Tutta la disinformazione su Russia e Ucraina nell’anno della guerra, e non solo

«Quattro fake news in tre giorni»

Concludiamo la galleria con alcune precisazioni. Un articolo di Panorama del 9 aprile 2022 viene spesso citato per contestare la nostra testata giornalistica e in particolare la sezione fact-checking. Secondo quanto riportato nel titolo, «il fact-checker di Facebook» avrebbe pubblicato «quattro fake news in tre giorni» sull’invasione russa in Ucraina, ma tali contestazioni sono risultate forzate e inconsistenti.

L’articolo di Panorama ci accusa di aver diffuso 4 fake news in 3 giorni. Partiamo da un articolo intitolato «Le storie di donne e bambini torturati e uccisi a Irpin» dove riportiamo il racconto della giornalista ucraina Alina Dubovksa. Secondo Panorama, quest’ultima avrebbe fatto «retromarcia» attraverso un post Facebook. In realtà, la giornalista ucraina non aveva ammesso in alcun modo di aver diffuso una notizia falsa o non verificata, nessuna «retromarcia». Contattata da Open, Alina Dubovksa ci informa che lei stessa aveva fornito informazioni alle forze dell’ordine ucraine che stanno indagando sulla vicenda.

Un altro caso riguarda un articolo sul comandante e la brigata russa inizialmente accusati di essere gli autori della strage di Bucha che, secondo un’indagine pubblicata da Il Manifesto, risulterebbero accusati ingiustamente. Open, come riportato dal titolo stesso dell’articolo, aveva raccontato correttamente un fatto: le accuse pubbliche mosse contro l’unità militare da parte di gruppi di attivisti. In nessun caso Open definiva come colpevoli il comandante e la brigata russa.

Come riportato nella nota di Open, la foto di gruppo risale a un periodo precedente alla strage. Il giorno dopo il nostro articolo, gli attivisti di InformNapalm, che avevano segnalato la brigata, pubblicarono un elenco dei membri che però risaliva – su loro stessa ammissione – al 2018. Nella lista non c’era Omurbekov Azatybek Asanbekovich, il comandante indicato come il «macellaio di Bucha», in quanto assunse l’incarico dell’unità militare nel 2021.

Non abbiamo dati per sostenere che almeno uno dei ripresi abbia proseguito le attività con l’unità militare. Il Manifesto, che era riuscito a contattare alcuni dei soldati ritratti, in un articolo successivo (dal titolo «Kiev: la brigata russa di Bucha è ancora operativa» con la foto di gruppo come immagine di copertina) ritiene che sia «molto probabile» che i militari nella fotografia «nulla abbiano a che fare con la strage di Bucha», di fatto non lo esclude con certezza assoluta.

La certezza invece riguarda Omurbekov. A rivelare la presenza della brigata da lui guidata sono diverse testimonianze non ucraine, ma russe: l’ex soldato Nikita Chibrin e il soldato Daniil Andreyevich Frolkin. Il primo è scappato dalla Russia dirigendosi in Spagna, per poi venire intervistato da The Insider confermando la presenza del gruppo militare a ovest di Kiev. Nikita racconta anche della loro presenza ad Andreevka, come confermato da un’inchiesta di Istories.media dell’agosto 2022 dove venne intervistato l’altro soldato russo, Daniil Frolkin. Quest’ultimo racconta come Omurbekov trattava lui e i suoi compagni, confermando i crimini di guerra. Frolkin indica i nomi di coloro che sono responsabili degli ordini che portarono all’esecuzione dei civili, tra questi Omurbekov Azatybek Asanbekovich.

Un altro caso, citato da Panorama, riguarda un articolo dove riportiamo l’accusa della vicepremier dell’Ucraina Irina Vereshchuck: «La Russia sta usando forni crematori per bruciare i corpi di donne e bambini». Panorama, in questo caso, forza un collegamento con una foto diffusa “sui social ucraini” di un fantomatico forno crematorio mobile usato dai russi, ma questa non viene in alcun modo riportata o citata da Open, come ammette lo stesso articolo di Panorama.

Arriviamo al caso in cui Open citava un intervento della parlamentare Lesia Vasylenko su una foto di una donna deceduta e marchiata con una svastica. L’articolo, come ammesso da Panorama, era già stato rettificato in giornata, una pratica svolta dalle testate giornalistiche serie e rispettabili, specificando che l’immagine proveniva da Mariupol e non da Irpin. Panorama, per le bufale sul conflitto (ne parliamo qui e qui) aveva rimosso gli articoli.