Coronavirus, contagi in crescita. Brusaferro (Iss): «Indice Rt nazionale a 0,99. Servono misure più severe»

«L’incidenza dei casi tra gli over-80 sta diminuendo e questo è un primo segnale importante che ci mostra l’importanza di aderire alla campagna vaccinale attivamente. Ciò ha infatti un riflesso sull’incidenza», dice il presidente dell’Istituto superiore di sanità

Dal monitoraggio settimanale dell’Istituto superiore di sanità sull’epidemia di Coronavirus emerge una chiara raccomandazione. Gli scienziati chiedono infatti alle autorità politiche un «innalzamento delle misure su tutto il territorio nazionale», anche a causa della circolazione di varianti Covid a maggiore trasmissibilità. Nella bozza del report che nel pomeriggio verrà trasmesso alla cabina di regia (composta, oltre che dall’Iss, dal ministero della Salute e dalla conferenza delle Regioni), si ribadisce inoltre che occorre «mantenere la drastica riduzione delle interazioni fisiche tra le persone e della mobilità».


«L’incidenza dei casi tra gli over-80 sta diminuendo e questo è un primo segnale importante che ci mostra l’importanza di aderire alla campagna vaccinale attivamente. Ciò ha infatti un riflesso sull’incidenza», dice il presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro, alla conferenza stampa organizzata dal ministero della Salute sull’analisi del monitoraggio regionale della Cabina di regia.


Nel periodo 27 gennaio-9 febbraio l’indice Rt medio calcolato sui casi sintomatici di Coronavirus è stato pari a 0,99, in una forchetta compresa tra 0,95 e 1,07. Il dato è in crescita rispetto alla settimana precedente. A livello nazionale aumenta anche l’incidenza dei casi Covid sulla popolazione. Siamo infatti a 135,46 casi ogni 100 mila abitanti nella settimana che va dall’8 al 14 febbraio, rispetto al valore di 133,13 calcolato nel periodo 1-7 febbraio. L’Iss sottolinea quindi che l’incidenza è lontana dal livello di 50 casi per 100 mila abitanti, che permetterebbe «il completo ripristino sull’intero territorio nazionale dell’identificazione dei casi e del tracciamento dei loro contatti».

I cambi di colore delle regioni

Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, sulla base dei dati e delle indicazioni della Cabina di Regia, firmerà in giornata una nuova ordinanza che andrà in vigore a partire da domenica 21 febbraio. Passano in area arancione le regioni Campania, Emilia Romagna e Molise. Per le altre regioni resta da capire: quello che ormai viene considerato certo è il passaggio in fascia rossa dell’Abruzzo, che ha già messo in lockdown le province di Pescara e Chieti. Ma rischia una stretta ulteriore anche l’Umbria, al momento in arancione. All’estremo opposto la Valle d’Aosta, che invece potrebbe diventare la prima regione in fascia bianca, se verrà confermata per la terza settimana consecutiva un’incidenza di meno di 50 positivi ogni 100 mila abitanti.

Dieci regioni con Rt sopra 1, Umbria a rischio alto

Dal monitoraggio risulta che sono 10 le Regioni e le Province autonome che hanno un Rt puntuale maggiore di 1, di cui nove anche nel limite inferiore, compatibile con uno scenario di tipo 2, in aumento rispetto alla settimana precedente. Una regione, l’Umbria, che ha già sospeso le attività chirurgiche di ricovero programmate e quelle di specialistica ambulatoriale procrastinabili, ha un livello di rischio alto. «Le varianti stanno sostituendo il ceppo originario», ha detto il direttore della Salute della Regione Umbria, Claudio Dario.

Mentre sono 12, rispetto alle 10 della settimana precedente, le regioni a rischio moderato, di cui sei ad alta probabilità di progressione a rischio alto nelle prossime settimane e otto a rischio basso. Lo scenario di tipo 2 indica che l’epidemia potrebbe essere caratterizzata da una costante crescita dell’incidenza dei casi e da un corrispondente aumento dei tassi di ospedalizzazione e dei ricoveri in terapia intensiva. La crescita potrebbe però essere relativamente lenta, senza comportare un rilevante sovraccarico dei servizi assistenziali per almeno 2-4 mesi.

Stabile ma alto il tasso di occupazione delle terapie intensive: 24%

L’Iss osserva infine una stabilità nel numero di territori che hanno un tasso d’occupazione in terapia intensiva e/o in area medica sopra la soglia critica: sono cinque, tra Regioni e Province autonome. Il tasso d’occupazione in terapia intensiva a livello nazionale continua a essere alto, ma sotto la soglia critica del 30%. Tocca infatti il 24%. Complessivamente, il totale di pazienti ricoverati in terapia intensiva è in lieve calo. Si passa infatti dai 2.143 dell’8 febbraio ai 2.074 del 16 febbraio.

Foto di copertina: ANSA | Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità

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