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No! Nessuno studio dimostra la cosiddetta “efficacia negativa” dei vaccini

05 Luglio 2022 - 12:37 Juanne Pili
Perché la ricerca condotta in Qatar non può dimostrare che chi si vaccina si ammala di più

In un video condiviso su Facebook, tratto da un canale Telegram seguito negli ambienti No vax, viene citato uno studio apparso sul New England Journal of Medicine il 15 giugno scorso, intitolato Effects of previous infection and vaccination on symptomatic Omicron infections. Secondo la voce narrante, si tratterebbe di un documento che dimostra come i vaccinati presentassero una «efficacia negativa» con la variante Omicron del nuovo Coronavirus, rispetto a chi si fosse infettato fino a trecento giorni prima. Torniamo a parlare di una narrazione da noi già trattata (per es. qui e qui). Notiamo dunque subito che qualcosa non va: tale fenomeno infatti non esiste ed è frutto della cattiva interpretazione dei dati, visto che possiamo sapere vita morte e miracoli della popolazione vaccinata, ma molto poco sui non vaccinati. Si chiama «problema del denominatore». Non ci resta che analizzare la fonte del filmato.

Per chi ha fretta:

  • Lo studio del Qatar non dimostra una efficacia negativa dei vaccini, ma non trova differenze significative tra vaccinati e non vaccinati con infezione precedente, in una popolazione dove solo una piccola quota di persone supera i 50 anni.
  • Non è possibile paragonare i risultati del Qatar con quello di popolazioni con una grande quota di cittadini anziani.
  • Non è stato possibile documentare le condizioni di salute preesistenti dei soggetti analizzati.

Analisi

Lo studio fa riferimento a una ricerca svolta in Qatar. Tra gli autori troviamo diversi ricercatori che avevano partecipato a un paper apparso inizialmente preprint nell’agosto 2021 sulla medesima rivista, già usato negli ambienti No vax per sostenere l’efficacia negativa dei vaccini rispetto all’immunità naturale. Ne avevamo trattato qui.

La copertina del finto servizio che circola sui social.

Stavolta gli autori hanno condotto uno studio retrospettivo esaminando la protezione dei pazienti in Qatar rispetto alla variante Omicron BA.1 e BA.2, dal dicembre 2021 al 21 febbraio 2022, su persone che erano state precedentemente infettate, solamente vaccinate con Pfizer o Moderna, o soggetti ibridi (precedente infezione e ulteriore vaccinazione).

Non sono state osservate differenze distinguibili nella protezione contro l’infezione sintomatica di BA.1 e BA.2 con precedenti infezioni, vaccinazioni e immunità ibrida – concludono i ricercatori -. La vaccinazione ha migliorato la protezione tra le persone che avevano avuto un’infezione precedente. L’immunità ibrida risultante da una precedente infezione e la recente vaccinazione di richiamo ha conferito la protezione più forte.

Leggiamo i risultati a sei mesi dalla raccolta dei dati, così come riportati dagli autori dello studio nell’abstract:

  • Chi si era infettato senza vaccino aveva una protezione contro BA.2 sintomatica del 46%.
  • I vaccinati con due dosi di Pfizer e nessuna infezione precedente avevano una protezione trascurabile.
  • L’efficacia di tre dosi di Pfizer e nessuna infezione precedente era del 52,2%.
  • L’efficacia dell’infezione precedente e di due dosi di Pfizer era del 55%.
  • L’efficacia dell’infezione precedente e di tre dosi di BNT162b2 era del 77,3%.
  • La sola infezione precedente, la sola vaccinazione con Pfizer o Moderna e l’immunità ibrida hanno efficacia oltre il 70% contro la Covid-19 grave causata da BA.2.

Se la matematica non è un’opinione vediamo subito che la vaccinazione, specialmente con tre dosi non peggiora la protezione di chi si era già infettato, anzi sembrerebbe migliorarla. Cosa che contraddice il concetto di immunità negativa. Ma a ben vedere, nello studio non sembrano esserci dubbi sulla maggiore protezione dei vaccini. Nel paragrafo dove i ricercatori discutono i risultati leggiamo che la maggior parte delle persone con due dosi ha ricevuto la seconda più di otto mesi prima, mentre la maggioranza di quelli con tre dosi avevano ricevuto il booster 45 giorni prima. Questo porta gli autori a ribadire che «l’efficacia più elevata è stata osservata con l’immunità ibrida da precedente infezione e la recente vaccinazione di richiamo (circa l’80%). Questo risultato fornisce prove a favore della vaccinazione, anche per le persone con una precedente infezione».

I limiti dello studio

I ricercatori hanno anche riportato diversi limiti che potrebbero aver distorto i risultati, specialmente sull’efficacia dell’immunità naturale. Per esempio, «alcune infezioni Omicron potrebbero essere state infezioni Delta classificate erroneamente», anche se secondo i ricercatori «l’incidenza di Delta è stata limitata durante il periodo di studio». Sappiamo inoltre che in una popolazione i giovani senza patologie pregresse hanno più probabilità di cavarsela rispetto agli anziani. Gli autori infatti precisano che in Qatar solo una «piccola percentuale della popolazione […] ha 50 anni o più», ragione per cui i risultati «potrebbero non essere generalizzabili ad altri Paesi in cui i cittadini anziani costituiscono una percentuale maggiore della popolazione».

Inoltre, non è stato possibile verificare la corrispondenza tra l’infezione e le forme di Covid-19 con altri fattori confondenti, come appunto la condizione di salute preesistente. Gioca inoltre un ruolo il momento in cui è stata ricevuta la dose di vaccino e l’esposizione al rischio di contagio. Infatti, «le persone che sono state vaccinate prima – continuano gli autori -, avevano maggiori probabilità di avere condizioni concomitanti o di lavorare in occupazioni ad alto rischio».

Conclusioni

Lo studio in oggetto non parla di efficacia negativa. Anche se non trova differenze tra vaccinati con tre dosi o con precedente infezione e chi si è infettato solamente in precedenza, il loro è uno studio retrospettivo che non ha potuto prendere in considerazione diversi fattori confondenti, come una minoranza di anziani e le condizioni di salute preesistenti dei pazienti.

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