Variante Delta in Italia e zone rosse mirate: perché ora rischiamo nuovi lockdown locali

Da lunedì 28 giugno tutto il Paese passerà in area bianca, ma c’è il rischio che l’Italia si ritrovi a dover fronteggiare un nuovo aumento dei casi

La variante Delta potrebbe portare presto nuove zone rosse in Italia. Ha una trasmissibilità più elevata e i prossimi dati del tracciamento potrebbero portare la sua incidenza al 20% (oggi è al 16,8%). La mutazione non è più resistente al vaccino, a patto che si completi il ciclo con la seconda dose: ma mentre da lunedì 28 giugno tutto il Paese sarà in zona bianca e cadrà l’obbligo di portare la mascherina all’aperto (ma bisognerà tenerla sempre con sé), il rischio è che l’Italia si ritrovi a partire da metà agosto con un nuovo aumento dei casi di Coronavirus. E proprio i focolai estivi potrebbero portare a nuovi lockdown su base locale. I numeri del bollettino del ministero della Salute sull’emergenza dicono che la situazione epidemica in Italia è in continuo e netto miglioramento dagli inizi di aprile, e che al momento non vi sono indicazioni di una ripresa dei contagi. Ma assistiamo ad una crescita continua della percentuale di infetti colpiti dalla variante Delta, la cui presenza è stimata ormai al 16,8%. Proprio il precedente dell’andamento osservato in Gran Bretagna fa ipotizzare che l’Italia si possa trovare in una situazione paragonabile a quella inglese agli inizi del mese di maggio, prima che la crescita degli infetti diventasse percepibile.


I dati del Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 dell’Iss indicano che la variante più diffusa in Italia è ancora l’Alfa, con il 74,92%, ma secondo molti esperti la circolazione della Delta potrebbe aumentare nelle prossime settimane. «Abbiamo probabilmente circa un mese, un mese e mezzo prima che si arrivi alla prevalenza della variante Delta in Italia», ha detto ieri il Roberto Battiston dell’università di Trento all’Ansa. «Quale sarà l’effetto sul numero di infetti, e sul numero di casi gravi, dipenderà dalla frazione delle persone vaccinate, in particolare dalla frazione di persone che avranno completato il ciclo vaccinale». Al ritmo attuale di vaccinazione, «la doppia vaccinazione dovrebbe avere raggiunto il 50% degli italiani per il primi giorni di agosto».


Locatelli e l’ipotesi lockdown locali

Proprio per questo ieri Franco Locatelli, coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di Sanità, a SkyTg24 ha spiegato che in caso di individuazione di nuovi cluster non è escluso che possano essere ripristinate nuove zone rosse come conseguenze di un più ampio tracciamento. «Dobbiamo lavorare nella maniera più intensiva sul tracciamento e sul sequenziamento, perché solo in questo modo riusciamo ad intercettare segnali di diffusione della variante indiana», ha spiegato sottolineando che l’Italia sta sequenziando «nella media europea». Ma, ha aggiunto, se si aumenta il sequenziamento, «ci sono poi delle decisioni che devono seguire per cercare di contenere il tutto, altrimenti il sequenziamento diventa un esercizio inutile». Quindi vanno fatte delle zone rosse? «Se necessario – ha risposto – vanno create delle zone per fermare i cluster, come ad esempio è successo in Umbria quando si è verificata la diffusione della variante brasiliana». Per questo la raccomandazione contenuta nella circolare del ministero della Salute è quella di rafforzare il tracciamento, considerando che la variante Delta può essere associata a un rischio più alto di ricoveri.

Caratteristiche e sintomi della variante

Ma quali sono le caratteristiche e i sintomi della variante Delta (mentre oggi emerge anche la variazione Delta Plus)? La Stampa spiega oggi che gli studi condotti fino a questo momento parlano di un aumento tra il 40 e il 60% della trasmissibilità rispetto a quella Alfa, che a sua volta era più contagiosa del 50% rispetto al ceppo originario di Wuhan. L’aumento dei ricoveri in Gran Bretagna nella popolazione britannica non vaccinata fa pensare anche che possa essere più aggressiva, ma non nei confronti delle persone completamente immunizzate dal vaccino o guarite da Covid-19. I dati dello studio britannico Zoe CovidSympton evidenziano che il sintomo più diffuso all’inizio è il mal di testa, seguito da mal di gola, naso che cola e febbre. Invece la tosse e la perdita dell’olfatto, tipici del ceppo originario di Sars-Cov-2, sono praticamente inesistenti. «Il rischio dei sintomi lievi – sostiene con il quotidiano il direttore della prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza -rischiano di essere scambiati magari per un raffreddore soprattutto tra i più giovani che hanno meno probabilità di sviluppare una malattia grave».

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