«Se non mi senti entro 48 ore chiama la polizia», il terrore di Saman in chat mentre sentiva discutere i suoi genitori

Al momento, per gli inquirenti, ci sono due aspetti ancora troppo poco chiari: come è stata uccisa e dove è stata seppellita?

A sostegno delle ipotesi degli inquirenti, che indagano per omicidio, sul destino di Saman Abbas, – la ragazza di origini pakistane che viveva a Novellara e sparita lo scorso 30 aprile -, ora sono spuntate alcune chat che metterebbero in seria difficoltà le posizioni dei familiari. La ragazza, 18 anni, sarebbe stata colpevole di non accettare un matrimonio forzato in Pakistan con l’uomo scelto per lei dalla famiglia, e per questo uccisa. «Se non mi faccio sentire per più di 48 ore chiama le forze dell’ordine», avrebbe confidato al suo fidanzato in una nota audio. Intanto i genitori, Shabbar Abbas e Nazia Shaheen sono fuggiti nella loro terra d’origine. Sullo zio Danish Hasnain -ritenuto coinvolto nella sparizione -, pende un mandato di cattura europeo: arrivato al confine con la Francia è stato fermato dalle autorità senza documenti; non si è mai presentato in questura per regolarizzare la sua posizione ed è sparito anche lui nel nulla.


Le chat

L’esecutore materiale del suo omicidio sarebbe, secondo le ricostruzioni dei magistrati, lo zio Danish Hasnain. In una chat recuperata dagli investigatori, scrive a una donna: «Abbiamo fatto un lavoro fatto bene». I mandanti morali, e non solo, sono il padre Shabbar e la madre Nazia Shaheen. È di loro che Saman parla la mattina del 30 aprile al suo fidanzato: gli manda un messaggio vocale in cui gli confida: «L’ho sentito con le mie orecchie, ti giuro che stavano parlando di me. Se non mi faccio sentire per più di 48 ore chiama le forze dell’ordine».


La ragazza rivela di aver sentito dire alla madre che ucciderla è l’unica «soluzione» possibile. Devono farlo perché lei non rispetta le regole pachistane. C’è poi una lite durante la quale Saman affronta prima la madre, ma lei nega tutto, e poi chiede i suoi documenti – custoditi dal padre – per fuggire via. Sempre secondo le ricostruzioni riportate da la Repubblica, è lì che Saman viene spinta dai genitori a seguirli fuori dalla cascina e viene consegnata allo zio, già avvertito prima dal padre, che aspetta nei campi. E che al telefono con una donna connazionale, oltre a parlare di un lavoro «fatto bene», come riportato dal Tgr Emilia-Romagna, rassicura: «Se ci chiedono di lei diremo che è in Pakistan». Al momento sono due i punti più oscuri di altri: come è stata uccisa e dove è stata seppellita?

Le telecamere della videosorveglianza

Altri particolari sono stati svelati dalle telecamere della videosorveglianza fatte installare dal proprietario dell’azienda agricola dove il padre di Saman lavorava da 15 anni. A pochi passi, poi, la cascina in cui vivevano. La sera fra il 30 aprile e il primo maggio la ragazza esce di casa con i suoi genitori: addosso un vestito tipico islamico e sulle spalle uno zainetto di colore chiaro. Tutti e tre vanno verso un vialetto che porta nei campi. Dieci minuti dopo, padre e madre tornano da soli a casa. Poi ecco un altro spezzone: stavolta è solo il padre a uscire di casa e rientrare poco dopo. Ha lo zainetto di Saman. Rimane ovviamente scoperta la porzione di immagini che potrebbe suggerire che fine ha fatto la ragazza.

Il video e la fossa in campagna

Infine, al vaglio degli inquirenti, c’è un altro video datato 29 aprile. Nelle immagini tre uomini nel tardo pomeriggio vanno verso la campagna armati di pale, piede di porco e un secchio, e per tre ore non tornano. Si pensa per scavare la buca. Quei tre uomini sono lo zio di Saman, Danish Hasnain, e due cugini, fra cui Ikram Ijaz. Quest’ultimo è l’unico dei cinque indagati che finora è stato preso. Oggi, 7 giugno, i carabinieri cercheranno il cadavere.

Il ruolo del fratello

Tra i personaggi di questa storia c’è poi il fratello minore di Saman. È in una comunità protetta e dovrà essere sentito nel corso di un incidente probatorio. Avrebbe fornito dettagli su chi ha ucciso la sorella. Avrebbe ricostruito il contesto nel quale l’omicidio è maturato.

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