Il sospetto di Conte: «Draghi dietro la scissione M5s?». Voto online per il governo, ma Grillo può riprendersi il simbolo

Il leader all’attacco mentre i big vogliono una consultazione sull’esecutivo. La possibile soluzione diplomatica per la crisi

C’è un sospetto che agita Giuseppe Conte. Mentre prepara l’incontro di lunedì con Mario Draghi, il leader del Movimento 5 Stelle riflette sulla scissione di Di Maio. E unisce i puntini della (presunta) telefonata tra Grillo e il premier. «Una scissione così non si coltiva in poche ore. Da un po’ c’era un’agenda personale al di fuori della linea politica del Movimento. È stato Draghi a suggerirlo? Ne parlerò con lui lunedì», dice ai fedelissimi. Intanto i big del M5s continuano a spingere per uscire dal governo Draghi: anche Roberta Lombardi oggi evoca il voto online. Intanto, mentre Michele Santoro gli offre il suo aiuto per costruire un’opposizione di sinistra all’esecutivo, una nuova prospettiva agita il M5s. Grillo potrebbe infatti togliere l’uso del simbolo a Conte. Tra qualche settimana, quando si saranno calmate le acque. O anche prima, se la situazione dovesse precipitare.


Cosa dice lo Statuto M5s

La storia del simbolo in bilico oggi la racconta Il Fatto Quotidiano: statuto alla mano, l’ex premier è oggi responsabile del suo uso. E può mandare il Garante “a processo”. Ovvero può chiedere una sfiducia nei suoi confronti agli iscritti. Ma anche Grillo può sfiduciare Conte. I punti di contrasto tra Garante e Leader sono due: l’atteggiamento nei confronti di Draghi e il limite dei due mandati. Su quest’ultimo Grillo tiene il punto nonostante le richieste dei maggiorenti M5s. Mentre, sul governo Conte, comincia ad accarezzare l’idea dell’opposizione di piazza. Grillo in questa fase è governista. Se alla fine si dovesse andare allo scontro, è possibile che stavolta Beppe usi tutta la sua forza per esautorare l’ex Avvocato del Popolo. Intanto Repubblica riporta i sospetti su Draghi. Che sarebbe dietro la scissione M5s. Mentre l’ipotesi dell’appoggio esterno si fa sempre più forte: «Ci sarà un coinvolgimento degli organi politici e valuteremo», è la frase diplomatica ricorrente tra i 5s.


Oggi è la consigliera regionale Lombardi a lanciare il segnale: «Tanti colleghi in Parlamento chiedono di riflettere se ha ancora senso stare in questo governo. Cosa pensino i nostri simpatizzanti è noto. E anche tra gli amministratori locali c’è una richiesta diffusa di fare una verifica. Siamo entrati nel governo Draghi per senso responsabilità, per la pandemia e per gestire i fondi del Pnrr che il Conte 2 aveva ottenuto. Era naturale proseguire quel lavoro, anche per difendere e migliorare alcuni provvedimenti, dal Superbonus alle misure anti-corruzione, al reddito di cittadinanza che ha salvato milioni di italiani dalla povertà. Questa strana legislatura ha l’impronta del M5S. Ma i nostri compagni di viaggio ci attaccano su questi temi in modo sfacciato e questo non è accettabile». Per questo si avvicina il voto online: «Uno vale uno per noi».

L’incontro con Draghi

La giornata di ieri è stata interlocutoria. Di primo mattino Conte annuncia già in giornata quell’incontro che fino a ieri non era nemmeno all’orizzonte, a sentire gli umori che filtravano dalla sede M5s. Nel giro di un’ora si viene a sapere che bisognerà attendere l’inizio della settimana. Poco dopo, ai giornalisti che gli domandano se ha ancora fiducia nel presidente del Consiglio, il leader glissa: «Ne parliamo lunedì». Il Corriere della Sera prova a ipotizzare una possibile soluzione della crisi. Che prevede almeno un cedimento di Draghi su una delle tante istanze del M5s. Ma è difficile ipotizzare quale. Perché sulle armi all’Ucraina è difficile trovare una quadra. «Se Conte pensa di contestare il decreto votato da loro stessi, impedendo al premier di avere piena agibilità mentre c’è la guerra, il governo cade», si ragiona ai piani alti.

Un altro fronte aperto è quello del Superbonus 100%. Ma lì ballano troppi soldi per le coperture, come ha fatto notare il ministro dell’Economia Daniele Franco a Draghi. Il termovalorizzatore di Gualtieri a Roma? Anche qui non sono previsti passi indietro. E allora rimane solo il reddito di cittadinanza. Ieri si è votata una nuova stretta con i 5s all’opposizione. Il premier in linea di principio è da sempre favorevole a un sussidio per la disoccupazione. Un rilancio della misura targato 5s potrebbe essere il punto di caduta ideale.

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