Il veterano over 80 che ha ceduto il vaccino a una ventenne malata di cancro: «Non chiamatemi eroe» – L’intervista

La storia di Giuseppe Trapasso, 85 anni, che ha rinunciato alla prima dose di Pfizer per permettere a una giovane paziente oncologica di vaccinarsi

«Dottore non mi sento di farlo, non può darlo a chi ha più bisogno di me? Magari a chi è più giovane, sta male ma è ancora in attesa del vaccino anti-Covid a causa dei ritardi? Io ormai ho 85 anni…». Queste le parole che Giuseppe Trapasso, invalido di guerra di Catanzaro, ha detto al suo medico di base (pronto a vaccinarlo), rinunciando di fatto alla prima dose di Pfizer. Non perché non ci creda, non perché stia bene. Tutt’altro. Trapasso ha una malattia polmonare ma anche (e soprattutto) un cuore d’oro: guai a definirlo un eroe. «A me non interessava a chi sarebbe andato il vaccino, mi importava soltanto che potesse salvare una persona più giovane e più sfortunata di me. Io alla fine sono sempre a casa, nella mia campagna, non ho particolare timore di ammalarmi. Chiaramente ho chiesto di rimettermi in lista, il vaccino voglio farlo ma senza togliere la possibilità ad altri. Che nessuno resti indietro», ci spiega.


La madre della 23enne chiama il medico: «Quando sarà il turno di mia figlia?»

Un «bel gesto», lo definisce il suo medico di base (che è anche oncologo), Pasquale Montilla, lo stesso che ha registrato il rifiuto di Trapasso e che ha destinato questa dose del vaccino Pfizer a una ragazza di 23 anni, paziente oncologica, in cura all’ospedale Bambin Gesù di Roma, in attesa del vaccino. «Proprio qualche giorno prima – ci racconta il medico – mi aveva chiamato la madre di una ragazza, una mia paziente, che aspettava ancora il vaccino. Mi aveva chiesto: “Quando sarà il turno di mia figlia?”. E allora, non appena Giuseppe mi ha detto di voler rinunciare alla dose, ho subito pensato a lei».


«Tempi d’attesa prolungati»

Quella di Carmela Rizzo, che era ancora in attesa del suo turno, nonostante fosse una paziente fragile, non è purtroppo una storia isolata. Open, ad esempio, ha raccontato la storia di Marta Di Palma, paziente oncologica a cui, ancora oggi, non è stato somministrato il vaccino nonostante nelle prossime settimane potrebbe rientrare a scuola, essendo un’insegnante alla materna. Un paradosso all’italiana, insomma. Il problema dei ritardi – ci dice l’oncologo Montilla – è dato «sicuramente dalla mancanza delle dosi. Carmela, ad esempio, era già nella lista dei pazienti fragili ma ancora non era stata vaccinata. Bisogna anche dire, a onor del vero, che la rete sta cominciando a funzionare ma a volte i tempi d’attesa si prolungano», conclude.

«Quando ha rifiutato il vaccino era felice, aveva gli occhi lucidi»

«Adesso sono felice», ci dice al telefono Giuseppe. Lui che per anni ha fatto il minatore e che, di certo, non ha avuto una vita facile e spensierata. «Io l’ho visto talmente contento che, quando ha firmato la dichiarazione di rinuncia, non l’ho di certo fermato. Aveva gli occhi lucidi, si vedeva che lo stava facendo col cuore. Quando guarda la tv, tra l’altro, si arrabbia continuamente nel vedere le lunghe file o i ritardi nella somministrazione dei vaccini», ci dice Maria Paonessa, 41 anni, nipote dell’uomo che vive con lui e che, in questi mesi, ha prestato (e sta prestando) massima attenzione per evitare di portare il virus a casa. Specialmente ora che Giuseppe ha fatto una scelta coraggiosa.

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