Green pass più breve e terze dosi per tutti: il piano del governo per evitare le chiusure a Natale. L’ipotesi lockdown locali

Le proiezioni degli esperti indicano che fino a metà dicembre la maggior parte delle regioni resterà in zona bianca. Ma con l’aumento dei contagi, i sindaci e i governatori hanno sempre la possibilità di imporre misure più restrittive

Se il prossimo Natale sarà libero o meno: «dipenderà da noi», ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza ieri sera a Che tempo che fa, su Rai1. I prossimi 40 giorni che ci separano al 25 dicembre saranno cruciali sotto il profilo epidemiologico, visto che la curva dei contagi sta già chiaramente indicando l’inizio della quarta ondata con l’arrivo della stagione invernale e il periodo dell’anno in cui aumentano le occasioni di socialità al chiuso. «Manteniamo le regole esistenti – ha aggiunto Speranza – ma valuteremo». Le considerazioni inevitabilmente passano per l’andamento della campagna vaccinale, con il passo da accelerare sulla somministrazione della terza dose, e per possibili modifiche alla regole del Green pass, a cominciare dalla sua durata. Temi strettamente legati, soprattutto dopo che l’ultimo report dell’Iss ha confermato il dimezzamento della protezione del vaccino anti Covid a sei mesi dalla seconda dose. Una conferma che sembra arrivare anche dai numeri dei contagi quotidiani scanditi dal bollettino della protezione civile, che solo ieri dava 7.569 contagi a livello nazione, con un trend in salita da almeno un quattordici giorni.


I rischi per metà dicembre

Con uno scenario nettamente diverso da quello dello scorso anno, la linea del governo quest’anno tende a escludere il ricorso alle chiusure. Il sistema dei colori resta uno strumento possibile, ma le previsioni degli esperti escludono che almeno fino al 15 dicembre possano tornare zone più gravi delle gialle. Lo conferma il fisico Roberto Battiston, che lo scorso anno individuò con estrema precisione l’inizio della nuova ondata: «Fino a metà dicembre – ha detto al Quotidiano Nazionale – la maggior parte delle regioni resterà bianca. In ospedale avremo numeri simili tra vaccinati e non vaccinati, ma con rischi molto maggiori per i No vax». La spinta ad allargare la copertura vaccinale non può quindi fermarsi, tanto per le prime dosi che ancora mancano all’appello, quanto alle terze, che dal 1 dicembre interesseranno anche gli italiani tra i 40 e i 59 anni. L’obiettivo, riporta il Corriere della Sera, è di allargare la dose booster a tutti, almeno dagli inizi del 2022. Sempre che i dati non peggiorino ulteriormente, il che potrebbe anticipare la campagna per gli over 12.


Le novità sul certificato

Nel frattempo potrebbe arrivare un giro di vite sul Green pass, per lo meno sulla durata che rischia di ridursi verso un periodo più omogeneo tra le indicazioni scientifiche e quelle più politiche. Era stato lo stesso ministro Speranza ad anticipare possibili novità lo scorso 10 novembre alla Camera. L’orientamento oggi sarebbe quello di ridurre da 12 a 9 mesi la validità del Green pass – difficile scendere a sei mesi – e con possibili variazioni sulle regole d’accesso. Da un lato il governo spera di proseguire la «spinta gentile» alla vaccinazione per le terze dosi, dall’altro non esclude l’ipotesi di non tenere più conto dei test rapidi per l’ottenimento del certificato verde, almeno per le attività ricreative e non essenziali. Quindi il pass per il lavoro non dovrebbe subire variazioni. In alternativa, si potrebbe ridurre la validità dei tamponi in chiave Green pass: si passerebbe quindi a 48 ore per il test molecolare, e a 24 per quelli antigenici.

I possibili lockdown locali

Nuove regole sul sistema dei colori non sarebbero all’orizzonte, almeno stando a quanto fino a due giorni ha ribadito palazzo Chigi. Il meccanismo così com’è prevede già che, con la zona gialla, scattino le prime limitazioni come il numero ridotto di posti a sedere per gli eventi sportivi e culturali, oltre che al ristorante. Ma nel caso in cui ci fossero situazioni tendenzialmente preoccupanti, il pallino passerebbe nelle mani di governatori e sindaci, che già oggi hanno la possibilità di imporre misure più restrittive rispetto a quanto stabilito da Roma. Chiusure locali, fino a zone rosse ben delimitate, restano un’ipotesi percorribile soprattutto per aree del Paese che devono fare i conti con il peggioramento della pandemia al di là dei propri confini.

È il caso ad esempio del Friuli Venezia Giulia, stretta tra l’impennata di contagi in Slovenia e con l’Austria alle prese con il lockdown per i non vaccinati. Nella regione guidata da Massimiliano Fedriga, sia i ricoveri in area medica che in terapia intensiva sono all’11 per cento, con Trieste e Gorizia che superano i 150 casi ogni 100 mila abitanti. Dati che iniziano a colorare la regione di giallo in tempi brevi e che potrebbero richiedere ulteriori restrizioni. Così come accade in 66 province che finora registrano 50 casi ogni 100 mila abitanti, ma con gli ospedali ancora sotto le soglie d’allerta.

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