30 deputati contro Salvini: così il voto sul Green Pass ha spaccato la Lega

Una trentina di leghisti ha disatteso l’ordine del Capitano. Si tratta dello stesso numero di eletti considerati vicini all’ala moderata del Carroccio. E intanto slitta la convocazione della Cabina di Regia

Matteo Salvini getta ufficialmente acqua sul fuoco dopo il voto della Lega sul Green Pass insieme a Fratelli d’Italia. In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera il Capitano tiene il punto: «Ma quale ambiguità? I vaccini sono entrati in 40 milioni di case, e va benissimo. Il Green Pass anche va benissimo negli stadi, nei teatri e nelle manifestazioni pubbliche. Ma noi possiamo ancora avere la libertà di chiedere i tamponi gratuiti?», dice. E aggiunge: «Sono saltati fuori la bellezza di 50 milioni di euro destinati ai tamponi gratuiti. Il dubbio è che se io non alzassi un po’ la voce, i 50 milioni poi non salterebbero fuori». Intanto però ieri è arrivato un segnale chiaro: 30 deputati non hanno votato gli emendamenti del partito di Giorgia Meloni. E intanto la Cabina di Regia che doveva decidere sull’estensione della Certificazione Verde Covid-19 non è stata ancora convocata.


I conti li fa oggi Il Mattino: una parte dei deputati del Carroccio ha finito per votare gli emendamenti di FdI, come aveva annunciato ieri il Capitano. Ma non tutti: mettendo insieme i voti che hanno a disposizione Lega e FdI, ovvero 132 leghisti più 37 meloniani, si arriva alla somma di 169. Ma a dire sì agli emendamenti di FdI sono stati 134. Una trentina di leghisti avrebbero quindi disatteso l’ordine del Capitano e si è schierata con il governo Draghi. E il quotidiano aggiunge che si tratta dello stesso numero di eletti che sono considerati più vicini alla linea di Giancarlo Giorgetti e Luca Zaia. Che non sono pochi, e sono soprattutto di peso: nel partito sono considerati pro-Draghi l’ex viceministro Massimo Garavaglia, così come Stefano Candiani e Dario Galli. Tra i parlamentari ci sono Barbara Saltamartini, Silvana Comaroli e Christian Invernizzi. Sul territori si annoverano tra i governisti Guido Guidesi e il presidente del Trentino Maurizio Fugazzi.


«Tutta la Lega ha votato l’emendamento di FdI e quindi contro il governo: 134 voti sono in pratica la somma dei loro voti più quelli dell’opposizione», ha denunciato ieri il pd Emanuele Fiano. Ma, spiega oggi un retroscena di Repubblica, il voto coordinato tra Salvini e Meloni cela altro. Ovvero un accordo per serrare le fila in vista di elezioni politiche che i due leader vedono vicine dopo il voto per il Quirinale. Proprio quello che ha detto domenica a Cernobbio Ignazio La Russa, cofondatore di Fratelli d’Italia: «Si è parlato di elezioni e della prospettiva che queste siano anticipate, come sia noi che Salvini crediamo e auspichiamo. Quella foto, insomma, non è un fatto episodico: è l’inizio di un cammino». L’idea dei due partiti è quella di sostenere Mario Draghi nella corsa al Colle, per poi giungere a una chiusura anzitempo della legislatura. E il fatto che anche FdI potrebbe appoggiare SuperMario al Colle potrebbe spingere l’ex Bce a dire sì senza riserve, visto che il consenso a quel punto sarebbe praticamente unanime.

La cabina di regia rinviata

In questo scenario è normale che la maggioranza sia in fibrillazione. Anche se il premier sembra determinato a perseguire i prossimi due obiettivi, ovvero l’estensione del Green Pass obbligatorio per i dipendenti pubblici, i lavoratori di bar e ristoranti e dei trasporti. Con l’ipotesi di arrivare anche ai lavoratori del settore privato. Ma proprio su questi punti per ora c’è da registrare uno stop. Quello della Cabina di Regia del governo, che di solito si riunisce nell’imminenza di un provvedimento da portare nel Consiglio dei Ministri. E che però non è stata ancora convocata. In più, spiega oggi il Corriere della Sera, gli addetti all’estensione del Green Pass al lavoro pubblico e privato negano di avere tra le mani un provvedimento pronto da portare sul tavolo del Cdm. Nelle stanze della presidenza del Consiglio dicono che il lavoro non è finito e che per ora non c’è intesa su niente.

Per questo, sostiene il quotidiano, il premier, che vuole continuare a muoversi senza forzare, con gradualismo e prudenza, potrebbe decidere di procedere per step. L’idea è partire dalla scuola, allargando il green pass ai lavoratori esterni delle mense e delle pulizie. Il certificato verde per la PA e per le imprese private arriverebbe in un secondo momento. Intanto ieri Draghi ha visto il leader di Confindustria Carlo Bonomi, ma lo ha deluso sul costo dei tamponi: non sarà a carico dello Stato, tranne che per le persone fragili. Oltre al prezzo dei test, che il ministro della Salute Roberto Speranza non vuole far scendere oltre, per non danneggiare la campagna vaccinale, c’è il problema che due milioni di lavoratori attivi over 50 non hanno ancora fatto la prima dose.

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