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Putin dal Turkmenistan: «Disgustosi i leader del G7 nudi: facciano sport. In Donbass un genocidio: vogliamo un mondo più democratico»

30 Giugno 2022 - 13:32 Michela Morsa
Il presidente russo, ad Ashgabat per partecipare al summit dei Paesi del mar Caspio, ha detto che Mosca «è aperta al dialogo sulla stabilità strategica mondiale, il disarmo e il commercio»

Quelli del G7 «sono veri leader, hanno spina dorsale e riusciranno certamente nei propri intenti, ma devono lavorare di più su stessi»: Vladimir Putin ha ricambiato velenosamente le battute sarcastiche andate in scena al castello di Elmau, in Germania, dove i sette hanno ironizzato sull’ostentazione di virilità del presidente russo. «Con le giacche? Senza? Ci togliamo i cappotti? Dobbiamo dimostrare di essere più duri di Putin», aveva detto il primo ministro britannico Boris Johnson prima delle foto di rito spalleggiato dal canadese Justin Trudeau, pronto ad esibirsi in «uno spettacolo di equitazione a torso nudo». «Non so fino a che punto volessero spogliarsi, fino alla vita o più in basso, ma penso sarebbe stato disgustoso in ogni caso», ha commentato Putin, presente al summit dei Paesi del mar Caspio ad Ashgabat, in Turkmenistan.

«Aperti al dialogo e al disarmo»

Il livello dello scontro tra Mosca e Occidente spesso è degenerato sull’insulto letteralmente fisico e personale: ieri 29 giugno, il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, oltre a ribadire che il leader russo è un «pazzo», ha sostenuto che Putin fosse afflitto dal “complesso di Napoleone“, ossia la sindrome che porta gli uomini bassi a compensare la carenza di altezza con un comportamento sociale prepotente e aggressivo. Ma rimane sempre spazio per ribadire la propria posizione sullo scacchiere geopolitico: «Le azioni di Kiev nel Donbass possono essere definite solo come crimine contro l’umanità, sono un genocidio», ha detto Putin. Mentre Mosca «è aperta al dialogo sulla stabilità strategica mondiale, il disarmo e il commercio, e cercherà di rendere il mondo più democratico», ha aggiunto, denunciando «i Paesi che difendendo la propria esclusività violano i diritti al loro interno» e «i tentativi di sostituire la legge con i diktat».

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