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Quel che resta dei decreti sicurezza di Salvini – L’intervista

06 Ottobre 2020 - 17:49 Valerio Berra
Le multe alle Ong ci sono ancora ma diventano più difficili da attuare. Sulla cittadinanza a chi vive qui, però, è cambiato molto poco

«I decreti Salvini non ci sono più». Mentre ieri sera era in corso la riunione del Consiglio dei ministri, il segretario del Pd Nicola Zingaretti ha condiviso sui social queste parole. Una frase che sembra il punto di arrivo di un percorso lungo oltre un anno, visto che il secondo mandato di Giuseppe Conte alla guida della presidenza del consiglio è cominciato il 9 settembre 2019. Insieme a Quota 100, il decreto Sicurezza e il decreto Sicurezza bis sono stati la battaglia politica in cui l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini si è speso di più.

Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi specializzato in politiche migratorie, ha spiegato però che certo, da un punto di vista formale i decreti voluti da Salvini sul tema immigrazione non ci sono più ma quella del governo Conte 2 non è una «retromarcia perfetta». Anche perchè metà del governo che ha votato quei provvedimenti è ancora a Montecitorio, ed è anche la metà con più seggi in Parlamento.

Si
può davvero dire che
«i
decreti Salvini non ci sono più
»?

«Dipende. Ci sono dei pezzi che sono stati abrogati e dei pezzi che restano. Ci sono grandi cambiamenti e cambiano cose che direi che sono fondamentali al di là degli schieramenti politici. I due punti più importanti riguardano i salvataggi in mare e l’accoglienza dei migranti».

Partiamo dai salvataggi in mare. Uno dei punti aboliti sono le sanzioni amministrative introdotte per le Ong.

«L’impianto normativo è stato stravolto. Non esistono più le multe per i divieti di ingresso, esistono le sanzioni amministrative che puniscono il caso (più unico che raro) che un’imbarcazione non avverta le autorità che è stato fatto un salvataggio. Leggendo i nuovi decreti possiamo immaginare che tutte le possibilità di sanzioni e confisca delle navi scompaiano».

Basta
un decreto per fermare le crisi dei migranti in mare?

«No, le crisi c’erano anche prima dei decreti sicurezza. Pensiamo al caso Diciotti, era l’agosto del 2018 quando è cominciato. Salvini era ministro dell’interno ma i decreti sicurezza non c’erano ancora. Dobbiamo guardare poi anche i numeri che abbiamo registrato nell’ultimo anno. Dal giugno del 2018 ci sono state 28 crisi in mare con Salvini e 33 con la Lamorgese».

Con
una differenza però: il divieto di entrare nei porti

«Lamorgese non ha mai vietato l’ingresso nelle acque territoriali. Chiedeva però alle Ong di attendere. Ma c’è anche un’altra cosa: con Salvini prima di sbarcare le navi in media aspettavano otto giorni mentre Lamorgese ne aspettano quattro. Prima del 2018 le navi delle Ong non dovevano aspettare nemmeno un giorno. Questi tempi non penso che cambieranno molto con il nuovo decreto».

Pr
quanto riguarda la cittadinanza invece, il nuovo decreto riduce da
quattro a tre anni il tempo della richiesta nei casi di
naturalizzazione e matrimonio. È davvero un passo avanti?

«È interessante perchè è l’esito di una mediazione. Prima del decreto Sicurezza l’attesa amministrativa era due anni. Quel decreto però era stato approvato dal Movimento 5 Stelle: era normale non attendersi una retromarcia perfetta. Un’attesa amministrativa di tre anni resta però davvero alta.

Facciamo un esempio: una persona dopo il 18° anno di età o il 10° anno di residenza ora deve aspettare tre anni prima che l’amministrazione dia la cittadinanza. E questo, di fatto, aumenta l’età in cui puoi avere la cittadinanza italiana a 21 anni, se sei nato in Italia, e 13 anni di residenza. Se tu sei rifugiato tu poi, puoi fare la richiesta della cittadinanza dopo quattro anni ma con questa norma vuol dire che diventano sette».

L’ultimo
grande cambiamento dei nuovi decreti è la protezione internazionale.
Un ritorno al passato con la protezione umanitaria?

«Sì,
è un po’ un ritorno a quello che succedeva prima. Noi avevamo tre
livelli di protezione: lo status classico di rifugiato, una
protezione sussidiaria, che si da a tutte le persone che non possono
dimostrare di essere perseguitate ma arrivano da Paesi in guerra o
dove vige la pena di morte, e poi la protezione umanitaria. Quando
Salvini aveva fatto il decreto diceva che era troppo diffusa: e in
effetti veniva assegnata a circa due migranti su tre.

Reinserire questa protezione, che era stata tolta dai decreti Sicurezza, è del tutto lodevole. Toglierla ha voluto dire semplicemente aumentare il numero di migranti irregolari che si trovano sul nostro territorio, un dato che è salito da 530 mila a 600 mila. E un migrante che si trova in stato irregolare è 20 volte più a rischio di commettere crimini».

Con questi nuovi decreti aumenteranno i flussi migratori diretti verso l’Italia?

«Posso dire che tutte le riforme fatte in Italia hanno avuto un effetto minimo sui flussi migratori. Al massimo può incidere il cambio di governo. L’arrivo del Conte 2 ha fatto registrare un piccolo aumento nato dalla notizia che non c’era più Salvini al governo. A cambiare davvero i flussi sono gli eventi fuori dall’Italia, ad esempio in Libia. Sono altri i push factor, i motivi che spingono le persone a muoversi dai Paesi di origine».

Foto di copertina: Elaborazione di Vincenzo Monaco

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