L’Italia ostaggio delle nuove varianti del Coronavirus. La mappa delle mutazioni regione per regione

Il numero delle sequenze di mutazioni depositate dall’Italia nella banca dati mondiale risultano pari a 1,3 ogni 1000 casi. Un dato bassissimo che nasconde di nuovo una mancata strategia preventiva

È una mappa quella delle varianti presenti in Italia che non smette di colorarsi di ora in ora. Le aree critiche continuano a spuntare su tutto il territorio nazionale, ormai nel terrore di una terza ondata di contagi trainata dalle nuove mutazioni di Covid-19. «Le varianti possono essere catastrofiche» ha detto ieri Angela Merkel annunciando l’estensione del lockdown per la Germania fino al 7 marzo. I Paesi già in ginocchio scelgono misure restrittive, consapevoli che nessuna campagna di vaccinazione può presentarsi al momento come soluzione immediata al problema.


In Italia la strategia d’azione è confusa: mentre sempre più territori lottano in autonomia contro le nuove forme del virus, il governo nazionale è concentrato a discutere su riaperture e coprifuoco da attenuare. La domanda urgente è su cosa si stia facendo per rintracciare le varianti: lo scenario da scongiurare, e in parte già accaduto, è la sottovalutazione del rischio, una piaga pagata a caro prezzo nei primi mesi di epidemia.


La mappa attuale della variante inglese in Italia

Ha messo in ginocchio il Regno Unito per poi arrivare nel Paese a metà dicembre. La mutazione di Covid-19 chiamata “inglese” è atterrata all’aeroporto di Fiumicino con un volo proveniente da Londra. Il Dipartimento Scientifico del Policlinico Militare del Celio aveva immediatamente sequenziato il genoma del virus SARS-CoV-2. Da lì la cascata di segnalazioni che a distanza di due mesi non accenna ad arrestarsi anzi peggiora: secondo il monitoraggio fornito nelle ultime ore dalle Regioni all’Istituto Superiore di Sanità, circa un caso positivo su cinque su territorio nazionale è portatore della variante “inglese”.

Un’evoluzione rapida confermata ad Open pochi giorni fa anche dal prof. Fausto Baldanti del laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo di Pavia, uno dei centri più specializzanti nello studio delle mutazioni: «Abbiamo analizzato 100 genomi scoprendo che, almeno fino al mese di novembre, stavano circolando circa 10 varianti, da quelle spagnole a quelle balcaniche ad altre preponderanti negli Stati Uniti». Ora quella “inglese”, tra le più pericolose, sembra essere state individuata nei seguenti territori:

  • In Lombardia. Attualmente la Regione più colpita in assoluto dalla mutazione che, secondo i dati degli esperti, avrebbe una potenza di contagio del 70% in più rispetto al virus originario. La situazione attuale preoccupa: il 10% dei 1.400 abitanti di Corzano, nel Bresciano, è risultato positivo alla variante inglese. Nelle ultime ore tre istituti scolastici, tra cui una scuola materna, di Bollate sono stati chiusi per un focolaio da variante inglese di circa 59 studenti. Nonostante l’Istituto Superiore di Sanità abbia tranquillizzato sul tema, il timore che la nuova mutazione abbia un effetto molto più forte sui bambini sembra alimentarsi di nuovo, dopo i sospetti già espressi dagli esperti britannici. Altri casi sono stati individuati a Bergamo, Mantova e Cremona.
  • In Piemonte la variante inglese è arrivata a Vercelli e a Cuneo. 2 i casi finora accertati.
  • In Umbria, attualmente l’unica Regione rossa d’Italia, la diffusione dei contagi è fuori controllo. Sono 18 i casi finora risultati positivi alla variante “inglese”. Bastia Umbra, Provincia di Perugia e zona del Trasimeno le aree ad oggi più colpite.
  • In Liguria sono stati accertati 10 casi. Imperia, Sanremo e Ventimiglia le zone dove è scattato l’allarme. Ma l’invasione della nuova mutazione era già avvenuta a fine gennaio con casi accertati a Genova, Savona e La Spezia.
  • In Alto Adige c’è un boom di contagi con circa 18.141 le persone in quarantena. I casi di varianti “inglese” finora accertati sono stati 7 con il pericolo di un ulteriore focolaio da mutazione “sudafricana”.
  • In Friuli Venezia Giulia sono 17 i casi accertati di variante “inglese”. Il materiale sequenziato nei laboratori di virologia delle tre aziende sanitarie del Friuli Venezia Giulia e dalla Salus di Trieste sono stati inviati all’Istituto Superiore di Sanità.
  • In Abruzzo il 40% dei casi di Coronavirus emersi a Pescara negli ultimi giorni è dovuto alla variante “inglese”. L’allarme è anche per la zona di Chieti.

