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Fine vita, la Camera approva: ecco cosa c’è nel testo sul suicidio medicalmente assistito

10 Marzo 2022 - 14:54 Fabio Giuffrida
La proposta di legge punta a garantire «la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita»

253 sì, 117 no, 1 astenuto. La Camera approva la proposta di legge sul fine vita. Ora il testo passa al Senato dove, però, i numeri vacillano (come già successo, ad esempio, con il ddl Zan, che poi è stato bocciato). La maggioranza è spaccata su un testo, delicatissimo quanto importante, che nel primo articolo prevede «la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita». La Camera, già in mattinata, ha dato l’ok all’articolo 4, cioè a quello che prevede i requisiti e la forma della richiesta di morte volontaria medicalmente assistita oltre all’articolo 5 sulle modalità della morte volontaria medicalmente assistita. Poi è arrivato l’ok definitivo al testo. A essere contrario alla legge è il centrodestra di governo insieme a Fratelli d’Italia: compatti, almeno fino ad ora, Pd, M5s, Leu e Italia Viva (che ha lasciato libertà di coscienza ai suoi deputati) che, di fatto, hanno respinto ogni proposta di modifica dell’articolato, che ha subito una lunga gestazione nelle commissioni competenti. Insomma, per il momento si tira dritto. Oggetto di mediazione sono state soprattutto l’introduzione dell’obiezione di coscienza per i medici e per il personale sanitario oltre a condizioni più stringenti per poter accedere al suicidio assistito.

Cosa cambia

Con questo testo (che recepisce la sentenza del 2019 della Corte costituzionale che chiedeva al Parlamento di colmare il vuoto normativo subito dopo il caso Cappato-dj Fabo), non sarà più punibile il suicidio del paziente assistito dal medico, una pratica assai differente dall’eutanasia dove i medici si occupano anche della somministrazione di sostanze che causano la morte o la avvicinano, pratica che resta proibita. La sentenza del 2019 ha stabilito che non può essere punito chi agevola il suicidio di una persona malata terminale a condizione, però, che ci sia l’irreversibilità della malattia, che questa sia fonte di gravi sofferenza, che ci sia la piena coscienza del paziente oltre alla sua volontà dichiarata di morire. Necessario, infine, che il malato sia tenuto in vita da trattamenti di sostegno.

Chi può farne richiesta

Con questa proposta di legge, può chiedere il suicidio assistito solo il paziente che abbia raggiunto la maggiore età, che sia in grado di intendere e di volere, che sia stato già coinvolto in un percorso di cure palliative e che le abbia rifiutate. Deve avere una patologia irreversibile, una prognosi infausta che causi sofferenze fisiche e psicologiche ritenute intollerabili. Il paziente, poi, deve essere tenuto in vita rigorosamente da trattamenti sanitari di sostegno vitale. L’interruzione di questi provocherebbe la morte del paziente stesso. A fare richiesta dovrà essere il medico di medicina generale o il medico che ha in cura il paziente. Poi deciderà il comitato di valutazione clinica. I medici potranno opporsi al trattamento sollevando l’obiezione di coscienza. Gli ospedali pubblici, comunque, dovranno assicurare l’esercizio del diritto al suicidio assistito. Il controllo spetterà alle Regioni. I medici – che accetteranno di sottoporre un paziente al suicidio medicalmente assistito – non potranno essere accusati di istigazione o aiuto al suicidio né di omissione di soccorso.

Sanatoria retroattiva per chi è stato condannato

Prevista, inoltre, una sanatoria retroattiva per chi è stato condannato, anche con sentenza passata in giudicato, per aver agevolato la morte volontaria medicalmente assistita di una persona, dunque prima dell’entrata in vigore della legge in discussione alla Camera. Il suicidio medicalmente assistito, dunque, è altra cosa rispetto all’eutanasia sulla quale sono state raccolte oltre un milione di firme per il referendum abrogativo, che poi è stato bocciato – tra mille polemiche – dalla Consulta.

Differenza tra eutanasia e suicidio assistito

L’eutanasia non comporta la partecipazione attiva del paziente che ne fa richiesta, a differenza del suicidio assistito dove è la persona malata che deve assumere, in modo del tutto indipendente, il farmaco che poi porta al decesso. L’eutanasia prevede l’azione diretta di un medico, che di fatto somministra un farmaco, mentre il suicidio assistito prevede che il sanitario prepari il farmaco ma che, poi, sia il paziente ad assumerlo per conto proprio. Il sanitario assiste e basta. Graziano Delrio (Pd) ha specificato che «questo testo non apre la strada all’eutanasia».

Foto in copertina di repertorio: ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

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