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Vaccini agli amici e passaggi all’Ikea con l’auto di servizio: indagato il direttore dell’ospedale in provincia di Cosenza

14 Gennaio 2021 - 10:27 Giada Giorgi
Per l’accusa, il direttore dell’Ospedale di Cetraro-Paola da giugno 2020 avrebbe eseguito anche tamponi illegittimi a numerosi conoscenti

Somministrava il vaccino anti Covid-19 agli amici senza rispettare le priorità previste dal piano vaccinale ed eseguiva tamponi illegittimi ai conoscenti. Queste alcune delle accuse principali verso il direttore sanitario dell’Ospedale di Cetraro-Paola, provincia di Cosenza, il cui nome secondo quanto riportato dal Corriere della Calabria corrisponderebbe a Vincenzo Cesareo. Attualmente in custodia cautelare su richiesta del Procuratore Pierpaolo Bruni, il dirigente è indagato anche per truffa, peculato e falso in atti pubblici.

La vicenda

Il medico dell’Azienda sanitaria avrebbe inoltre distribuito fuori dalla struttura dove lavorava presidi medici ospedalieri a numerosi conoscenti e usato a fini personali anche l’auto di servizio. La macchina dell’azienda sarebbe stata utilizzata da Cesareo per recarsi all’Ikea di Salerno, accompagnare amici e parenti in aeroporto, andare a pranzi e cene in ristoranti fuori regione, a volte anche pernottando in strutture alberghiere.

Comportamenti che gli sono costati un’interdizione dal lavoro per 12 mesi, nel quadro di un’indagine andata avanti per quasi un anno con intercettazioni telefoniche, osservazione e pedinamenti da parte degli investigatori. Secondo l’accusa il medico avrebbe tra le altre cose effettuato tamponi per Covid-19 «a beneficio di numerosi soggetti a lui vicini» fin dal giugno 2020.

I precedenti

Il caso di Cosenza si aggiunge agli episodi accaduti nelle ultime settimane proprio in merito alla somministrazione illecita di vaccino anti-Covid. Oltre all’indagato in Calabria, anche nel Modenese i due medici e il volontario sospesi dall’incarico avevano iniettato lo il vaccino Pfizer a parenti ed amici a fine giornata di vaccinazione. I Nas di Parma e i carabinieri del comando provinciale parmense avevano accertato la somministrazione di 6 dosi fuori dalle priorità di popolazione indicate dal governo. I tre si erano difesi parlando di una fiala avanzata che in alternativa «sarebbe andata buttata».

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