Alfonso Tumbarello: il medico arrestato e il mistero della massoneria deviata dietro la latitanza di Messina Denaro

Il dottore è massone. È stato tradito dalla segretaria. Ma nell’inchiesta non è il primo che compare. E si parla di logge segrete a Castelvetrano

A mettere nei guai il medico e massone Alfonso Tumbarello per le cure a Matteo Messina Denaro è stata la sua segretaria. È lei che ha candidamente confessato agli inquirenti che nello studio non aveva mai visto Andrea Bonafede. Ovvero il Golem dell’Ultimo dei Corleonesi che lo ha servito nell’ultimo periodo della sua latitanza a Campobello di Mazara. «L’ho visto forse una volta in 17 anni», ha detto la donna. Quindi, secondo i giudici, non era vero quello che diceva il dottore. Ovvero che lui ha sempre curato il vero Bonafede e ha attribuito la stempiatura del suo paziente agli effetti della chemioterapia. Per garantire le cure mediche per il tumore al colon del boss Tumbarello ha firmato 95 ricette per i farmaci e 42 analisi. Per un totale di 137. E soprattutto lo ha visitato di persona.


L’ordinanza su Tumbarello

Il gip del tribunale di Palermo Alfredo Montalto ha scritto nell’ordinanza su Tumbarello che «le cure assicurate personalmente dal dottore hanno garantito a Matteo Messina Denaro non solo le prestazioni sanitarie necessarie per le gravi patologie sofferte. Ma soprattutto, per quel che qui rileva, la riservatezza sulla sua reale identità. I documenti, secondo il giudice per le indagini preliminari, sarebbero stati «tutti formalmente prescritti» a Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara arrestato per avere prestato la sua identità a Messina Denaro. Ma in realtà erano per il capomafia che aveva la necessità di curare il suo tumore. Mentre a fare da postino per le comunicazioni tra il dottore e il boss era un altro Andrea Bonafede, cugino e omonimo di quello arrestato.


L’intervento chirurgico

«E, infatti, il primo intervento chirurgico cui è stato sottoposto Messina Denaro è stato reso possibile grazie alla falsa scheda formata dal dott. Tumbarello il 5 novembre 2020 a nome di Bonafede Andrea cl. 69, nella quale ha dato atto di aver eseguito personalmente un’accurata anamnesi e valutazione clinica del paziente, che già aveva eseguito una colonscopia sollecitandone il ricovero». Un ricovero cui faceva seguito, a distanza di pochi giorni come detto, l’intervento chirurgico del 13 novembre 2020. Tumbarello continuerà a seguirlo prescrivendogli esami diagnostici. E infine «ha concorso, senza prendervi parte, nell’associazione mafiosa, assicurando al sodalizio le proprie competenze mediche e i propri poteri derivanti dalla qualità di medico di medicina generale convenzionato con il servizio sanitario nazionale».

La massoneria

Ma dietro il nome di Tumbarello si intrecciano altre vicende che riguardano Castelvetrano, la provincia di Trapani e la massoneria. Il dottore è stato sospeso dal Grande Oriente d’Italia. L’ex sindaco di Castelvetrano Antonino Vaccarino – ovvero l’uomo che ha sviluppato con ‘U Siccu la corrispondenza con i nomi di Svetonio e Alessio – lo aveva nominato durante un’udienza del processo Golem nel 2012. Nella trascrizione Vaccarino dice che per arrivare al latitante ha contattato il fratello Salvatore proprio attraverso il medico Tumbarello. L’incontro è avvenuto tra 2001 e 2004. Salvatore Messina Denaro, fratello maggiore di Matteo, è stato condannato per aver favorito la latitanza di Diabolik. Tumbarello è uno pneumologo e aveva lo studio in Corso Umberto I a Campobello di Mazara. Il 31 dicembre è andato in pensione. Prima era stato anche consulente per la procura di Marsala. Il dottore risulta anche iscritto alla loggia massonica “Valle di Cusa – Giovanni Di Gangi”. 

Latitanti e cappuccini

E ancora: nei giorni scorsi, ha scritto Il Fatto Quotidiano, Tumbarello era a pranzo da “Zio Giovanni”Castelvetrano. Ovvero nella trattoria gestita dal fratello di Lorenza Santangelo, la madre del boss. Nel locale c’è un manifesto del bandito Salvatore Giuliano. E l’insalata si chiama “Primula Verde”. Le principali obbedienze massoniche hanno 16 logge nella provincia di Trapani. Tre – una per ogni comunione, vale a dire Goi, Glri e Gli – sono a Castelvetrano e due a Campobello di Mazara. Nel libro “Matteo Messina Denaro – Latitante di Stato” di Marco Bova si racconta di un elenco di massoni di Castelvetrano appuntato in un block notes dell’Ars. Soltanto nell’indagine sui fiancheggiatori sono già emersi tre personaggi legati alla massoneria. Oltre a Tumbarello c’è Quintino Paola, urologo celebre nella cittadina. Che è stato anche Maestro venerabile della “loggia Ferrer”, una delle quattro di Castelvetrano. Il suo numero è stato trovato dai carabinieri nel portafogli di Giovanni Luppino, l’autista di Messina Denaro arrestato insieme al boss quella mattina del 16 gennaio.

La Pm e i massoni

Paola ha detto che non conosceva Luppino e che il suo numero è disponibile nelle pubblicità un po’ ovunque a Castelvetrano. Infine, c’è l’ex avvocato Antonio Messina. I carabinieri hanno perquisito la sua casa a Castelvetrano. Anche lui è massone. È stato arrestato nel novembre 2019: All’epoca gli investigatori lo intercettarono mentre parlava con Giuseppe Fidanzati, uno dei figli di Gaetano Fidanzati, boss dell’Acquasanta. I due discutevano di un «ragazzo» di Castelvetrano, identificato in Francesco Guttadauro, nipote del cuore di Matteo Messina Denaro. Ma Fidanzati ricordava di un incontro avvenuto alla stazione di Trapani con «Iddu», che si era fatto accompagnare a bordo di una Mercedes da un certo «Mimmu». La pubblica ministera Teresa Principato ha raccontato di essersi sentita spesso «ostacolata» nella caccia al latitante. E che la massoneria è spesso emersa nella storia: «Un collaboratore di giustizia massone ha parlato di una loggia coperta costituita proprio da Messina Denaro che si chiamava “La Sicilia”. Ci sono altri esempi di logge coperte, come la “Scontrino”, di cui facevano parte persone di ogni livello sociale. Lo stesso si può dire per “La Sicilia”. Questi suoi rapporti, ne sono convinta, lo hanno messo al riparo dal pericolo di essere rintracciato».

Leggi anche: