Rasi avverte: «Gli oltre 200 mila casi di ieri sono sottostimati: prepariamoci a un’onda d’urto»

Omicron è diventata la variante dominante in Francia e Portogallo. Secondo un’indagine Iss pubblicata nelle scorse settimane tra poco dovrebbe diventare la variante più diffusa anche in Italia

I dati da record sui contagi finora emersi dai bollettini quotidiani della Protezione civile sono destinati ad accompagnare i prossimi aggiornamenti, con il rischio inoltre che quelle stesse cifre non descrivano in modo esaustivo quanto davvero stia circolando il Coronavirus in questi giorni nel Paese. L’avvertimento arriva dal consigliere del generale Figliuolo ed ex direttore del’Ema, Guido Rasi, che ad Agorà su Raitre ha messo in guardia su quanto sia diventato complicato tracciare la presenza della variante Omicron, soprattutto perché i tamponi antigenici non rilevano la presenza della variante in circa la metà dei casi. Nelle ultime settimane Omicron è diventata dominante in Francia e Portogallo, secondo un’indagine dell’Iss fatta a fine dicembre presto lo sarà anche i Italia. Rasi ha spiegato che davanti a questa prospettiva bisogna cominciare a prepararsi: «Dobbiamo fare sequenziamenti per capire se siamo in copresenza o meno delle due varianti. Se fossimo già in ambiente completamente Omicron potremmo prendere provvedimenti molto diversi da quelli per la Delta. Perché i numeri saranno spaventosamente veloci e alti ed è un’onda d’urto che va gestita in maniera un diversa. Sarà un’onda d’urto molto forte».


Secondo Rasi il primo passo da fare per attutire l’impatto è quello di rafforzare tutto il sistema di test: «Gli oltre 200 mila contagi di ieri sono destinati a salire e sono sottostimati per la bassa resa dei test antigenici rapidi, che erano stati fatti per altri tipi di varianti e che con omicron mostrano tutta la loro debolezza. L’unica soluzione per ora è il molecolare ma manca un piano di rinforzo». Rasi ha criticato anche le modalità con cui è stato deciso l’obbligo vaccinale. Mentre Roberto Burioni ha fatto notare l’inconsistenza delle sanzioni, Rasi ha sollevato dubbi sulla questione dell’età: «È un obbligo più da compromesso politico che da numeri epidemiologici. L’obbligo o si fa o non si fa. Tra una persona che ha 49 anni e 6 mesi e una che ne ha 50 non ho capito come il virus discrimini».


Davanti a questa situazione il medico ha spiegato che sarebbe una buona idea spostare in avanti la data del rientro in classe, come aveva proposto anche Massimo Galli: «Due settimane di Didattica a distanza sarebbero molto importanti. Perché oggi siamo a 200 mila casi sottostimati, immaginiamo tra una settimana cosa vedremo. Se non facciamo due settimane adesso dovremo fare una cosa frammentata per i prossimi tre mesi». Questa prospettiva è stata cancellata dal Consiglio dei ministri che si è tenuto lo scorso 5 gennaio in cui è stato ribadito che il ritorno in aula per le scuole resta il 10 gennaio.

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