Coronavirus, il dossier del Lazio che accusa la Sardegna: «Un positivo su due ha lasciato l’isola con sintomi da Covid-19». La replica di Solinas: «Nessuna negligenza»

Per l’assessore D’Amato, «è un tema preoccupante, il ministero della Salute dovrà affrontarlo». Il governatore sardo: «Qui il virus non c’era, ce l’hanno portato. I controlli di frontiera? Responsabilità del ministero dei Trasporti»

Il 59% dei soggetti positivi al Coronavirus scoperti nel Lazio e con «link epidemiologico» con la Sardegna al momento del tampone aveva già manifestato i sintomi della Covid-19. A dirlo è un dossier della Regione Lazio che punta il dito contro la gestione dell’emergenza dell’isola. Tra i «764 casi con link epidemiologico alla regione Sardegna – si legge nel report elaborato dalla Regione Lazio in mano a Il Messaggero -, 449 sono casi con sintomi» da Covid-19. Pronta la replica del governatore sardo Christian Solinas: «Nessuna negligenza. Se guardiamo i numeri sappiamo che fino a luglio la Sardegna aveva 0,3 di sieroprevalenza, un dato certificato dallo stesso ministero della Salute. Ciò significa che nell’Isola il virus non c’era e che qualcuno l’ha portato. E questo perché il governo non ha consentito a questa Regione di avere il certificato di negatività». Quanto alla mancata consegna della lista con i nomi delle persone che hanno frequentato locali e discoteche, soprattutto in Costa Smeralda e Gallura, Solinas ha preso tempo: «Sto acquisendo elementi puntuali», ha chiarito. Intervenuto in Consiglio, in seconda battuta, Solinas ha aggiunto: «Non è utile dire oggi che i casi che registriamo nel Lazio provengono dalla Sardegna perché la Regione non ha controllato i positivi in uscita. Sono gli uffici sanitari di frontiera, marittima e aeroportuale, di competenza del ministero delle Infrastrutture e trasporti, ad avere la responsabilità di controllare la salute di chi passa le frontiere e si muove negli scali».


I mancati controlli alla partenza

Stando al report del Lazio, quasi mezzo migliaio di persone, sottoposte a tampone una volta arrivate a Roma e dintorni, avevano già «tosse, febbre o bruciore agli occhi», scrive l’assessore Alessio D’Amato. Il dossier, elaborato dal Seresmi, il Servizio regionale per la sorveglianza delle malattie infettive e dall’Istituto Lazzaro Spallanzani, sarà sottoposto al ministero della Salute. «È un tema preoccupante – scrive l’assessore alla Sanità del Lazio -, il ministero ora dovrà affrontarlo».


Il contact tracing

C’è un altro dato nel report, pronto per essere spedito a Roberto Speranza e al suo staff. Dei casi positivi legati ai cluster sardi, il 43% è stato scoperto solo grazie al tracciamento a posteriori fatto dai medici delle Asl laziali. Quasi un infetto su due non era stato individuato ai controlli per la Covid-19 allestiti, né in uscita dalla Sardegna né in entrata nel Lazio. Il ministero, a differenza di quanto fatto per Croazia, Grecia, Malta e Spagna, non ha imposto il tampone obbligatorio. I drive-in per i test volontari allestiti dalla sanità regionale del Lazio hanno permesso di scovare solo il 45% dei positivi rientrati dalla Sardegna, quota simile a quel 43% scoperto tramite contact tracing.

«Come Atalanta-Valencia»

Per D’Amato ci sono punti di contatto con il match dello scorso febbraio tra Atalanta e Valencia. A San Siro, sugli spalti, c’erano 45mila spettatori mentre l’epidemia già si diffondeva in Lombardia. Secondo gli esperti, quella partita ha dato un forte contributo nella diffusione del virus al Nord. «Vedo analogie con quello che è successo quest’estate in Sardegna – afferma D’Amato -. Un’esplosione virale senza paragoni, almeno per i tracciamenti che avevamo realizzato fin qui nel Lazio».

Il recap delle infezioni di agosto nel Lazio

In Lazio, «con data del tampone che va dal primo al 28 agosto» sono stati individuati 2.233 casi di Covid-19. Di questi, il 34% ha un link epidemiologico con la Sardegna. L’età media dei nuovi infetti è di 25 anni: la maggior parte dei ragazzi è trattata a domicilio, ma 26 persone sul totale sono state ricoverate per complicanze sopraggiunte con l’evolversi della malattia. «Lo dico senza polemica – conclude l’assessore -, sarebbe stato utile sottoporre ai tamponi tutti i passeggeri all’imbarco sia a Roma che in Sardegna. Ora speriamo che queste analisi e le altre che realizzeremo nei prossimi giorni aiutino a capire ciò che è successo. E cosa non deve ripetersi».

Primo decesso in Sardegna dal 6 luglio

In Sardegna, intanto, s’è registrato il primo decesso della seconda ondata della pandemia. Salvatore Nurra, 78 anni, pensionato di Bonorva, è morto ieri nel reparto di Malattie infettive dell’Aou di Sassari, dove era stato ricoverato il 23 agosto per la positività al Covid-19. Il pensionato, che soffriva di altre gravi patologie, è la prima vittima che si registra nell’Isola dal 6 luglio scorso. Salgono quindi a 135 i morti per Covid in Sardegna dall’inizio dell’emergenza sanitaria.

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