Chi era Giuseppe Lenoci, il 16enne di Fermo morto durante uno stage

Un sogno da calciatore nel cassetto e un diploma da raggiungere a tutti i costi. Piccolo di età ma già con la maturità di chi sa che dovrà impegnarsi il doppio più degli altri per riuscire ad aiutare se stesso e la propria famiglia

16 anni e ancora pochi mesi prima di raggiungere finalmente quel diploma in termo idraulica che gli avrebbe dato il titolo di operaio specializzato. Giuseppe Lenoci aveva tanta fretta di imparare il mestiere che di lì a poco sperava potesse dargli la sicurezza economica e l’indipendenza che i giovani come lui sognano. Cresciuto in una famiglia umile aveva già cominciato a cercare la strada del riscatto con un diploma da raggiungere il prima possibile e, perché no, anche qualche provino per diventare calciatore, il suo sogno da sempre. Originario di Monte Urano, in provincia di Fermo, frequentava il suo stage nel programma scuola-lavoro e nel giro di pochi minuti ha dovuto interrompere il suo viaggio verso una vita migliore. A bordo di un furgone della ditta in cui svolgeva il suo tirocinio ha perso la vita dopo che il mezzo è finito fuori strada schiantandosi contro un albero. L’operaio 37enne che era alla guida è rimasto gravemente ferito. Per Giuseppe invece non c’è stato nulla da fare. La zia del ragazzo ha commentato: «E’ una tragedia che si poteva sicuramente evitare. A quanto pare il ragazzo non doveva uscire fuori sede e invece è uscito». Sulla questione sono in corso verifiche da parte dei carabinieri e dei legali della famiglia per accertare cosa prevedesse lo stage.


«Felice come non mai per un piccolo regalo»

«Giuseppe è sempre stato un tipo introverso, taciturno ma un bravissimo ragazzo», a parlare è l’allenatore di calcio del 16enne morto ieri, 14 febbraio, durante il suo stage di lavoro. Luigi Sciamanna, il responsabile della scuola calcio Asd Campiglione Monturano, è sempre stato un secondo padre per Giuseppe. Fin da subito aveva capito il talento e la fame di riscatto di un uomo ancora piccolo ma già grande. «Giocava nel ruolo di attaccante, era battagliero, un po’ più alto dei suoi coetanei», racconta. «Si allenava con serietà e impegno, sempre rispettoso con gli avversari, mai un litigio in campo. Era di animo buono, per questo si faceva voler bene da tutti». Negli ultimi anni il sogno portato avanti sin da bambino si era dovuto scontrare con le necessità di casa. Non è una famiglia agiata quella di Giuseppe e quel diploma in termo idraulica a un certo punto gli era sembrata la strada migliore per cominciare a guadagnare in modo veloce e onesto. «Ricordo una volta che non aveva gli occhiali anti urto», continua Sciamanna, «lo portammo dall’ottico e gli comprammo delle lenti a contatto. Non potrò mai dimenticare l’espressione che fece una volta che se le mise. Era veramente soddisfatto e non tanto perché quelle lenti gli avrebbero permesso di giocare. Ma perché si era sentito aiutato».


«Avete le mani sporche di sangue»

Quella di Giuseppe Lenoci è solo l’ultima delle troppe storie di decessi per incidenti sul lavoro. Neanche un mese fa un’altra famiglia piangeva la tragedia accaduta a Lorenzo Parelli, il 18enne ucciso da una trave d’acciaio durante il suo ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro. Episodi che gettano nuove ombre sulla sicurezza degli stage scolastici. Mentre il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi ancora una volta tenta di giustificare e intervenire su un sistema dal funzionamento fallace e pericoloso, gli studenti continuano la loro protesta nelle piazze, iniziata dopo la morte di Parelli. L’opposizione studentesca alternativa ha organizzato sit-in in tutta Italia sotto gli Uffici scolastici regionali per chiedere l’abolizione dei Pcto (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento), i ragazzi della Lupa in serata andranno sotto il ministero dell’Istruzione, in Viale Trastevere: «Non dimentichiamo e non perdoniamo». Il prossimo venerdì 18 febbraio gli studenti avevano già programmato, per la terza volta consecutiva dalla tragedia di Lorenzo Parelli, una manifestazione nelle piazze. L’obiettivo era anche quello di presentare nuove proposte per la propria idea di scuola. Ora la rabbia anche per la morte di Giuseppe non può essere trattenuta: «Avete le mani sporche di sangue», una delle scritte che compariranno sui loro cartelli.

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