle 429 persone attualmente positive a Covid-19, 18 sono ricoverate con sintomi, non c’è nessun paziente in terapia intensiva, e 411 sono in isolamento. Dall’inizio dell’emergenza, le vittime nell’isola sono state 134, per un totale di 1.825 casi: oggi 91 in più rispetto a ieri. Un mese fa, il 24 luglio 2020 l’incremento in 24 ore era stato di 3 nuovi casi, non 91 come oggi. Ancora un mese prima, di 1. «È evidente che c’è una situazione che desta preoccupazione», racconta Marcello Acciaro, responsabile dell’Unità di crisi Sardegna Nord. «Il virus non era in Sardegna, è stato portato qui: era atteso data la stagione estiva e la circolazione delle persone», dice Stefano Vella, virologo e scienziato, componente del Comitato tecnico scientifico nominato dalla Regione per affrontare l’emergenza Covid-19. «Ha attecchito, anche grazie alle discoteche», aggiunge Marcello Acciaro. E ora «serve un protocollo nazionale per riportare a casa i turisti positivi: lei non ci crederà, ma non c’è, non è previsto». Per i pazienti positivi, eventuali ritorni a casa si prospettano come vere e proprie odissee. Al momento di gente nel limbo non ce n’è, dice Acciaro. Sarà già andata via, non intercettata dal Sistema Sanitario dell’isola, ma magari da quello della Regione di “approdo”.


Il virus dal “Continente”

ANSA/FABIO MURRU | Christian Solinas Presidente Regione Sardegna in una foto d’archivio dell’11 Dicembre 2019.

«Lo dicono dati non nostri, quindi non “partigiani”, ma provenienti dallo studio epidemiologico condotto dall’Istituto Superiore di Sanità: la Sardegna e la Sicilia avevano una sieroprevalenza dello 0.3%», ricorda l’assessore alla Sanità della Regione, il leghista Mario Nieddu. «I risultati migliori d’Italia, circolazione inesistente e virus praticamente eliminato dall’isola», sospira. Bei tempi, quelli: ora qualcosa è decisamente cambiato. Ma chi si è recato in Sardegna «non è ovviamente stato contagiato da sardi», rivendica l’assessore. «E lo abbiamo verificato in parecchi casi». Nieddu cita l’esempio dei ragazzi romani che al loro rientro da Porto Rotondo hanno scoperto di essere positivi a Sars-Cov-2: secondo l’assessore erano arrivati in Sardegna già positivi, visto che nell’isola avevano passato pochi giorni mentre «venivano da zone ad alto rischio come Ibiza, Mikonos, la Croazia». «I sardi non potevano contagiare nessuno», sostiene. E i sardi contagiati allora? «Sono persone che hanno avuto a che fare per lavoro o altri motivi con strutture ricettive». Non che la Sardegna non abbia avuto casi, nella Fase 1: «Abbiamo dovuto aprire il Mater Olbia per la terapia intensiva a maggio perché non c’erano più posti nelle altre strutture», ricorda Vella. «Ma il territorio ha risposto e la situazione, naturalmente con numeri ben diversi rispetto ad altre aree, è stata gestita».


Sì, ma dove?

ANSA/ GUIDO MONTANI | Stefano Vella, 17 luglio 2011 a Roma durante la conferenza sulle cure e la prevenzione del Hiv.

La Ats Assl Olbia ha avviato un campionamento sugli staff di alcune grosse discoteche. Dovrebbero essere cinque: nel comune di Arzachena (a Porto Cervo); di Olbia, (Porto Rotondo); e San Teodoro. Almeno 120 campioni: i risultati sono attesi per oggi. «Nel momento in cui hanno riaperto il libero movimento le discoteche sono state il veicolo principale dell’infezione. Le ipotesi sono nei fatti. Stiamo cercando per esempio di essere più verticali nelle nostre indagini per capire come e dove il virus si è mosso», racconta Acciaro. «Capire se questa cosa riguarda solo un ceto sociale – persone che si sono mosse molto a livello internazionale e quindi in territori a rischio come Spagna, Grecia, Malta e Croazia hanno influito. Noi pensiamo di sì, in molti ci hanno riferito di essere stati a Ibiza e in Spagna».

Le discoteche hanno riaperto il 14 luglio. E richiuso, su disposizione nazionale, subito dopo Ferragosto. I locali che hanno voluto e potuto – dal Billionaire (dove sono poi stati trovati alcuni dipendenti positivi al virus) a quelli meno noti – hanno fatto 3-4 settimane di stagione. «Avrebbero dovuto limitare spazi comuni salvaguardando le imprese che avrebbero sofferto di più», dice dall’opposizione il consigliere Pd Roberto Deriu. «Discoteche, strutture ricettive: di quanto hanno bisogno per gestire localmente un vero rispetto dei distanziamenti o per non aprire? Abbiamo degli imprenditori che hanno passato mesi difficilissimi, e per i quali, quando hanno riaperto, seguire le prescrizioni è stato altrettanto complesso, spesso dispendioso». «Nella gestione delle imprese e dei locali, la Regione avrebbe dovuto chiedere l’aiuto della società civile. In finanziaria, in consiglio, abbiamo dato ampi fondi alla Giunta per dare risposte economiche ed eventualmente invitare le categorie a chiudere spontaneamente, previo indennizzo», commenta il consigliere.

