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«Vaccinare tutti con almeno una dose, i richiami possono aspettare». La formula del prof La Vecchia per gli over 80 – L’intervista

23 Marzo 2021 - 09:10 Maria Pia Mazza
Il docente di Statistica medica ed epidemiologia dell’UniMi: «Le dosi arriveranno, ma sarà necessario rendere più accessibili le vaccinazioni, riducendo anche la burocrazia nelle prenotazioni»

La prima fase della campagna di vaccinazione anti-Covid si sarebbe dovuta concludere nel primo trimestre del 2021. Ma, giunti al dunque, la copertura vaccinale della popolazione over 80 non coincide con quella prevista. A oggi, sono state somministrate poco più di 2,5 milioni di dosi alla popolazione di età superiore agli 80 anni. Su scala nazionale, gli ultraottantenni che hanno ricevuto la doppia somministrazione del vaccino sono appena il 14,7% del totale, mentre quelli che hanno ricevuto almeno una prima dose sono il 28,2%. Insomma, la fascia di popolazione italiana che più è stata colpita sul profilo dei decessi e delle ospedalizzazioni non è ancora al sicuro, quando invece «bisognava dare priorità alle fasce d’età più fragili», come ribadito dal dottor Carlo La Vecchia, Professore di Statistica medica ed epidemiologia presso il dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università degli Studi di Milano.

Professor La Vecchia, qual è stato l’impatto del Covid tra gli over 80?

«L’anno scorso c’è stato un eccesso di mortalità legato al Covid: più del 76% erano persone over 80. Se noi riuscissimo a coprire con il vaccino le persone in questa fascia d’età elimineremmo tre quarti dei decessi e anche, in gran parte, dei ricoveri. Se si riuscisse a coprire anche le persone con più di 65 anni elimineremmo circa il 95% dei casi di Covid severo che porta all’ospedalizzazione e ai decessi. Coprire gli anziani è una priorità». 

A quali fattori è dovuta questa mancata copertura vaccinale?

«Alla base, il problema è che nell’Unione Europea scarseggiano i vaccini. Da metà aprile in poi è molto probabile che si riesca a recuperare questa drammatica carenza di vaccino. Dopodiché in Italia abbiamo ricevuto, sino a oggi, oltre 7 milioni di dosi. Queste, in linea teorica, sarebbero state sufficienti a coprire il personale medico sanitario e sociosanitario per rendere gli hub sanitari Covid-free, per poi procedere con le vaccinazioni dei più anziani, andando a scendere con l’età. Molte dosi sono andate a insegnanti, forze dell’ordine e altri: sicuramente è più facile individuare queste categorie rispetto agli over 80, ma non la ritengo una formula efficace. Bisognava dare priorità alle fasce d’età più fragili».

Cos’è andato storto?

«C’è stata una serie di tentennamenti sul tipo di vaccino, che io ritengo errati. Secondo i dati disponibili in letteratura, se noi pensiamo al Covid severo, che è poi quello che causa ospedalizzazione e decessi, la copertura di tutti i vaccini è del 100%. Secondo me tutti i vaccini attualmente disponibili andrebbero usati sulle persone che più ne hanno bisogno. Se noi le impiegassimo ora sulle fasce più a rischio potremmo accelerare la copertura ed evitare molti decessi e ricoveri nelle prossime settimane».

Un modello simile al Regno Unito, insomma.

«Sì, nella prima fase è stato utilizzato solo Pfizer, mentre nella seconda solo AstraZeneca. Io sono molto d’accordo con la politica dell’Ente regolatorio britannico di somministrare una dose senza tenere scorte per le seconde inoculazioni, che tanto prima e poi arriveranno e si faranno. E a guardare i dati del Regno Unito, con la singola dose, la mortalità è crollata. Qualche virologo potrebbe contestare che con una sola dose si prosegue con il rischio varianti, ma senza nessuna dose credo si potrebbero favorire ancora di più. Ma al di là della questione sulla prima e seconda dose, credo che non andrebbero tenute le scorte per le seconde dosi, che tanto inizieranno ad aumentare con le consegne da aprile in poi».

Come riportare sui binari la campagna vaccinale?

«Più che la carenza di vaccini a incidere sarà l’organizzazione della campagna di massa: sarà necessario renderla il più semplice possibile sul fronte dell’accessibilità, a partire dalla sburocratizzazione delle pratiche per accedere al vaccino. Per molti anziani è anche difficile ricorrere agli strumenti tecnologici per prenotarsi: questo limite va superato. L’attuale sistema non può funzionare su una campagna di massa. E su questo ha ragione il Generale Paolo Figliuolo quando dice che “bisogna vaccinare chiunque sia di passaggio“».

Però gli over 80 potrebbero non aver modo di raggiungere i grandi centri vaccinali.

«È un nodo difficile perché i vaccini destinati alla popolazione più anziana necessitano della catena del freddo, anche se a mio parere andrebbero utilizzati tutti i vaccini disponibili. Insomma, attualmente le vaccinazioni possono avvenire praticamente solo negli ospedali o negli spazi dedicati dove c’è la catena del freddo. Qualcuno potrebbe avere bisogno di accompagnatori, altri potrebbero aver bisogno di servizi domiciliari. Credo che tutto questo verrà presto risolto in parallelo all’arrivo delle nuove dosi».

È fiducioso?

«Certo, anche se non credo che verranno utilizzate tutte le scorte che abbiamo anche solo per la prima somministrazione a queste fasce più fragili, ma verranno tenute da parte per le seconde dosi. Però da metà aprile aumenteranno le dosi in generale e si potrà procedere più speditamente. Resto dell’idea che si debba procedere per fasce d’età, dai soggetti più anziani a scendere, certamente con un certo riguardo alle categorie estremamente fragili come gli immunodepressi, i pazienti oncologici, dializzati e altri. Credo però che dalla seconda metà d’aprile in poi, a mano a mano, riusciremo a superare le 500 mila somministrazioni al giorno e a controllare l’epidemia. Intanto concentriamoci a vaccinare gli anziani con quello che abbiamo e nel più breve tempo possibile».

Foto in copertina: ANSA/Mourad Balti Touati

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