Coronavirus, le Regioni “stoppano” il Dpcm: ecco cosa chiedono al governo

di Fabio Giuffrida

È scontro tra esecutivo e Regioni che chiedono di essere coinvolte nella definizione delle aree a rischio e pretendono maggiori garanzie sui rimborsi da destinare agli esercenti, costretti a chiudere. Ma c’è anche la richiesta di sospendere i tributi e di lasciare aperti i negozi di igiene personale

Il Dpcm era atteso per stasera ma qualcosa deve essere andato storto. Potrebbe essere stato il pressing, o meglio lo stop, delle Regioni a far slittare di qualche ora la firma del provvedimento contenente le nuove misure per contenere la pandemia del Coronavirus. Lo scontro tra governo e Regioni non è più un mistero ed emerge chiaramente nella lettera inviata dal presidente della Conferenza delle Regioni e province autonome, Stefano Bonaccini, al premier Giuseppe Conte e ai ministri Roberto Speranza e Francesco Boccia dopo il confronto sul nuovo Dpcm.


Cosa chiedono le regioni al governo

Le Regioni anzitutto chiedono di essere coinvolte nella definizione delle aree a rischio, ovvero in quelle tre fasce di rischio in cui verrà deciso, per le prossime settimane, il destino di interi territori. Ci saranno Regioni in cui, in sostanza, si fermerà tutto, altre in cui i bar e i ristoranti potranno aprire regolarmente (chiudendo, però, alle 18). Per questo i presidenti di Regione chiedono a gran voce che il governo adotti misure univoche e omogenee su tutto il territorio nazionale chiarendo anche chi può disporre la chiusura al pubblico di strade e piazze per evitare assembramenti.


I ristori per sostenere le attività commerciali chiuse

Da una parte, quindi, le Regioni non vogliono assumere da sole decisioni forti e impopolari, dall’altra chiedono di essere maggiormente coinvolte soprattutto in scelte che andranno ad incidere fortemente sul tessuto socio-economico, già messo in ginocchio dalla pandemia. La richiesta, adesso, forte e chiara, è quella di avere maggiori garanzie sul ristoro per le attività commerciali che saranno chiamate ad abbassare le saracinesche e che, adesso, chiedono misure di sostegno economico rapide ed efficienti. Non c’è più tempo da perdere.

Secondo la Conferenza delle Regioni, dunque, queste misure – se venissero approvate, così come si legge sulla bozza del nuovo Dpcm – rischierebbero di «comprimere ruolo e compiti delle Regioni» attribuendo, di fatto, «al governo ogni scelta e decisione sulla base delle valutazioni svolte dagli organismi tecnici». Accanto al Dpcm, poi, andrebbe varato anche un provvedimento di legge che, in maniera chiara, metta nero su bianco «l’ammontare delle risorse, le modalità e i tempi di erogazione delle stesse, con le quali si procede al ristoro delle attività economiche che hanno subito e subiscono limitazioni, sospensioni o chiusure».

Sospensione dei tributi

E non solo. Bisognerebbe procedere alla sospensione dei tributi, relativi agli anni fiscali 2020 e 2021, per le attività economiche coinvolte nelle chiusure, oltre ad approvare «misure normative e adeguate risorse finanziarie per i necessari congedi parentali per tutti i lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e misure economiche di conciliazione per i lavoratori autonomi».

Nessuna chiusura per negozi di igiene personale e di cibi per animali

Infine le Regioni chiedono al governo di valutare la possibilità di prevedere forme di flessibilità per la didattica in presenza per le scuole primarie e secondarie di primo grado e di aggiungere, tra le attività da tenere aperte, anche quelle di igiene personale e della casa, di cibi per animali e cartoleria per le scuole.

Foto in copertina di repertorio: ANSA/CLAUDIO PERI

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