Giorgia Meloni è quasi stufa dell’ossessione di Salvini per il Viminale

La premier in pectore fa sapere al Capitano che un suo incarico al ministero dell’Interno è inopportuno. E invoca «serietà»

«È il gioco delle parti. Vedrete che alla fine troveremo un accordo». Giorgia Meloni sta dimostrando un’infinita pazienza con Matteo Salvini e la sua voglia di Viminale. Tanto è vero che ieri, secondo l’AdnKronos, avrebbe commentato così con chi ha avuto modo di parlarle l’ennesima uscita del Consiglio Federale della Lega. Che ieri ha dato «pieno mandato» al segretario sulle trattative per il nuovo governo. Ma ha anche indicato una lista – poi smentita – di ministeri chiave a cui il Carroccio vorrebbe accedere. Con in cima, manco a dirlo, proprio quel ministero dell’Interno che ormai è diventata un’ossessione di Salvini. E sul quale però proprio Meloni non sembra voler fare marcia indietro. Perché «i problemi sono grandi, io già non dormo la notte. Servirebbe più serietà».


Niente veto, ma…

In serata, all’uscita dalla Camera, Meloni si è fermata a scambiare qualche battuta con le tv prima di salire in auto. E chi gli chiedeva di dire la sua sulla correzione di rotta di Salvini rispetto alla linea del Consiglio federale, la leader di via della Scrofa ha risposto gettando acqua sul fuoco e ribadendo che la coalizione si confronterà ma resterà sempre unita: «Mi pare che Salvini confermi l’atteggiamento che tutto il centrodestra sta avendo fin dall’inizio di questa avventura…». Prima di salutare giornalisti Meloni ha quindi assicurato che «siamo tutti concentrati su un obiettivo, quello di dare a questa nazione un governo che offra le risposte migliori» per aiutare il Paese «in tempi non facili». Ma un retroscena del Corriere della Sera a firma di Paola De Caro sembra circostanziare meglio il pensiero della premier in pectore. Lei non cambia idea. Ai suoi ripete che non c’è alcun veto nei confronti del Capitano. Ma bisogna ragionare insieme con gli alleati se convenga che un ministro con un processo aperto – Open Arms – proprio per le sue attività al Viminale possa tornare al ministero dell’Interno. E detta così sembra proprio un modo per far digerire un No al Capitano. Perché il suo arrivo al Viminale non rafforzerebbe il governo, anzi: «Appena insediati avremo caro bollette, conti terribili, rischio di tempeste finanziarie in Europa, la guerra alle porte. Ci serve aprire un fronte con la magistratura, anche se conveniamo che quel processo è assurdo?».


Agricoltura, infrastrutture, turismo

Ciò nonostante il Viminale resta la prima opzione per Salvini. Ma il leader del partito di via Bellerio potrebbe alla fine accettare anche l’Agricoltura (abbinando, forse, insieme a Tajani, la carica di vicepremier). L’agricoltura è, infatti, uno dei ministeri considerato interessante per il partito, insieme a Difesa, Scuola, Infrastrutture e Turismo. E mentre il totoministri diventa sempre più un toto-Salvini, un candidato utile potrebbe essere l’ex sottosegretario agli Interni Nicola Molteni. Non a caso leghista. Oppure Matteo Piantedosi, prefetto di Roma nominato da Lamorgese ma prima capo di gabinetto proprio di Salvini. O, infine, Giuseppe Pecoraro, che è stato eletto nelle fila di FdI. Ma proprio per questo, spiega Repubblica, Meloni sembra proprio quasi stufa di Salvini e della sua ossessione per il Viminale. Il quotidiano parla di una «sgrammaticatura evidente» nella lista di ministeri uscita dal Federale. Perché non c’è ancora un premier incaricato. Perché mancano i presidenti delle Camere. Ma intanto un partner di maggioranza si sostituisce al Quirinale: «I problemi sono grandi, non dormo la notte immaginando soluzioni – è il senso dei ragionamenti della leader – servirebbe serietà».

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