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Coronavirus, i numeri in chiaro. Il virologo Maga: «Siamo ancora nel pieno dell’ondata. Massima attenzione per gennaio»

07 Dicembre 2020 - 20:23 Cristin Cappelletti
Per il direttore dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr «mascherina, distanziamento e igiene» saranno fondamentali per evitare che la stagione influenzale porti a una situazione fuori controllo

Secondo il monitoraggio della Protezione Civile e del ministero della Salute, con oltre 2.550 nuovi casi di Coronavirus, il Veneto è la Regione che nelle ultime 24 ore ha registrato più contagi, davanti a Emilia Romagna e Lombardia. «Sembra che la diffusione dell’epidemia rallenti molto più lentamente rispetto alle altre Regioni», spiega a Open il virologo dell’università di Pavia, Giovanni Maga.

Professore, siamo davanti a un “caso Veneto”?

«Se guardiamo al numero assoluto è difficile fare un’analisi. Sicuramente dagli ultimi dati del ministero della Salute è emerso come nella Regione l’indice Rt risulti essere ancora superiore a uno. C’è da dire, però, che riguardo alla pressione sul sistema sanitario il Veneto si trova in una situazione migliore di altre Regioni. Sta scendendo sotto le soglie di criticità sia delle terapie che dei ricoveri. Se da un lato sembra che ci sia una circolazione attiva del virus, dall’altro questo andamento non sembra riflettersi su un carico del sistema sanitario. Forse la Regione dovrà lavorare di più rispetto al tracciamento, ma complessivamente non sembra in una situazione critica. E’ molto più in difficoltà il Piemonte dove, a fronte di un apparente rallentamento dell’infezione, c’è una quota significativa di persone ancora ricoverate».

A un mese dal dpcm che introduceva la divisione dell’Italia a zone, che impatto hanno avuto le misure?

«Nelle ultime due settimane abbiamo abbassato molto la circolazione del virus a livello nazionale e ci sono anche segnali di alleggerimento del sistema sanitario. Globalmente, guardando a quello che stiamo facendo, si può dire che stiamo gestendo al meglio quello che è il periodo più pericoloso dell’anno, ovvero quello a cavallo tra dicembre e gennaio. Sono mesi in cui ci si aspetta la massima intensità dell’epidemia. Per ora le misure messe in campo con la limitazione degli spostamenti ci hanno aiutato a contenere una situazione che se lasciata andare può sfuggire rapidamente di mano».

Anche il nuovo dpcm per Natale e Capodanno sta andando nella giusta direzione?

«Possiamo dire che il governo ha messo in campo un compromesso. Guardando i numeri ci può essere una logica nell’avere un allentamento in determinati settori. Va benissimo ridare la possibilità a certi esercizi commerciali di riaprire. Ma, ovviamente questo periodo natalizio dev’essere vissuto dal cittadino in maniera responsabile. Se si aprono i negozi e la gente si ammassa per lo shopping potremmo avere qualche problema. Anche se, con tutto il peso psicologico di dover decidere sul periodo delle feste, gli spostamenti nei giorni più intensamente soggetti a queste manifestazioni di socialità non controllata andavano assolutamente limitati. Il concetto è che siamo nel piano di una stagione epidemica e per questo non dobbiamo pensare che ne stiamo uscendo. Siamo nei mesi più difficili e pericolosi, ed è chiaro che se non vogliamo che la situazione diventi ancora una volta critica dobbiamo avere un atteggiamento estremamente prudente».

Che cosa ci dice invece il dato sui decessi che continua a rimanere alto?

«Sono numeri difficili da interpretare. Questi decessi riflettono una situazione di dieci – quindici giorni fa. Sono la fine di un’evoluzione della malattia. La popolazione che costituisce questi decessi non è cambiata, stiamo parlando di una fascia d’età tra i 70 e gli 80 anni in cui il 90% ha a suo carico delle patologie importanti. È sicuramente una popolazione estremamente fragile. Tuttavia, ancora oggi è difficile fare delle valutazioni su come poi vengano conteggiati o classificati questi decessi non avendo a disposizione i dati grezzi. Ma sicuramente c’è un eccesso di mortalità importante in questa fascia d’età».

Con 144 nuovi ingressi, qual è invece la situazione delle terapia intensive?

«Per fortuna numericamente si vede che la percentuale di persone che arriva in terapia intensiva non è elevata rispetto non soltanto ai ricoveri, ma anche a quell’enorme quota di persone infette. Un fatto che indica come i numeri siano gestibili e come abbiamo una maggiore capacità di assistere il paziente anche a casa. Non solo: c’è anche una migliore gestione del paziente ricoverato, riusciamo a evitare che la maggior parte arrivino a una condizione critica. Tuttavia non possiamo aspettarci che questi ricoveri scompaiano: avremo un lungo strascico di persone ricoverate e purtroppo anche di decessi. Diventa quindi essenziale abbassare la circolazione del virus anche per dare il tempo alle persone ricoverate di guarire ed essere dimesse. I flussi al momento sono apparentemente sotto controllo. Se manteniamo questi livelli possiamo passare la fase più difficile, quella tra dicembre e gennaio, senza andare in crisi».

Tra gli annunci contenuti nell’ultimo dpcm c’è quello della riapertura delle scuole a gennaio. Decisione giusta?

«Sono un po’ titubante sul fatto di far ripartire le scuole superiori così presto. Avrei aspettato fino all’inizio di febbraio. Se le elementari e medie non rappresentano un motore importante nella diffusione dei contagi, le scuole superiori sono un problema sia per la tipologia di studenti, ovvero adolescenti che hanno molte più occasioni di socialità rispetto ai bambini, sia per gli spostamenti. Le scuole superiori portano a molti più spostamenti, e sarà quindi importante riuscire a gestire afflussi e deflussi. Il rischio non è tanto all’interno della struttura scolastica, quanto all’esterno. E quindi bisogna essere già in grado di gestire i mezzi di trasporto nel modo migliore possibile. Tuttavia, non tutte le regioni e le province hanno gli strumenti per diminuire la capacità dei mezzi, aumentando le corse. Bisognerà stare molto attenti».

Oltre alla scuola, a gennaio si dovrà gestire anche l’arrivo della stagione influenzale. Cosa ci aspetta?

«Intanto un dato positivo è che grazie alle misure di contenimento per il Coronavirus l’influenza sembra essere in ritardo. In questo periodo anche nelle scuole c’è un’incidenza inferiore delle malattie stagionali perché i ragazzini hanno la mascherina. Fintanto che permarranno queste attenzioni possiamo sperare che la circolazione del virus influenzale sarà bassa. Tuttavia, il virus c’è e se gli si dà l’occasione di circolare nei momenti di picco si vedono di solito centinaia di migliaia di persone infette alla settimana. Se ci saranno sintomatologie importanti l’influenza caricherà il sistema sanitario e allora potremmo avere una situazione critica. Dovremmo quindi avere un atteggiamento cauto a gennaio e continuare a seguire misure di prudenza. Il distanziamento, la mascherina e l’igiene devono continuare a essere il nostro vangelo. Al momento questa è l’unica cosa che possiamo fare per mantenere sotto controllo la situazione epidemiologica evitando il peggio».

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