La progressione

ANSA / FABIO MURRU | Oltre 400 tamponi sono stati effettuati a Carloforte, nell’Isola di San Pietro, con il sistema del Drive-through direttamente all’interno delle autovetture dal personale dell’ATS Sardegna, 11 agosto 2020.

A luglio tutto era ancora tranquillo, dice il medico. Niente neppure per la prima settimana di agosto. «Le segnalazioni iniziano ad arrivare sotto Ferragosto: è intorno a quella data che ruota tutto, e ora stiamo tentando di ricostruire a ritroso quello che è accaduto, data la latenza del contagio». Così Acciaro e il suo staff hanno ricostruito la propagazione del contagio «in un determinato settore orizzontale su chi in vacanza frequentava locali e discoteche» che potremmo definire “altoconsumanti”. «Ora stiamo cercando di capire è se c’è stato un contagio su livelli più bassi, su quelle che potremmo definire “altre movide”». Per capire come le persone che frequentavano i locali abbiano poi trasmesso il contagio a chi, per esempio, sta dietro al bancone. Il nodo comunque resta quello delle vacanze all’estero: «Non è un caso che il ministero della Salute abbia deciso il 13 agosto tamponi obbligatori per le persone di rientro da Grecia, Spagna, Malta, Croazia. È evidente che avevano dei dati chiari e incontrovertibili che il contagio in quelle zone era fuori controllo, soprattutto per i giovani».

Col senno di poi

«Sarebbe stato importante introdurre il tamponamento fin da subito», tuona il medico. Ragionamenti col senno di poi su cui si adagia un po’ di proverbiale sottile ironia isolana. Il governatore Christian Solinas aveva parlato di un’ipotesi di attestazione di negatività al Coronavirus per tutti coloro che sarebbero arrivati nell’isola alla riapertura della mobilità tra le regioni dopo il lockdown, dal 5 giugno scorso. «Forse allora non era possibile: ora sappiamo un po’ più del virus ma anche dei test», dice Vella. Ma tamponi, drive-through e test «sono esattamente la risposta che si sta tentando di dare oggi». «Il virus cammina sulle gambe degli uomini e delle donne: se riprendono a circolare, così fa il virus. Se ci avessero ascoltato quando abbiamo fatto le nostre proposte… Peccato che all’epoca ce ne abbiano dette di tutti i colori: tra gli epiteti migliori, ci hanno dato degli incostituzionali e dei razzisti con i lombardi», chiosa Nieddu. «Salvo scoprire ora che è una proposta di buon senso, e pensare di applicarla». È infatti in corso «un’interlocuzione con la regione Lazio per effettuare tamponi e test agli imbarchi a Civitavecchia, per esempio, e allo sbarco a Olbia – e viceversa, e con il governo stiamo valutando un protocollo a tre in cui si possa fare in modo che i turisti positivi tornino a casa in sicurezza». Non è troppo tardi? «L’estate non è finita. Siamo a metà stagione: c’è ancora tutta l’ultima settimana di agosto e abbiamo ancora parecchie prenotazioni per settembre», dice Nieddu. 

«Ho chiesto a Solinas di convocare urgentemente il consiglio regionale e il presidente ha aderito», dice ancora il dem Roberto Deriu. «La Giunta deve chiarire: o la situazione sanitaria in Sardegna è sfuggita di mano improvvisamente, o non è così e abbiamo urgenza di capire che danno sta producendo alla nostra reputazione, visto che viviamo di turismo, se l’allarme è stato eventualmente “gonfiato”», dice. Quale delle due? «C’è stata un’impennata e i dati hanno allarmato», dice Deriu. «Penso che la giunta ci debba dire se questo è il ritorno di alcuni contagi che vengono dalle grandi mete di vacanze o siano dovuti a nuove falle del Sistema Sanitario, come quelle che si sono verificate all’inizio dell’emergenza, quando abbiamo avuto un boom di contagi dovuti al fatto che la struttura sanitaria ha avuto problemi, come accaduto a Sassari».

E i traghetti?

L’atteggiamento local, rispetto a un’epidemia globale, «è per me incomprensibile. Questa è una una pandemia, non stiamo parlando di una gara calcistica», chiosa Stefano Vella. «Uno degli errori è stato proprio pensare a livello locale a un’epidemia globale». E viaggia, si sposta. Tra gli aspetti sotto accusa, per il virus “tornato” in un’isola quasi Covid-free, ci sono stati anche i traghetti, dove – soprattutto nelle operazioni di imbarco e sbarco – secondo molte testimonianze e racconti anche a mezzo stampa il distanziamento non c’è. Ma evidenze che in quei contesti il contagio sia stato favorito, per tempistica e modi, non ce ce sono. In ogni caso «ho fatto presente alla ministra De Micheli che, per esempio, dalle notizie che abbiamo, la Tirrenia non ha un protocollo di sbarco in sicurezza e le persone sono spesso ammassate nei corridoi», dice l’assessore Mario Nieddu. «Situazioni che contiamo di migliorare: daremo tutte le risposte possibili», assicura

In copertina Ansa | La spiaggia de La Pelosa, Stintino, Sassari

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