Dove cammina la variante sudafricana

Il primo caso di variante sudafricana in Italia è stato registrato a Varese il 3 febbraio. Rilevata in un uomo rientrato nei giorni scorsi da un paese dell’Africa australe all’aeroporto internazionale di Malpensa, è stata subito isolata e analizzata dall’ospedale di Varese. Il paziente è stato ricoverato nel reparto di terapia intensiva mentre l’Ats continua a monitorare attraverso il tracciamento. Per ora in Molise ed Emilia-Romagna si studiano casi intercettati di varianti non ancora identificate che potrebbero rivelare la presenza di altri focolai da mutazione “sudafricana”.

Insieme a quella “brasiliana” sono quelle più temute non solo per la potenza di contagio ma anche per una possibile azione di indebolimento sul sistema immunitario. La paura è che i vaccini non possano intervenire con l’efficacia sufficiente a combatterle ed è proprio lo studio degli scienziati di Johannesburg ad aver ha evidenziato una totale carenza di difesa da parte di Astrazeneca sulla mutazione in questione. La decisione del Sud Africa è stata quella di interrompere immediatamente le somministrazioni.

I luoghi italiani della variante brasiliana

Segnalata il 10 gennaio 2021 in Giappone da viaggiatori che tornavano dal Brasile, la mutazione cosiddetta “brasiliana” è stata ufficialmente annunciata anche per l’Italia il 25 gennaio 2021. Anche in questo caso Varese è stato il fulcro della diffusione italiana attraverso un uomo rientrato nei giorni scorsi dal Brasile, via Madrid, e atterrato all’aeroporto di Malpensa. La mutazione ha camminato poi raggiungendo l’Abruzzo dove sono stati rilevati 3 casi positivi in una famiglia di Poggio Picenze di ritorno dal Brasile.

Situazione critica anche per Arezzo in Toscana dove poche ore fa è arrivata la conferma di due casi positivi alla variante brasiliana. Un mix di mutazione brasiliana con quella inglese coinvolge in Umbria tutta la provincia di Perugia e parte della provincia di Terni.

Cosa si sta facendo?

Monitoraggio e sequenziamento bassissimo

La circolare di aggiornamento pubblicata dal Ministero della Salute sulla diffusione delle nuove varianti a livello globale, specifica anche alcune delle strategie di controllo necessarie. Oltre a potenziare le precauzioni individuali consigliate anche per i contagi del virus originario, il professor Gianni Rezza dell’Iss fa riferimento alla centralità dei laboratori di sequenziamento e tracciamento. Dovranno essere laboratori cosiddetti P3 e cioè con uno specifico livello di sicurezza, in questo caso molto alto, considerato la scala generale fino a 4.

Il pericolo di una maggiore forza di contagio deve essere combattuto a partire dagli stessi luoghi di monitoraggio, «per scongiurare la diffusione accidentale di una variante attraverso l’esposizione in laboratorio». La necessità, a oggi non solo urgente ma vitale, è quella di aumentare la capacità di sequenziamento. Su questo il documento dell’ente europeo Ecdc suggerisce di eseguire circa 500 campioni selezionati casualmente ogni settimana a livello nazionale, «dando priorità ai casi di reinfezione, ai casi di infezione tra i vaccinati contro Covid-19, e ai contesti ad alto rischio».

Sequenziare e tracciare le due parole d’ordine che al momento in Italia sembrano però non essere la priorità assoluta. Secondo i dati del progetto Covid-Cg che incrocia i numeri delle sequenze depositate sulla banca dati del sequenziamento Gisaid con i contagi dei vari Paesi, al 12 febbraio l’Italia ha depositato 1,3 sequenze ogni 1000 casi diagnosticati di Covid-19. La Danimarca 186, il Regno Unito 49.3, poco meglio dell’Italia fa la Germania con un 1.93 e la Francia con 1.38.

COVID-CG| Livello di sequenziamento nel mondo su 1000 casi

Strategia preventiva assente

Ormai da mesi la lezione che abbiamo dovuto imparare (sempre troppo tardi) è quella di non inseguire la diffusione del virus ma di prevenirla. Appesi al filo di una curva epidemica spesso fuori controllo, il Paese ha cercato di seguire la scia dei contagi trascurando i possibili scenari futuri di diffusione. Sta succedendo anche con le varianti. Tranne che per il blocco dei voli da e per il Regno Unito e Brasile ordinato settimane fa dal ministro della Salute Roberto Speranza, la strategia preventiva per le mutazioni del virus continua a essere il grande assente.

La zona rossa dell’Umbria è arrivato ad ospedali purtroppo già stracolmi, e ora la Toscana, nelle prossime ore forse in arancione, si avvia a uno scenario non troppo diverso. Le questioni discusse sul tavolo del Cts e del ministero della Salute nelle ultime settimane sono state volte a riaperture piuttosto che a chiusure, facendo guardare a Germania e a Israele come a mondi lontani ancora in preda ai picchi di contagi. Per Israele i dati della campagna vaccinale sono tutt’altro che negativi, eppure la scelta di un lockdown condivisa tra l’altro anche Merkel dovrebbe far pensare.

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