Dal Mediterraneo orientale all’islamismo: dietro allo scontro tra Erdogan e Macron c’è una rivalità politica che fa comodo a entrambi

di Cristin Cappelletti

Francia e Turchia sono sempre più distanti, ma nessuno dei due capi di Stato ha intenzione di abbassare i toni

L’attentato terroristico, probabilmente di matrice islamista, di oggi a Nizza ha riacceso nuovamente il dibattito sull’Islam radicale in Francia. Tre persone sono state uccise, e una di queste è stata decapitata proprio come l’insegnate Samuel Paty, assassinato in Francia due settimane fa. Una morte che ha portato il presidente francese Emmanuel Macron ad annunciare una controversa campagna per cambiare le pratiche dell’Islam in Francia, con una stretta su moschee e luoghi di culto. La decisione non è stata ben digerita dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan che, dopo aver detto a Macron di farsi curare per problemi mentali, ha invitato i Paesi musulmani a boicottare i prodotti francesi.


Una rivalità strategica

Francia e Turchia, seppur alleati Nato, hanno visto i propri rapporti precipitare ai minimi storici con un braccio di ferro che ha raggiunto l’apice della tensione. Ma nello scontro tra i due rivali non ci sono né vittime né carnefici. Quella tra i due Paesi è una rivalità che fa comodo a entrambi, e soprattutto ai loro capi di Stato, che più che una battaglia ideologica, ne hanno fatto una questione di prestigio personale. La strategia di Erdogan è la stessa usata da quando nel 2002 è diventato primo ministro, e poi presidente della Turchia.


Dopo aver bussato alle porte dell’Europa per ottenere l’ingresso di Ankara nell’Unione europea, e il seguente naufragio dei colloqui, Erdogan ha spinto per una politica neo-ottomana e un ruolo chiave della Turchia tra i Paesi musulmani. Per farlo ha sfruttato ogni occasione per mettere in evidenza l’ipocrisia europea di fronte al trattamento dei rifugiati, ottenendo nel 2016 un accordo con Bruxelles per il blocco dei flussi.

Un anno dopo, con l’elezione di Macron, la politica estera francese è cambiata. Il confronto col leader turco e con la sua politica molto pressante nei confronti dell’Europa, ha influenzato direttamente i piani del presidente francese. Nell’ultimo anno, in particolare, Turchia e Francia si sono scontrate su più fronti, dalla Libia, con l’appoggio di Erdogan a Sarraj e quello di Macron ad Haftar, alla Siria. Macron aveva criticato l’intervento turco contro i curdi nel nord-est del Paese.

Ma più di recente è nel Mediterraneo orientale che il conflitto tra i due leader si è fatto più teso. Macron si è schierato con Grecia e Cipro sui diritti per l’esplorazione delle risorse e perforazione, di cui Erdogan ne rivendica una parte. Anche in Libano, dopo l’esplosione al porto di Beirut, i due leader, hanno trovato terreno fertile per un confronto. Ankara rivendica un ruolo di influenza storico, mentre per Macron il Paese è ancora un quartiere francese in Medio Oriente.

Con l’addio di Merkel, ora tocca a Macron

Dopo le nuove regole sull’Islam in Francia, e il contrattacco di Erdogan, è evidente che non sia nell’interesse di nessuno dei due presidenti abbassare i toni. Il presidente turco ha bisogno di distogliere l’attenzione dal disastro economico in patria, mentre Macron può finalmente presentarsi come il difensore degli interessi europei contro l’autoritarismo turco e la minaccia islamista.

Come ha fatto notare l’editorialista e corrispondente da Parigi del Washington Post, invece di affrontare l’alienazione dei musulmani francesi, specialmente nei ghetti urbani, è molto più facile per il presidente francese «mirare a influenzare la pratica di una fede vecchia 1.400 anni, con quasi 2 miliardi di seguaci pacifici in tutto il mondo, di cui decine di milioni in Occidente».

Con Angela Merkel che nel 2021 terminerà il suo quarto mandato come cancelliera, e la cui ricandidatura sembra impossibile, l’occasione è perfetta per Macron per presentarsi come l’ultimo baluardo dei valori europei contro le minacce esterne. Entrambi i leader stanno giocando a un gioco pericoloso. Che rischia di non finire bene.

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