Varianti Covid, a scuole aperte il Cts rimanda gli aggiornamenti dei protocolli per la sicurezza

Nonostante il pericolo rappresentato dalle mutazioni del virus, e confermato dagli esperti, le strategie da adottare non sono ancora state aggiornate. Le ultime indicazioni? Risalgono al 6 agosto

Le varianti del Covid hanno cambiato le regole del gioco, ma il Comitato tecnico scientifico (Cts) non ha fornito ancora le soluzioni. L’ultimo protocollo sulle scuole sicure stilato dagli esperti insieme al Ministero e ai sindacati risale al 6 agosto, quando di mutazioni del Sars-Cov-2 ancora non si parlava affatto. Dopo aver disposto a marzo di quest’anno la chiusura di tutti gli istituti – a causa proprio della variante cosiddetta «inglese», che secondo alcuni studi risulterebbe essere più contagiosa tra bambini e ragazzi – oggi, 7 aprile, oltre 5 milioni di alunni sono tornati in classe. I protocolli, però, sono rimasti invariati e, a scuole aperte, non c’è ancora indicazione su come gestire il rischio della B117. Come fanno sapere i sindacati, oggi ci sarebbe dovuto essere il tavolo con il dipartimento del Ministero, ma il Comitato tecnico scientifico non ha fornito le risposte che si attendevano per poter procedere. Contattato da Open, l’ufficio stampa di Silvio Brusaferro, portavoce del nuovo Cts (voluto appositamente più tecnico e meno politico), non ha ancora dato spiegazioni sul ritardo.


Il nodo del distanziamento

I temi caldi erano stati discussi in una riunione del 22 marzo sugli esami di stato, ma nella quale si era richiesto anche un aggiornamento complessivo delle misure. A margine dell’incontro si era decisa come scadenza la data del 7 aprile: un appuntamento in ritardo di per sé, considerando che le scuole stanno già accogliendo da qualche ora centinaia di studenti nelle loro strutture. Da risolvere c’è su tutte la questione del distanziamento, attualmente fissato a un metro, che con l’elemento variante dovrebbe allungarsi a due metri. Una sfida difficile per gli istituti, che spesso fanno i conti con “classi pollaio” e con edifici inadeguati, e che, se venisse imposta, potrebbe mettere in seria difficoltà la tenuta della didattica in presenza.


Quale strategia per il tracciamento?

Ma c’è anche la questione, mai realmente discussa, dell’aerazione delle aule: si punterà una volta per tutte su sistemi di ventilazione artificiale per evitare il rischio derivante dai luoghi chiusi e affollati? E sul tracciamento, poi, quale strategia verrà adottata? Agostino Miozzo, ex coordinatore del Cts e ora consigliere del ministro Patrizio Bianchi, aveva negato l’ipotesi dello screening di massa settimanale a tutti gli studenti, definendolo un obiettivo irrealistico. D’altronde sono scettici gli stessi presidi: come pensare che la nostra macchina logistica, andata già in tilt lo scorso autunno, possa rispettare una promessa simile? Anche Mario Draghi aveva sottolineato che i test non sarebbero stati periodici e a tappeto, ma che saranno eseguiti solo in alcuni casi specifici. Quali, però, non è chiaro: forse quando il virus sarà già entrato negli istituti creando focolai?

I segnali di dissenso sul territorio

La scuola sicura, senza prevenzione, non esiste. E dire “priorità alla scuola” rischia di diventare uno slogan vuoto e deresponsabilizzante. Nel Paese stanno già emergendo i primi casi di dissenso: diversi comuni hanno disposto lo slittamento delle aperture di qualche giorno, come quelli di Postiglione e Sarno, nel Salernitano. Il decreto infatti, pur non dando possibilità ai presidenti di Regione di andare in ordine sparso, lascia scoperto il lato dei sindaci. Alcuni di loro, conoscendo le loro scuole e la situazione epidemiologica che li circonda, scelgono di non rischiare. A oggi d’altronde non sono stati resi disponibili dati aggiornati sui contagi nelle scuole e i dati sui vaccini sono ambigui: è vero che l’80% del personale scolastico è stato vaccinato, ma la grande maggioranza di loro ha ricevuto solo la prima dose.

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