Coronavirus, Cartabellotta (Gimbe): «Misure troppo blande. La “non-strategia” porterà a un lockdown»

di Giada Giorgi

«Attenzione alle decisioni prese sui numeri giornalieri». La posizione del presidente di Fondazione Gimbe è chiara: poca prevenzione, sistema in tilt e misure ancora troppo poco restrittive

Misure troppo deboli. Non ha dubbi il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta, che da mesi monitora l’andamento della curva epidemica di Covid-19. L’avanzata del virus è preoccupante e gli interventi attuali per arginarla, secondo il presidente, non sarebbero proporzionali alla gravità del rischio che il Paese sta correndo. Il punto chiave sottolineato da Cartabellotta è la priorità di tutelare l’economia a discapito di una strategia volta all’indebolimento della trasmissione del virus. Una linea che bocciata anche dal professor Crisanti.


«La scelta di non introdurre misure più drastiche per tutelare l’economia mette in luce la ‘non-strategia’ di pianificare le restrizioni sui numeri del giorno». Le parole di critica di Cartabellotta colpiscono direttamente il governo centrale, individuando come prima componente della “non – strategia” la decisione di farsi guidare dai dati giornalieri senza fare attenzione a un trend più ampio e quindi più rivelatore.


Le ragioni di un sistema in tilt

Alla luce di una prima ondata vissuta, il piano di lotta al virus sarebbe dovuto essere più lungimirante. La mancata prevenzione in risorse e monitoraggio secondo Cartabellotta ora «favorisce inesorabilmente l’ascesa dei contagi e vanifica gli effetti delle misure». Alla base, alcune ragioni evidenti che il presidente di Gimbe elenca con dati annessi.

«La prima è che i numeri riportati quotidianamente dal bollettino della Protezione Civile non rispecchiano affatto i casi del giorno perché dal contagio alla notifica intercorre un ritardo medio di 15 giorni». Uno scarto confermato dallo stesso Istituto Superiore di Sanità secondo cui il tempo mediano tra l’inizio dei sintomi e il prelievo/diagnosi sarebbe di 3 giorni e spesso anche di più, «considerando i tempi di analisi di laboratorio e di refertazione».

L’altra non secondaria ragione spiegata dal presidente di Gimbe è la difficoltà nell’attività di «testing & tracing» per i casi asintomatici. Una comunicazione di casi dalle Regioni alla Protezione Civile che non avverrebbe in tempo reale. «Ad esempio, nella settimana 5-11 ottobre, meno di un terzo dei casi è stato notificato entro 2 giorni dalla diagnosi, il 54% tra 3 e 5 giorni e il 14% dopo oltre 6 giorni» chiarisce Cartabellotta, aggiungendo poi come tale ritardo «aumenti progressivamente» a causa del crescente numero di casi.

La terza componente di quella che Gimbe definisce “non-strategia” è la mancata alleanza tra politica e cittadini. «Numeri a parte», spiega Cartabellotta, «il contenimento della seconda ondata doveva inevitabilmente poggiare, già alla fine del lockdown, su tre pilastri integrati». Rispetto delle regole anti virus, potenziamento dei servizi sanitari ma anche la «piena sintonia tra Governo, Regioni ed Enti locali».

«Trend esponenziale»

Sulla questione del carattere esponenziale della curva dibattuta negli ultimi giorni, i dati della Fondazione Gimbe smentiscono la posizione del presidente del Consiglio superiore di Sanità, Franco Locatelli. «La curva dei contagi ha ormai assunto un trend esponenziale: nella settimana 13-19 ottobre il numero dei casi attualmente positivi è salito da 82.764 a 134.003 (+53,7%) e il rapporto positivi/casi testati in una settimana è cresciuto dal 6,4% al 10,4%».

Numeri confermati, secondo Cartabellotta, anche dai dati riguardanti i pazienti ricoverati con sintomi, «aumentati negli ultimi 7 giorni da 4.821 a 7.676 (+59,2%)» e di quelli in terapia intensiva «da 452 a 797 (+76,3%)». Il sovraccarico registrato in diverse Regioni si aggiunge alla sottostima delle attività di testing e tracciamento contatti, problemi secondo Gimbe attualmente sottovalutati dalle misure restrittive decise dal Governo.

A proposito del tema, Cartabellotta sottolinea il mancato allineamento tra le misure dei due ultimi Dpcm e la circolare del 12 ottobre del Ministero della Salute in cui vengono delineati quattro scenari di evoluzione dell’epidemia. «Considerato che diverse Regioni sono ormai nella fase di rischio alto/molto alto, è inspiegabile che le misure raccomandate non siano state introdotte dal nuovo Dpcm», critica il presidente.

«Così lockdown inevitabile»

Il Paese non sarebbe riuscito a prevenire la risalita della curva epidemica «quando avevamo un grande vantaggio sul virus» e ad oggi la “non-strategia” si rivela nella visione di Gimbe l’ennesima scelta anacronistica. «Pianificare su modelli predittivi ad almeno 2-3 settimane» è la soluzione predicata da Cartabellotta. In alternativa, l’ombra del lockdown comincerebbe ad essere una reale possibilità che Cartabellotta, come molti altri, pregano di scongiurare.

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