La Recovery and Resilience Facility è stata approvata. Il nuovo corso della Lega in Europa e la sovranità della Commissione sul Recovery Fund

Comincia una nuova fase per la Lega. Se la svolta europeista e l’appoggio al governo Draghi dovessero durare, nel Parlamento Europeo il partito guidato da Salvini potrebbe passare dagli euroscettici di Identità e Democrazia ai moderati del Partito Popolare Europeo

La plenaria del Parlamento europeo ha votato il regolamento della Recovery and Resilience Facility (RRF) da 672 miliardi di euro, la parte più importante del pacchetto da 750 miliardi del Next Generation EU (Ngeu). Dopo la consultazione dei vertici della Lega con il premier incaricato Mario Draghi, e una videoconferenza di Matteo Salvini con i suoi eurodeputati, la Lega ha votato a favore. Un mese fa si erano astenuti. Il supporto al Recovery Fund, ma soprattutto al governo Draghi, mette in discussione la permanenza a lungo termine della Lega nel gruppo Identità e Democrazia (ID), il più euroscettico, di cui si trovano l’estrema destra tedesca di AfD e quella francese del RN, il partito di Marine Le Pen.


In teoria ID lascia la massima libertà d’azione ai partiti che la compongono, ma nel lungo periodo sarà difficile la convivenza tra agende politiche così diverse. Draghi ha detto di puntare alla creazione di un bilancio comune dell’eurozona (inconcepibile per AfD), e da premier avrà nel presidente francese Emmanuel Macron un alleato naturale (inaccettabile per il RN). Non sarà facile, non sarà breve e nessuno vuole ammetterlo, ma con le decisioni di ieri inizia il viaggio della Lega verso il PPE, come auspicato in passato da Giancarlo Giorgetti.


Sulla carta, se la Lega si unisse al gruppo dei popolari europei avrebbe la più grande delegazione insieme alla CDU/CSU tedesca (entrambi con 29 eurodeputati), e potenzialmente la più grande di tutto il gruppo vista la presenza di Forza Italia (altri 7). Il presidente del PPE, il tedesco Manfred Weber, di questo non parla. Molto chiara invece la sua posizione sul governo Draghi, giudicato come «qualcosa di cui l’Europa ha bisogno, il miglior risultato possibile venuto fuori dalla crisi italiana».

I prossimi passi del Recovery Fund

L’approvazione della RRF segna uno dei passaggi più importanti della costruzione del Recovery Fund. Il prossimo passaggio chiave è la ratifica della decisione sulle risorse proprie nei 27 Parlamenti nazionali, la base giuridica con cui fornire le entrate aggiuntive del bilancio dell’Unione europea. Anche se non dovrebbero esserci brutte sorprese, le ratifiche nei Parlamenti nazionali non sono una semplice formalità, in alcuni Paesi frugali infatti sono possibili delle resistenze che i governi dovranno affrontare.

Negli stessi mesi, da qui a fine aprile, i governi locali continueranno a lavorare con la Commissione europea per definire gli investimenti e le riforme da intraprendere, fino alla presentazione delle versioni finali dei Recovery Plan. Secondo le fonti del Financial Times, sono solo 6 gli Stati membri ad aver inviato dei piani di rilancio quasi completi. Altri 18 hanno portato delle bozze avanzate ma ancora incomplete, tre non hanno presentato nessuna bozza.

Alle voci dei piani di rilancio verranno assegnati dei voti che vanno da A a C, per ottenere l’approvazione della Commissione il piano dovrà guadagnare almeno 7 voti A su 11. Dopo la fine aprile, la Commissione avrà altri due mesi di tempo per approvare i piani e sbloccare i primi fondi del Ngeu. La credibilità della più coraggiosa impresa economica congiunta dell’Unione dalla creazione dell’euro dipende dai come saranno spesi i fondi comunitari nei Paesi che ne hanno più bisogno, e dal modo in cui gli investimenti saranno coerenti con gli obiettivi e le riforme economiche necessarie.

La sovranità della Commissione europea

Con il Recovery Fund la Commissione riceve un grande potere. Bruxelles è stata fin dall’inizio l’arbitro dei Recovery Plan, e nei prossimi anni controllerà costantemente l’operato dei governi, con il potere di bloccare – in parte o del tutto – i trasferimenti di denaro destinati agli Stati membri che non dovessero raggiungere gli obiettivi concordati (le milestone) nei piani di rilancio.

I funzionari europei sottolineano ogni volta che possono che la regolarità degli esborsi è basata sulla qualità dei risultati raggiunti. Ciò significa che i governi dovranno dimostrare che stanno rispettando scadenze e obiettivi stabiliti nei piani di ripresa: in termini di avanzamento dei progetti, degli investimenti e della realizzazione delle riforme promesse.

Le riforme previste nei piani devono rispondere alle raccomandazioni specifiche per Paese, che coprono aree politicamente sensibili come il mercato del lavoro, le pensioni, la pubblica amministrazione e i sistemi giudiziari. La differenza rispetto al passato è che stavolta la Commissione potrà esercitare un potere molto più concreto: controlli semestrali con potere di veto sui trasferimenti di denaro.

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