Dentro la battaglia di Milano al Coronavirus. Il direttore del San Paolo: «La nostra sfida? Continuare a curare i pazienti non Covid»

di Valerio Berra

In Lombardia la percentuale di pazienti ricoverati in terapia intensiva è del 15,69%. La soglia non è ancora critica ma la Regione ha deciso di ridurre gli interventi di chirurgia ordinaria

La notte tra il 22 e il 23 ottobre è stata la prima notte di coprifuoco a Milano. Alle 23 tutto chiuso, fino alle 5 del giorno dopo. Ci si muove solo per esigenze lavorative, situazioni di necessità, di urgenza o motivi di salute. In quella stessa notte all’ospedale S. Paolo, uno dei più grandi di tutta la città, sono arrivati 92 pazienti. 65 erano Covid, circa 7 su 10. È questo il dato più preoccupante per Matteo Stocco, direttore generale dell’Asst che unisce l’ospedale S. Paolo e il S. Carlo. Un dato che lascia dedurre una cosa: i pazienti hanno ricominciato ad aver paura ad entrare nelle strutture sanitarie.


«Ora dobbiamo riuscire a tenere attive le linee per i pazienti non-covid. Fino a questo momento non abbiamo saltato nessuna delle sedute chirurgiche che avevamo fissato ma è evidente che c’è una riduzione dei pazienti che stanno arrivando da noi», spiega Stocco. Il rischio quindi è che pazienti che hanno sintomi di altre malattie scelgano di non entrare in ospedale: «Non si può rimanere a casa con sintomi tipici dell’infarto o problematiche che si possono aggravare».


Il caso Codogno e i focolai nelle strutture sanitarie

A fine febbraio uno dei primi focolai di Coronavirus è stato quello dell’ospedale di Codogno, dove è stato la Covid-19 è stata diagnostica a Mattia Maestri, conosciuto dalle cronache come Paziente 1. Oggi questo rischio c’è ancora, come hanno dimostrato i casi di contagio all’ospedale Sacco. Ma, ci spiega Stocco, sono state attivate anche tutte le procedure per evitarlo: «Il nostro non è un ospedale Covid, è un ospedale per tutte le patologie. Abbiamo percorsi separati per i pazienti Covid e non Covid, termoscanner all’ingresso e test rapidi per capire subito che tipo di paziente abbiamo davanti. Senza contare che la metà delle persone che vengono diagnosticate come positive sono curate a casa. Ora il nostro compito è mantenere un servizio sanitario accessibile a tutti».

Le terapie intensive in regione e la scelta sulle operazioni chirurgiche

In tutta la regione la percentuale di pazienti Covid ricoverati in terapia intensiva è arrivata al 15,69%, una soglia che al momento non è allarmante ma che ha un incremento costante. Da giorni l’Ospedale Sacco non accetta più pazienti che non siano Covid e il 23 ottobre l’ospedale di Fiera Milano, poco utilizzato durante nella prima ondata, ha accolto il suo primo paziente. Nonostante tutto questo, visto l’andamento dei contagi, Regione Lombardia ha deciso di cominciare a ridurre, gradualmente, l’attività chirurgica ordinaria, specificando però che questa misura varierà a seconda delle condizioni di ogni ospedale.

Continua a leggere su Open

Leggi anche: