Cop26, l’appello dell’Onu: «Serve 1 trilione di dollari all’anno per i Paesi poveri». Greta Thunberg annuncia manifestazioni

Per arrivare a un accordo c’è tempo fino al 12 novembre, data di chiusura della Cop26. Bisognerà portare a casa risultati concreti

Ieri il summit dei capi di Stato e di governo alla Cop26 di Glasgow, oggi il lavoro dei tecnici per arrivare entro il 12 novembre, data di chiusura della Conferenza, con dei risultati concreti, con delle risposte da dare soprattutto ai giovani. Gli obiettivi restano gli impegni di decarbonizzazione più stringenti ma anche un fondo da 100 miliardi di dollari all’anno per 5 anni per aiutare i Paesi più poveri a decarbonizzare (il fondo dovrebbe partire nel 2023). Ma c’è anche l’impegno a definire un mercato globale del carbonio, scrivere il Paris Rulebook, ovvero l’insieme delle norme che serviranno ad applicare l’Accordo di Parigi. Oltre al lavoro dei delegati degli Stati, proseguiranno allo Scottish Event Centre tutti gli eventi collaterali. Dai convegni ai forum fino alle conferenza stampa di governi, imprese, istituzioni internazionali ma anche Ong e centri studi. Infine c’è l’attivista Greta Thunberg che ha annunciato lo sciopero per il clima per venerdì mattina, 5 novembre, e una marcia per sabato 6 novembre.


Il programma della Cop26 di oggi 3 novembre

Quella di oggi, alla Cop26 di Glasgow, è la giornata della finanza per il clima. Con i rappresentanti degli Stati, delle aziende e delle istituzioni finanziarie si discuterà di come la finanza pubblica e privata possa contribuire al mantenimento del riscaldamento globale sotto 1,5 gradi, che poi è l’obiettivo che si sono posti gli Stati al G20 entro «la metà del secolo». L’inviato delle Nazioni Unite sul clima, Mark Carney, di mattina ha presieduto un panel per parlare degli strumenti necessari a far allineare i flussi finanziari ai target climatici. Tra i temi da discutere anche quello di come veicolare, nella maniera più rapida possibile, gli aiuti dei privati ai Paesi duramente colpiti dal cambiamento climatico oltre al rapporto tra la finanza pubblica e privata nel sostenere gli investimenti sulla transizione ecologica.


Quanti soldi servono per aiutare i Paesi poveri

Intanto la coalizione di banche e fondi per il clima Gfanz (Glasgow Financial Alliance for Net Zero), che è stata lanciata ad aprile dall’inviato Onu su clima e finanza Mark Carney, è riuscita a raccogliere l’adesione di oltre 450 aziende che, allo stato attuale, rappresentano 130 mila miliardi di dollari di asset, dunque il 40 per cento dei capitali finanziari di tutto il mondo. Al momento del lancio Gfanz raggruppava aziende per ben 70 mila miliardi di dollari. Chi ha aderito si è impegnato ad adottare linee guida basate sulla scienza per raggiungere alla metà del 2050 zero emissioni di carbonio e a fornire obiettivi intermedi al 2030. E quanti soldi servono per combattere la crisi climatica? Tanti, ma non troppi considerata, appunto, la forza economica di queste aziende. Nello specifico, secondo l’inviato dell’Onu su finanza e clima, Mark Carney, serve «1 trilione di dollari all’anno (mille miliardi, ndr) di investimenti nei Paesi in via di sviluppo». È «necessario che i progetti internazionali siano allineati con i progetti nazionali», ha aggiunto e per questo, dunque, sarebbero necessarie «nuove strutture di finanza mista, piattaforme per portare insieme pubblico e privato».

Cosa è successo ieri 2 novembre

Ieri, 2 novembre, nel corso del secondo giorno dei lavori della Conferenza Onu sul clima, si è raggiunto un accordo per la deforestazione entro il 2030. Hanno aderito i governi di 28 Paesi che possiedono complessivamente l’85 per cento delle foreste mondiali. 100, invece, sono i Paesi che hanno detto di sì alla riduzione delle emissioni di metano del 30 per cento entro il 2030, come ha fatto sapere la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Foto in copertina: AFP/ADRIAN DENNIS/ANSA

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